Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47381 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47381 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a TORRE DEL GRECO il 13/04/1984
avverso l’ordinanza del 30/09/2024 del TRIB. LIBERTA’ di SALERNO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME letteicefttit-e le conclusioni del PG NOME COGNOME;NOME eA”:, Q.L Qe
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale del riesame di Salerno ha respinto l’appello presentato nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa dalla Corte di assise di Salerno in data 21 agosto 2024, con cui veniva disposta la sostituzione degli arresti domiciliari con la custodia cautelare in carcere ai sensi degli artt. 276, comma 1, e 299, comma 4, cod. proc. pen.
Avverso la suddetta ordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite i suoi difensori.
2.1. Con il primo motivo di impugnazione deduce vizio di motivazione nella parte dell’ordinanza in cui si è ritenuto comprovato che COGNOME detenesse presso la propria abitazione armi e stupefacenti, che, invece, erano rinvenuti per strada, all’interno di un tombino, a venti metri da detta abitazione.
Si rileva che costituisce riprova dell’incertezza della disponibilità delle armi e degli stupefacenti rinvenuti nelle vicinanze dell’abitazione del ricorrente il fatto che, dopo detto rinvenimento, siano stati disposti ulteriori accertamenti al riguardo a cura dei RIS di Roma.
2.2. Col secondo motivo di ricorso viene denunciato vizio e/o assenza di motivazione per non essersi tenuto conto della richiesta subordinata di applicazione degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
Si rileva in primo luogo che, non essendovi prova della detenzione delle armi e degli stupefacenti da parte di COGNOME, non può condividersi l’assunto dell’ordinanza impugnata secondo cui la misura degli arresti domiciliari sarebbe inidonea.
Si evidenzia, poi, che il Tribunale del riesame, allegando elementi del tutto indimostrati per sostenere la necessità della misura più afflittiva, viola il principio del minor sacrificio necessario, che individua la custodia cautelare in carcere come extrema ratio, non ponendosi neppure la possibilità di adottare la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
2.3. Con il terzo motivo di impugnazione si denuncia omessa valutazione degli argomenti difensivi allegati con atto di appello.
Il tribunale, secondo i difensori, non avrebbe tenuto conto della circostanza che le trasgressioni alle prescrizioni imposte piuttosto che espressione di volontà di darsi alla fuga, considerato il comportamento
regolare tenuto da COGNOME in circa dieci mesi, nonostante l’intervenuta condanna all’ergastolo di primo grado, vadano intese come reazione all’accanimento nei suoi confronti.
Il difensore conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, dott. NOME COGNOME chiede, con requisitoria scritta, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Va, invero, premesso, in riferimento ai limiti del sindacato di legittimità in materia di misure cautelari personali, che questa Corte è priva di potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate e di rivalutazione degli apprezzamenti di merito, rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del Tribunale del riesame.
Il controllo di legittimità, con riguardo in particolare, considerata l’intervenuta condanna di primo grado, alle esigenze cautelari e all’adeguatezza della misura, è limitato, quindi, all’esame del contenuto dell’atto impugnato e alla verifica delle ragioni giuridicamente significative che lo determinavano e dell’assenza d’illogicità evidente, ossia dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo relativo a tale profilo rispetto ai canoni della logica e ai . principi di diritto.
1.1. Tanto premesso, va osservato che le censure di cui al primo e al secondo motivo di impugnazione sono inammissibili, risolvendosi nella prospettazione, altresì generica e aspecifica, di una diversa valutazione di circostanze esaminate dai Giudici del riesame e ancor prima dai Giudici del provvedimento appellato.
Il provvedimento in esame muove dal presupposto che la condotta che ha determinato il progressivo aggravamento delle misure cautelari applicate fino alla custodia cautelare in carcere sia inquadrabile nell’alveo normativo degli artt. 276 e 299 cod. proc. pen., essendo consistita sia nel violare le prescrizioni cautelari, una volta sostituita una misura custodiale con altra misura non custodiale (cumulativa), e sia nel perseverare in condotte illecite mentre era sottoposto a misura cautelare.
Rileva, a tale riguardo, che: – NOME COGNOME dal 26 al 30 luglio 2024 non si presentava presso i carabinieri di Scafati per apporre la firma; – dalla data del 28 luglio 2024 faceva perdere le proprie tracce a tal punto che l’ordinanza di aggravamento del 3 agosto 2024 non poteva essere eseguita, sicché faceva seguito, in data 7 agosto 2024, il decreto di latitanza; – COGNOME, sottoposto alla misura cumulativa non custodiale, allorché unitamente al fratello era destinatario in data 23 luglio 2024 di un’attività di perquisizione, veniva trovato nella disponibilità di armi, sostanze stupefacenti e attrezzi destinati alla pesatura e al confezionamento della sostanza stessa; – COGNOME, nel tentativo di allontanarsi dal territorio di residenza, si procurava una falsa patente di guida e, quando in data 16 agosto 2024 era fermato al di fuori del territorio di Scafati ove all’epoca era in atto la misura cautelare dell’obbligo di dimora, veniva arrestato per essersi reso autore dei reati di cui agli artt. 495 e 497 cod. pen., dichiarando nell’occasione di essere il latitante NOME COGNOME così manifestando la piena consapevolezza della sua latitanza.
Sottolinea come: – a nulla rilevino le ragioni addotte da COGNOME a fronte di una condotta reiteratamente violativa, in modo eclatante, delle prescrizioni cautelari e recidiva nella perpetrazione dei reati, e tanto benché COGNOME fosse sottoposto a misura cautelare; – COGNOME non si sia dimostrato meritevole del credito ricevuto dall’Autorità giudiziaria, allorché gli veniva sostituita la misura di massimo rigore con misure cautelari non custodiali, reiteratamente violate dal medesimo; – il tutto renda evidente la necessità di un aggravamento cautelare, atteso che misure cautelari che richiedono una capacità di autocontrollo del prevenuto ai fini della relativa osservanza non sono adeguate a fronteggiare le esigenze cautelari ravvisate in capo ad COGNOME; – la rilevante gravità della condotta posta a base dell’aggravamento sia radicalmente ostativa ad ogni attenuazione del trattamento cautelare, aggiungendosi tale condotta ad una personalità allarmante come desumibile dai reati che costituiscono titolo cautelare (omicidio aggravato, delitti in materia di armi e ricettazione); – COGNOME, ora reiterando le condotte criminose ad onta di precedenti condanne, ora disattendendo in più occasioni le prescrizioni cautelari, abbia dimostrato di non meritare alcun vaglio fiduciario, sicché nessuna prognosi positiva di osservanza di prescrizioni cautelari anche domiciliari può formularsi allo stato; – siano pertanto inidonee misure cautelari non custodiali, che
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COGNOME ha dimostrato di non rispettare e non hanno scongiurato la reiterazione di reati, quali la falsificazione di documenti per allontanarsi dal territorio e la detenzione di armi e stupefacenti presso la propria abitazione (come da verbale di perquisizione e sequestro), circostanza questa che, più delle altre, rende inidonea la misura degli arresti domiciliari da eseguirsi presso detto luogo; – unica misura idonea sotto il profilo cautelare appaia pertanto quella della custodia cautelare in carcere, essendo palesemente inidonea ogni altra misura cautelare meno g rave.
A fronte di tali argomentazioni scevre da vizi logici e giuridici, i difensori si limitano a contestare genericamente la disponibilità in capo ad COGNOME di armi e di stupefacenti durante l’esecuzione della misura cautelare, insistendo sul fatto che la maggiore parte del materiale fosse stata rinvenuta in un tombino nei pressi di detta abitazione e non nell’abitazione, e trascurando la commissione di altri reati in costanza di misura cautelare valorizzata dall’ordinanza. Inoltre, invocano una diversa valutazione dell’accertata violazione delle prescrizioni connesse alle misure cautelari. Dando, pertanto, luogo a censure generiche, aspecifiche e non consentite in quanto rivalutative.
1.2. Inammissibile per manifesta infondatezza, alla luce delle ampie argomentazioni sopra riportate, è, invece, il secondo motivo di ricorso, nel quale ci si duole dell’omessa motivazione sulla richiesta subordinata di applicazione degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
Invero, il giudizio del tribunale del riesame sull’inadeguatezza degli arresti domiciliari a contenere il pericolo della reiterazione criminosa, per la sua natura di valutazione assorbente e pregiudiziale, costituisce pronuncia implicita sulla impossibilità di impiego di uno degli strumenti elettronici di controllo a distanza previsti dall’art. 275-bis cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 31572 del 08/06/2017, COGNOME, Rv. 270463).
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), anche al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila.
Non derivando dalla presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente deve disporsi – ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, delle
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disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’imputato trovasi ristretto, perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2024.