Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5532 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5532 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 26/09/2024 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 26/09/2024 del Tribunale di Reggio Calabria rigettava l’appello ex art. 310 cod.proc.pen. proposto nell’interesse di COGNOME NOME avverso l’ordinanza della Corte di appello di Reggio Calabria, con la quale era stata sostituita, ai sensi dell’art. 276 cod.proc.pen., la misura degli arresti domiciliar in esecuzione, con quella della custodia cautelare in carcere in relazione al reato di cui all’art. 74, comma 2, d.P.R. n. 309/1990.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, a mezzo dei difensori di fiducia, articolando un unico motivo con il quale deduce travisamento della prova e motivazione apparente.
Il ricorrente deduce che il Tribunale aveva giustificato l’aggravamento della misura cautelare, sul travisamento della prova dei pregiudizi di polizia dei soggetti rinvenuti nel luogo della cautela della COGNOME, controbilanciato dalla esibizione di dati certi provenienti dai rituali penali e pendenti dei medesimi soggetti e dalle giustificazioni, anche di natura parentale, che avevano causato la trasgressione; la motivazione, quindi, era illogica perché aveva sopravvalutato un dato incerto (i ritenuti precedenti di polizia) e ne aveva svalutato uno certo (la sostanziale incensuratezza dei soggetti).
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Va osservato, in premessa, che, in tema di aggravamento delle misure cautelari, rientra tra i poteri discrezionali del giudice la sostituzione della misur in atto con una più grave, quale che sia la prescrizione violata, previa verifica di una condotta di trasgressione che presenti caratteri rivelatori della sopravvenuta inadeguatezza della misura in corso a fronteggiare le inalterate esigenze cautelari (Sez. 6, n. 58435 del 04/12/2018, D’albenzio, Rv. 275040); la previsione di cui all’art. 276 cod. proc. pen. – nel prevedere la sostituzione o il cumulo della misura cautelare già disposta con altra più grave, nel caso di trasgressione alle prescrizioni imposte – attribuisce al giudice un potere discrezionale che deve essere esercitato mediante la valutazione della gravità e delle circostanze della violazione al fine di verificare se la trasgressione abbia reso manifesta l’inidoneità della misura in atto a salvaguardare le esigenze cautelari (Sez. 5, n. 3175 del 08/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275260).
Nella specie, il Tribunale ha fondato l’aggravamento della misura sul pluralità di violazioni (veniva accertata la presenza di tre soggetti all’ dell’abitazione dello COGNOME, provenienti da una diversa regione, senza essere autorizzati all’accesso) e sulla circostanza che tali violazioni si erano concre in contatti con persone gravate da precedenti di polizia (per violazioni, pena amministrative, in materia di stupefacenti); da tanto è stata tratta la valut dell’inidoneità della misura degli arresti domiciliari a far fronte al per reiterazione di reati della stessa specie di quelli per cui si procede.
Trattasi di apprezzamento di fatto immune da censure di manifesta illogicità e, dunque, insindacabile in sede di legittimità.
Va richiamato il consolidato principio di diritto, che va qui ribadito, sec cui, in tema di aggravamento delle misure cautelari per la violazione a prescrizioni imposte, il giudizio sulla gravità della condotta trasgressiva è ri al giudice del merito e, ove fornito di adeguata, corretta e logica motivazione, è sindacabile in sede di legittimità (Sez.5 n.36060 del 09/10/2020, Rv. 28003 01; Sez. 2, n. 3629 del 18/8/1994, Rv. 201400).
Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’art. 616 proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese del procedimento e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE dell Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 co.1-te disp.att. cod. proc. pen.
Così deciso il 15/01/2025