Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30321 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30321 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 01/08/1997
avverso l’ordinanza del 13/02/2025 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 13/02/2025, il Tribunale per il riesame delle misure cautelari di Bologna, in riforma dell’ordinanza in data 16/01/2025 del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Parma, ha applicato ad NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere in aggravamento rispetto alla misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, già a lui applicata con provvedimento in data 13/11/2024.
COGNOME era stato arrestato nella flagranza del reato di concorso in porto di ordigno esplosivo in Parma il 14/12/2023, poiché disponeva di una c.d. «marmotta», utilizzata per far saltare in aria gli sportelli bancomat; a seguito della convalida dell’arresto gli era stata applicata la misura della custodia cautelare, successivamente sostituita con ordinanza in data 05/02/2024 con
quella degli arresti domiciliari presso l’abitazione della compagna in Ardea, ulteriormente attenuata con ordinanza in data 13/11/2024 nella misura dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria per tre volte alla settimana.
In data 09/01/2025 la Stazione dei Carabinieri competente aveva segnalato che COGNOME non si era presentato per la prevista sottoscrizione del registro in data 30/12/2024 e da accertamenti svolti, interpellando la compagna dell’indagato, i militari dell’Arma avevano appreso che egli si era allontanato per recarsi in Romania, portando con sé i figli, manifestando l’intenzione di non rientrare in Italia.
Il Pubblico ministero aveva richiesto l’aggravamento della misura in ragione della fuga all’estero del Nedelcu, ma il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Parma aveva respinto la richiesta e aveva revocato anche la misura ancora in atto, affermando che in relazione al tempo trascorso non sussisteva più alcuna esigenza cautelare.
L’atto di appello del Procuratore della Repubblica avverso questa decisione era stato accolto, perché, secondo il Tribunale della libertà, l’esigenza cautelare che originariamente aveva giustificato l’adozione della massima misura consisteva nel pericolo di reiterazione del reato, mentre la progressiva attenuazione era stata giustificata dal decorso del tempo, e, a fronte di questo / la prima violazione dell’obbligo di presentazione era avvenuta a breve distanza temporale dall’applicazione della più fievole misura e si era ripetuta per più giorni a partire dal 30/12/2024, stabilizzandosi addirittura quando l’indagato, incurante delle prescrizioni alle quali dove attenersi, aveva cacciato la sua compagna e le aveva comunicato di essersi definitivamente trasferito in Romania.
Ricorrerebbe non tanto un pericolo di fuga, ma la prova di una fuga già avvenuta, elemento che non poteva essere trascurato per escludere che fossero più fievoli o addirittura cessate le esigenze cautelari del pericolo di reiterazione del reato e per affermare la sua totale inaffidabilità rispetto alle prescrizioni a lu imposte.
Il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la suddetta ordinanza e con un unico motivo ha censurato la violazione e la falsa applicazione dell’art. 275 cod. proc. pen., lamentando che il Tribunale della libertà aveva valorizzato una singola violazione della misura non custodiale e una dichiarazione non verificata della ex compagna, per giungere ad un giudizio di inaffidabilità dell’indagato, svalutando il comportamento corretto da lui tenuto per oltre un anno; si doleva altresì del fatto che il Tribunale del riesame aveva applicato la misura restrittiva più grave senza prendere in esame la possibilità di sottoporlo a misure meno afflittive.
Il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Si verte in un’ipotesi di aggravamento della misura cautelare, disposto a seguito della violazione di una prescrizione essenziale e costitutiva della misura meno afflittiva concessa dal giudice della cautela in sede di attenuazione della massima misura originariamente inflitta.
L’obbligo di presentazione era rimasto inadempiuto in data 09/01/2015, non essendosi l’indagato presentato alla Polizia Giudiziaria per apporre la sua sottoscrizione nell’apposito registro e i militari dell’Arma avevano appreso dalla sua convivente che egli si era allontanato dal suo domicilio per recarsi in Romania, portando con sé i propri figli.
L’aggravamento, disposto dal Tribunale del riesame riformando la decisione del giudice per le indagini preliminari, era basato sulla valutazione di attualità delle esigenze cautelari, che venivano ritenute più intense (anziché più fievoli o addirittura estinte, come affermato dal Giudice per le indagini preliminari) in ragione di tale suo comportamento.
Insegna la giurisprudenza che “in tema di aggravamento delle misure cautelari per la violazione alle prescrizioni imposte, il giudizio sulla gravità della condotta trasgressiva è riservato al giudice del merito e, ove fornito di adeguata, corretta e logica motivazione, non è sindacabile in sede di legittimità. (Conf. Sez. 2, n. 3629 del 18/8/1994, Rv. 201400)” (Sez. 5, n. 36060 del 09/10/2020, COGNOME, Rv. 280036 – 01).
Le censure formulate dal ricorrente attengono al fatto che il Tribunale non abbia tenuto conto dell’occasionalità della condotta, abbia dato credito ad un’affermazione non verificata della compagna dell’indagato e non abbia valutato la possibilità di applicare misure meno afflittive.
Si tratta di deduzioni inammissibili perché tutte versate nel merito a fronte di una valutazione congrua e coerente.
L’indagato aveva violato l’obbligo di presentazione in data 09/01/2025 / ma da allora non risultava essersi più presentato alla Polizia Giudiziaria, né aveva dato contezza di sé, smentendo le notizie circa il suo trasferimento in Romania, cioè in uno Stato estero, e quindi circa il fatto che si fosse allontanato dal
territorio nazionale in costanza di misura cautelare, senza esservi stato autorizzato. A fronte di questo comportamento nessuna misura meno afflittiva
poteva risultare adeguata, specie perché qualunque fosse quella diversa dalla custodia in carcere, sempre sarebbe stata connessa all’applicazione di
prescrizioni che richiedono un giudizio di affidabilità legato al comportamento tenuto in passato e alla disponibilità a darvi adempimento secondo una prognosi
futura.
Inoltre, in relazione alla gravità del fatto, la sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con altra misura che comportava l’esercizio di
un pur limitato controllo sull’indagato era motivata da residue esigenze cautelari, che il comportamento inadempiente non può avere fatto venire meno ma – come
ha plausibilmente ritenuto il Tribunale del riesame – ha semmai reso ben più
intense.
Sicchè la motivazione del provvedimento impugnata non presenta alcun profilo di vizio.
Ne consegue che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e non ravvisandosi ipotesi di esclusione della colpa nella determinazione della causa di inammissibilità ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n.186 del 07/06/2000 – anche della condanna al pagamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Il
Così deciso il 09 maggio 2025 Consigliee estensore GLYPH
Il Presidente