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Aggravamento del dissesto: quando è reato non fallire?

L’amministratore di una S.r.l. è stato condannato per aggravamento del dissesto perché ha continuato l’attività d’impresa nonostante una crisi irreversibile, omettendo di richiedere il fallimento. La Corte di Cassazione ha dichiarato il suo ricorso inammissibile, confermando che la colpa grave non deriva solo dal ritardo, ma dall’inerzia totale dell’amministratore e dal comprovato deterioramento finanziario della società.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Aggravamento del Dissesto: Quando la Mancata Richiesta di Fallimento Diventa Reato

L’aggravamento del dissesto è una fattispecie di reato fallimentare che punisce l’amministratore di una società che, pur consapevole di una situazione di crisi irreversibile, omette di avviare le procedure concorsuali, causando un ulteriore peggioramento della situazione patrimoniale a danno dei creditori. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su quando tale condotta omissiva integri il reato, focalizzandosi sul concetto di ‘colpa grave’.

I Fatti del Caso: Dalla Crisi al Ricorso in Cassazione

Il caso riguarda l’amministratore unico di una S.r.l., condannato in primo e secondo grado per bancarotta semplice. L’accusa era di aver aggravato il dissesto della società, dichiarata fallita nel 2016 su istanza dei creditori, per non aver richiesto tempestivamente il fallimento. Secondo le perizie, la società versava in uno stato di crisi economica irreversibile già alla fine del 2009. Nonostante ciò, l’amministratore aveva deciso di proseguire l’attività aziendale, accumulando ulteriori debiti che nel 2011 ammontavano a oltre 368.000 euro.
L’amministratore ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la sua responsabilità era stata desunta erroneamente dal solo ritardo nella richiesta di fallimento e lamentando il mancato accoglimento della sua istanza per una nuova perizia contabile.

La Decisione della Corte: l’Aggravamento del Dissesto e la Colpa Grave

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. I giudici hanno chiarito che il reato di aggravamento del dissesto non si configura automaticamente per il semplice ritardo, ma richiede la prova di una ‘colpa grave’ da parte dell’amministratore.

La Prova della Colpa Grave dell’Amministratore

La Suprema Corte ha specificato che la colpa grave, in questo contesto, può essere desunta da un insieme di circostanze concrete e non solo dal mero dato cronologico. Nel caso di specie, gli elementi che hanno dimostrato la colpa grave sono stati:

1. La completa inerzia: L’amministratore non ha mai preso l’iniziativa di avviare la procedura fallimentare, che è stata invece attivata da due creditori.
2. La situazione patrimoniale conclamata: L’accertamento giudiziario ha rivelato l’esistenza di ingenti debiti, l’assenza di beni e la totale inattività della società.
3. Il notevole ritardo: Il protrarsi della situazione di crisi per anni, senza alcun intervento, ha costituito un ulteriore indice della consapevole omissione.

Questi fattori, considerati nel loro complesso, hanno dimostrato una condotta gravemente negligente e una consapevole omissione dei doveri imposti dalla legge all’amministratore.

Il Rigetto della Richiesta di Nuova Perizia

La Corte ha inoltre ribadito un importante principio processuale: il giudice d’appello non è obbligato a motivare espressamente il rigetto di una richiesta di rinnovazione dell’istruttoria (come una nuova perizia) quando ritiene che gli elementi già acquisiti siano sufficienti per decidere. La reiezione può essere implicita nella struttura argomentativa della sentenza, che si fonda su prove ritenute complete e adeguate.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale. La responsabilità penale per aggravamento del dissesto sorge quando l’amministratore, attraverso una condotta omissiva connotata da colpa grave, provoca un deterioramento della già precaria situazione economico-finanziaria dell’impresa. La Corte ha sottolineato come la decisione di proseguire l’attività aziendale, in presenza di ‘fortissimi segnali di allarme’ contabili, di un’esposizione debitoria ‘pesantissima’ e di un’evidente insolvenza, costituisca una scelta che aggrava il danno per i creditori e integra pienamente gli elementi del reato contestato.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma la severità con cui l’ordinamento valuta la condotta degli amministratori di società in crisi. Non è sufficiente astenersi da atti di distrazione del patrimonio; è un dovere preciso, la cui violazione può avere conseguenze penali, quello di agire tempestivamente per limitare i danni quando la crisi aziendale diventa irreversibile. La ‘colpa grave’ non è un concetto astratto, ma si concretizza nell’inerzia consapevole di fronte a una situazione patrimoniale disastrata, come dimostrato nel caso in esame.

Quando la mancata richiesta di fallimento costituisce il reato di aggravamento del dissesto?
Costituisce reato quando l’omissione è dovuta a colpa grave dell’amministratore e provoca un ulteriore peggioramento della situazione economico-finanziaria dell’impresa già fallita.

Come si prova la ‘colpa grave’ dell’amministratore in questi casi?
La colpa grave non si desume dal semplice ritardo, ma da un insieme di circostanze concrete, come la completa inerzia dell’amministratore (il fallimento viene dichiarato su istanza di terzi), l’esistenza di plurimi debiti, l’assenza di beni e l’inattività della società, che nel loro complesso dimostrano una consapevole omissione dei propri doveri.

Il giudice d’appello è sempre obbligato a disporre una nuova perizia se richiesta dall’imputato?
No. Secondo la Cassazione, il giudice d’appello non ha l’obbligo di motivare espressamente il rigetto di una richiesta di rinnovazione dell’istruttoria se ritiene di avere già elementi sufficienti per decidere. Il rigetto può essere considerato implicito nell’apparato motivazionale complessivo della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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