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Affidamento in prova: valutazione rigorosa del giudice

La Corte di Cassazione ha confermato il diniego dell’affidamento in prova a un detenuto in regime di semilibertà. La decisione si basa su alcune infrazioni commesse, sebbene non così gravi da comportare la revoca della misura in corso. La Suprema Corte ha chiarito che la valutazione per l’affidamento in prova è più rigorosa e richiede una prognosi positiva sulla personalità del condannato, che le infrazioni segnalate hanno messo in dubbio. Il ricorso è stato quindi rigettato.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento in Prova: La Valutazione del Giudice Va Oltre la Mancata Revoca di Misure Precedenti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale nell’esecuzione della pena: la concessione dell’affidamento in prova ai servizi sociali richiede una valutazione molto più approfondita e rigorosa rispetto al mantenimento di misure meno ampie come la semilibertà. Il solo fatto che determinate infrazioni non abbiano portato alla revoca di una misura precedente non garantisce automaticamente l’accesso a un beneficio che presuppone un maggior grado di libertà e fiducia.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un detenuto che, mentre si trovava in regime di semilibertà, ha richiesto di essere ammesso all’affidamento in prova ai servizi sociali e, in subordine, alla detenzione domiciliare. Il Tribunale di Sorveglianza ha respinto entrambe le richieste. La decisione si fondava sulla segnalazione di due infrazioni commesse dal condannato, che avevano già portato a una diffida formale da parte dello stesso Tribunale. Sebbene tali violazioni non fossero state ritenute sufficientemente gravi da giustificare la revoca della semilibertà, i giudici le hanno considerate indicative di un’affidabilità non ancora piena, e quindi ostative alla concessione di una misura più ampia come l’affidamento.

Contro questa decisione, il detenuto ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il provvedimento mancasse di motivazione sulla gravità effettiva delle infrazioni e non tenesse conto del fatto che la semilibertà non era stata revocata.

La Valutazione della Cassazione sull’Affidamento in Prova

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. I giudici supremi hanno chiarito che la valutazione per l’affidamento in prova è autonoma e più stringente rispetto a quella per la revoca della semilibertà.

L’affidamento, infatti, presuppone un ambito di libertà e di autogestione notevolmente maggiore. Di conseguenza, un comportamento che può essere tollerato in un regime di semilibertà (magari con un semplice richiamo), può legittimamente essere considerato un ostacolo alla concessione di una misura che si basa su una prognosi positiva circa il percorso di risocializzazione del condannato.

Le Motivazioni

La Corte ha sottolineato che il giudice di sorveglianza deve compiere una valutazione complessiva della personalità del soggetto. Questo giudizio non può limitarsi alla gravità dei reati per cui è stata inflitta la condanna, ma deve analizzare il comportamento tenuto successivamente. L’obiettivo è verificare la sussistenza di una “concreta evoluzione positiva della sua personalità”, tale da rendere possibile il reinserimento sociale attraverso la misura richiesta.

Nel caso specifico, le infrazioni commesse, pur non avendo portato alla revoca della semilibertà, hanno incrinato il giudizio prognostico. Il ricorrente, inoltre, non ha fornito in sede di ricorso elementi sufficienti a dimostrare l’avvio di un percorso di revisione critica del proprio passato, né ha illustrato le giustificazioni addotte per le violazioni contestate. La Corte ha quindi ritenuto che il Tribunale di Sorveglianza avesse correttamente applicato i principi di diritto, considerando le infrazioni come un segnale negativo rispetto all’affidabilità necessaria per l’affidamento in prova. Per quanto riguarda la richiesta di detenzione domiciliare, il ricorso è stato giudicato generico e assertivo, non specificando adeguatamente le circostanze a suo fondamento.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre un importante chiarimento: nell’ambito dell’esecuzione penale, ogni misura alternativa ha presupposti specifici e richiede una valutazione ad hoc. La mancata revoca di un beneficio non costituisce un “diritto acquisito” all’ottenimento di una misura più favorevole. Per accedere all’affidamento in prova, il condannato deve dimostrare attivamente, con il suo comportamento complessivo, di aver intrapreso un serio percorso di cambiamento. Le infrazioni, anche se non gravissime, possono essere legittimamente interpretate dal giudice come un sintomo della mancanza di quel pieno affidamento che la misura richiede, giustificandone così il diniego.

Due infrazioni che non hanno causato la revoca della semilibertà possono impedire la concessione dell’affidamento in prova?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la valutazione per l’affidamento in prova è più rigorosa e autonoma. Un fatto può essere ritenuto non abbastanza grave da revocare la semilibertà, ma sufficiente a negare la concessione dell’affidamento, che richiede un grado di fiducia maggiore.

Perché la valutazione per l’affidamento in prova è diversa da quella per la semilibertà?
Perché l’affidamento in prova presuppone un ambito di libertà e autogestione significativamente più ampio rispetto alla semilibertà. Di conseguenza, il giudizio prognostico sulla personalità del condannato e sul suo percorso di reinserimento deve essere più severo e basato su elementi che dimostrino una concreta evoluzione positiva.

Cosa deve dimostrare un condannato per ottenere l’affidamento in prova?
Il condannato deve dimostrare una concreta e positiva evoluzione della sua personalità, tale da rendere possibile il suo reinserimento sociale. Questo implica non solo l’assenza di violazioni, ma anche l’avvio di un processo di revisione critica del proprio passato e l’adesione a valori socialmente condivisi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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