Affidamento in Prova e Comparizione in Udienza: Un Chiarimento dalla Cassazione
L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta una delle più importanti misure alternative alla detenzione, concepita per favorire il reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, la sua natura giuridica può generare dubbi interpretativi, specialmente riguardo agli obblighi processuali dell’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale: essere in affidamento in prova non costituisce un legittimo impedimento a comparire in udienza.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato in primo grado, proponeva appello. Al momento della celebrazione dell’udienza dinanzi alla Corte d’Appello, egli si trovava in regime di affidamento in prova presso un centro di accoglienza e osservazione. Poiché non era stato tradotto, ovvero accompagnato coattivamente in aula dalle forze dell’ordine, decideva di ricorrere per Cassazione, lamentando una violazione di legge per la sua mancata partecipazione al processo.
Secondo la tesi del ricorrente, la sua condizione avrebbe dovuto imporre all’autorità giudiziaria di disporre la sua traduzione, equiparando di fatto l’affidamento a una misura restrittiva della libertà personale che impediva la sua autonoma comparizione.
L’affidamento in prova non limita la libertà di movimento
La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente questa interpretazione, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici hanno sottolineato un principio fondamentale: l’affidamento in prova è una modalità di trattamento in regime di libertà, non una misura restrittiva della libertà personale.
Questo significa che la persona affidata ai servizi sociali non è detenuta e conserva la propria libertà di movimento, sebbene con le prescrizioni del programma di recupero. Di conseguenza, non sussiste alcun legittimo impedimento che gli precluda di recarsi autonomamente in tribunale per partecipare a un’udienza che lo riguarda.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni della Suprema Corte si basano su una logica chiara e coerente con la natura della misura. In primo luogo, l’imputato in affidamento in prova non deve chiedere alcuna autorizzazione specifica per comparire in udienza. L’unico obbligo che grava su di lui è quello di dare tempestiva notizia al servizio sociale dei suoi spostamenti, affinché questi siano compatibili con il programma di reinserimento. L’autorità giudiziaria, pertanto, non ha alcun dovere di disporne la traduzione, poiché non vi è alcuna restrizione fisica da superare.
In secondo luogo, la Corte ha rilevato un aspetto procedurale non trascurabile: durante l’udienza d’appello, il difensore del ricorrente non aveva sollevato alcuna obiezione circa l’assenza del suo assistito. Questo silenzio è stato interpretato come un’ulteriore conferma della mancanza di un reale impedimento.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La decisione si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questa qualificazione comporta due conseguenze significative per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Tale sanzione viene applicata quando non emergono elementi che possano escludere la colpa del ricorrente nel determinare la causa di inammissibilità.
In pratica, questa ordinanza ribadisce un principio di auto-responsabilità per chi beneficia di misure alternative. Chi è in affidamento in prova deve considerarsi a tutti gli effetti una persona libera, con l’onere di gestire i propri impegni, inclusi quelli processuali. Confondere questa misura con una detentiva può portare non solo al rigetto delle proprie istanze, ma anche a conseguenze economiche negative.
L’affidamento in prova al servizio sociale costituisce un legittimo impedimento a comparire in udienza?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’affidamento in prova è una modalità di trattamento in regime di libertà e non una misura restrittiva della libertà personale. Pertanto, non costituisce un legittimo impedimento a comparire.
Un imputato in affidamento in prova ha diritto a essere trasportato in tribunale per l’udienza?
No. Poiché non sussiste un impedimento legale o fisico alla sua libera circolazione, l’autorità giudiziaria non è tenuta a disporre la traduzione in udienza. L’imputato deve recarsi autonomamente al processo.
Cosa deve fare l’imputato in affidamento per partecipare a un’udienza?
L’imputato non deve chiedere alcuna autorizzazione per comparire in udienza. Ha solo l’obbligo di dare tempestiva notizia al servizio sociale del suo spostamento, in modo che sia compatibile con il programma di recupero.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 559 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 559 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PAVIA il 22/09/1981
avverso la sentenza del 23/05/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Rilevato che il ricorso è manifestamente infondato;
Premesso che NOME COGNOME lamenta violazione di legge per la sua mancata traduzione per l’udienza del 23 maggio 2023 tenutasi avanti la Corte di appello di L’Aquila, pur essendo in affidamento in prova presso il Centro di prima accoglienza e osservazione sito in Modena, frazINDIRIZZO CognetoINDIRIZZO
Considerato che, al contrario, la condizione di sottoposizione dell’imputato alla misura dell’affidamento in prova al servizio sociale in casi particolari per lo svolgimento di un programma di recupero presso una struttura pubblica o privata non costituisce legittimo impedimento a comparire, posto che si tratta di una modalità del trattamento in regime di libertà e non di una misura restrittiva della libertà personale, poiché l’imputato non deve chiedere alcuna autorizzazione per comparire all’udienza, essendo solo tenuto a dare tempestiva notizia al servizio sociale, e l’autorità giudiziaria non deve disporne la traduzione in udienza (Sez. 1, Sentenza n. 19216 del 30/11/2015, dep. 2016, Rv. 266793 – 01);
Rilevato, inoltre, che il difensore alla predetta udienza del 23 maggio 2023 non aveva dedotto nulla circa la mancata traduzione del suo rappresentato;
Ritenuto che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, in Roma il 7 dicembre 2023.