Affidamento in Prova: Perché la Reperibilità è un Requisito Non Negoziabile
L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta una delle più importanti misure alternative alla detenzione, concepita per favorire il reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, l’accesso a tale beneficio non è automatico ed è subordinato al rispetto di requisiti precisi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la costante reperibilità del soggetto è una condizione imprescindibile, la cui assenza rende la richiesta inammissibile. Analizziamo insieme questa decisione per comprenderne le implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso: una Richiesta Respinta
Il caso ha origine dalla richiesta di un condannato di essere ammesso alla misura dell’affidamento in prova. Il Tribunale di Sorveglianza competente aveva dichiarato la domanda inammissibile, motivando la decisione con la manifesta infondatezza della stessa, poiché il richiedente non aveva fornito indicazioni su un’effettiva residenza o un ambiente di inserimento lavorativo e sociale.
L’interessato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo di aver, in realtà, indicato il luogo dove avrebbe mantenuto la residenza. Sembrava, quindi, un contrasto basato su una presunta svista del primo giudice.
La Decisione della Cassazione e il Principio di Reperibilità nell’Affidamento in Prova
La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha chiarito la vera ragione alla base della decisione del Tribunale di Sorveglianza. Il problema non era la mancata indicazione formale di un indirizzo, ma la continua irreperibilità del condannato, come attestato da un verbale di vane ricerche della polizia giudiziaria.
La Suprema Corte ha richiamato un suo precedente orientamento (Sez. 1, n. 22442 del 17/01/2019), secondo cui «L’affidamento in prova al servizio sociale presuppone la continua reperibilità dell’interessato, sia prima dell’applicazione della misura alternativa alla detenzione che nel corso dell’esecuzione della stessa». Solo in questo modo, infatti, è possibile valutare il comportamento del soggetto e l’osservanza delle prescrizioni imposte.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte sono chiare e lineari. L’affidamento in prova non è una semplice sospensione della pena, ma un percorso di recupero che richiede un monitoraggio costante da parte delle autorità e dei servizi sociali. Se il condannato non è reperibile, l’intero impianto della misura viene meno. La valutazione del comportamento, il controllo sul rispetto delle prescrizioni (come orari, divieti di frequentazione, obblighi lavorativi) diventano impossibili.
L’indicazione di un indirizzo è un atto formale che deve corrispondere a una situazione di fatto. Se le forze dell’ordine, incaricate di verificare la presenza del soggetto, ne attestano la sistematica assenza, la richiesta non può che essere considerata infondata. La reperibilità non è un dettaglio burocratico, ma il presupposto logico e giuridico per l’attivazione e il corretto svolgimento della misura alternativa.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre un importante monito per chi intende richiedere l’accesso a misure alternative alla detenzione. Non basta compilare correttamente un’istanza, ma è necessario dimostrare con i fatti la propria disponibilità a collaborare con la giustizia. La reperibilità è il primo e fondamentale segno di questa disponibilità. Un condannato che si rende irreperibile comunica, di fatto, la sua indisponibilità a sottoporsi al percorso di controllo e reinserimento previsto dalla legge, rendendo la sua richiesta di affidamento in prova destinata all’insuccesso e all’inammissibilità. La decisione comporta, inoltre, la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
È sufficiente indicare un indirizzo di residenza per ottenere l’affidamento in prova?
No, non è sufficiente. L’ordinanza chiarisce che il richiedente deve essere concretamente e costantemente reperibile a quell’indirizzo, come dimostrato dalla verifica delle autorità.
Perché la reperibilità del condannato è così importante per l’affidamento in prova?
Perché questa misura alternativa presuppone una valutazione continua del comportamento del condannato e l’osservanza delle prescrizioni. Queste attività di controllo possono essere svolte solo se l’interessato è effettivamente rintracciabile.
Cosa succede se un ricorso per l’affidamento in prova viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale. La richiesta di misura alternativa viene così respinta.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2004 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 28/11/2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2004 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 12/08/1999
avverso il decreto del 07/02/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Esaminato il ricorso proposto avverso il decreto in data 7 febbraio 2024, con la quale il Tribunale di sorveglianza di Torino ha dichiarato inammissibile la richiesta di affidamento al servizio sociale avanzata da Ka COGNOME per manifesta infondatezza essendo priva dell’indicazione di un’effettiva residenza e dell’ambiente di inserimento, lavorativo o meno;
Rilevato che con unico motivo il ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe dovuto tenere conto del fatto che il condannato aveva indicato il luogo dove avrebbe mantenuto la residenza, segnalandone compiutamente l’indirizzo;
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritenuto che l’ordinanza in realtà si basa sulla verifica della continua irreperibilità del condannato, attestata dal verbale di vane ricerche del 03/02/2023, richiamato nel provvedimento;
che «L’affidamento in prova al servizio sociale presuppone la continua reperibilità dell’interessato, sia prima dell’applicazione della misura alternativa alla detenzione che nel corso dell’esecuzione della stessa, atteso che soltanto così può valutarsi il comportamento e, segnatamente, l’osservanza delle prescrizioni» (Sez. 1, n. 22442 del 17/01/2019, Rv. 276191 – 01);
che per queste ragioni, il ricorso va dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Il Consigliere estensore
COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME