Affidamento in prova: l’importanza di prove concrete per l’ammissibilità del ricorso
Nel contesto delle misure alternative alla detenzione, l’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta un’opportunità fondamentale per il reinserimento del condannato. Tuttavia, l’accesso a tale beneficio è subordinato a requisiti precisi, tra cui l’idoneità del domicilio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Num. 21703/2024) chiarisce un punto cruciale: un ricorso contro il diniego di questa misura deve basarsi su prove concrete e documentate, non su mere affermazioni. In caso contrario, il rischio è la dichiarazione di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
I Fatti del Caso
Un soggetto condannato presentava istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale, indicando come domicilio l’abitazione del padre. Il Tribunale rigettava la richiesta, rilevando un ostacolo insormontabile: nei confronti del richiedente era in esecuzione una misura cautelare di allontanamento dalla casa familiare, proprio quella indicata nell’istanza. Tale circostanza rendeva il domicilio palesemente inidoneo.
I Motivi del Ricorso e le Obiezioni sulla Misura Cautelare
Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Secondo la difesa, il Tribunale non aveva adeguatamente considerato una memoria difensiva depositata in precedenza e, soprattutto, non aveva svolto le necessarie verifiche sulla possibile cessazione della misura cautelare. La difesa sosteneva che fosse venuto meno il presupposto del rigetto, basandosi sulla disponibilità del padre ad accogliere il figlio.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici hanno sottolineato che la decisione del Tribunale di Sorveglianza era correttamente fondata sugli elementi disponibili al momento della valutazione. In particolare, agli atti risultava un’annotazione dei Carabinieri che attestava la piena efficacia della misura di allontanamento.
La memoria difensiva, secondo la Corte, si limitava a ribadire la disponibilità del padre, senza però fornire alcun elemento di prova concreto e documentato che attestasse l’avvenuta cessazione della misura cautelare. La Corte ha precisato che non è compito del giudice di sorveglianza svolgere indagini autonome per verificare eventuali cambiamenti nelle circostanze del condannato. L’onere di provare la modifica della situazione ricade interamente sulla difesa.
Inoltre, la Corte ha ribadito che il ricorso per Cassazione non può trasformarsi in un’occasione per richiedere una nuova e diversa valutazione dei fatti già esaminati nel merito. Qualsiasi elemento sopravvenuto, come la revoca della misura, deve essere documentato e può, eventualmente, costituire la base per un nuovo e distinto procedimento, ma non per invalidare la decisione precedente basata sugli atti allora disponibili.
Le Conclusioni: Onere della Prova e Limiti del Ricorso
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale del diritto processuale: l’onere della prova spetta a chi avanza una pretesa. Nel caso specifico dell’affidamento in prova, non è sufficiente indicare un domicilio e affermare la sua idoneità; è necessario dimostrarlo con prove concrete, specialmente quando esistono elementi contrari agli atti. Un ricorso generico, che non contrasta le risultanze documentali con prove di segno opposto, è destinato all’inammissibilità. La conseguenza non è solo il rigetto della richiesta, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con un’ammenda di tremila euro.
Perché è stata inizialmente negata la richiesta di affidamento in prova?
La richiesta è stata negata perché il domicilio indicato dal richiedente, ovvero l’abitazione del padre, era inidoneo. Nei suoi confronti era infatti in esecuzione una misura cautelare di allontanamento da quella stessa casa familiare.
Su quali basi la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato perché la difesa non ha fornito alcuna prova documentale della cessazione della misura cautelare. Il ricorso si limitava a contestare la decisione senza presentare nuovi elementi concreti, chiedendo impropriamente una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21703 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21703 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NOMENO COMENSE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/11/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Rilevato che, con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha rigettato la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale proposta da COGNOME NOME in quanto il domicilio indicato, presso l’abitazione del padre, sarebbe inidoneo in quanto sarebbe in esecuzione la misura dell’allontanamento dalla casa familiare;
Rilevato che con il ricorso si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla mancata considerazione di quanto evidenziato nella memoria depositata 1’8/11/2023 e l’assenza di verifiche circa la sopravvenuta cessazione della misura cautelare;
Rilevato che la doglianza è manifestamente infondata in quanto il Tribunale di Sorveglianza, facendo riferimento a agli elementi in atti l’annotazione della Stazione carabinieri di Mariano Comense che dava atto dell’efficacia della misura al tempo della verifica senza che nulla di diverso o specifico fosse evidenziato nella memoria, nella quale si ribadiva soltanto la disponibilità manifestata dal padre ad accogliere il figlio- si è confrontato con quanto emerso e ogni ulteriore elemento sopravvenuto avrebbe dovuto essere documentato dalla difesa e, comunque, potrà essere oggetto di un nuovo e distinto procedimento;
Ritenuto pertanto che il ricorso è inammissibile in quanto sollecita una diversa e alternativa lettura che non è consentita in questa sede (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv 280601; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Furlan, Rv. 276062);
Considerato che alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 18/4/2024