Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33640 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33640 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata in Bulgaria il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 05/10/2023 del Tribunale di Sorveglianza di Bari udita la relazione svolta dal Consigliere NOME AVV_NOTAIO; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO per l’inammissibilità.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Sorveglianza di Bari, con ordinanza in data 5/10/2023, ha rigettato l’istanza proposta da NOME di applicazione della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale per la pena residua di anni uno, mesi tre e giorni di reclusione inflitta per il reato di cui all’art. 29 D.P.R. 43 del 1973, commesso il 4/10/2015.
Nello specifico il Tribunale -evidenziato che il titolo da eseguire si riferisc a un reato commesso in epoca risalente e che la condannata non ha ulteriori e diversi pregiudizi penali- ha rigettato l’istanza in guanto l’interessata è risulta essere sostanzialmente sconosciuta alle forze dell’ordine interpellate e l’Uepe ha riferito di non averla reperita e di non avere pertanto potuto effettuare alcun
accertamento, ciò anche considerato che l’istanza una volta presentata non era stata coltivata dal difensore.
Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’interessata che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi.
3.1. Violazione di legge in relazione alla ritenuta irreperibilità del ricorrente. La difesa nel primo motivo rileva che il Tribunale avrebbe omesso di considerare che dagli atti la stessa risulta essere residente nel Comune di Mondragone, luogo dove presta anche attività lavorativa con regolare contratto di lavoro presso la RAGIONE_SOCIALE Sotto tale profilo, pertanto, l’affermazione ch la stessa sarebbe sconosciuta è errata e questo anche considerato che sempre in atti ci sarebbe la dichiarazione di disponibilità per lo svolgimento della messa alla prova ex art. 168 bis cod. pen. rilasciata dalla Diocesi di Sessa Aurunca, elemento ulteriore questo dal quale risulterebbe che la stessa è stabilmente presente in tali località e che era facilmente reperibile.
3.2. Violazione di legge in relazione all’art. 495, comma 2, cod. proc. pen. con riferimento alla mancata acquisizione e considerazione dell’RAGIONE_SOCIALE di assunzione e della dichiarazione di disponibilità rilasciata dalla Diocesi di Sessa Aurunca.
In data 24 aprile 2024 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte con le quali il AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO. NOME chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Nei due motivi di ricorso la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta irreperibilità della ricorrente e alla mancat acquisizione e considerazione dell’RAGIONE_SOCIALE di assunzione e della dichiarazione di disponibilità rilasciata dalla Diocesi di Sessa Aurunca.
Le doglianze, peraltro formulate in termini generici, sono manifestamente infondate.
2.1. Dagli atti, cui questa Corte ha accesso quale giudice del fatto processuale (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220094 – 01), risulta quanto segue.
La prima udienza si è tenuta il 20 aprile 2023, il difensore di fiducia era assente ed è stato nominato un difensore d’ufficio ai sensi dell’art. 97, comma 4, cod. proc. pen.
Il Tribunale, preso atto dell’assenza di elementi idonei a pronunciarsi in merito alla richiesta, ha rinviato la decisione per approfondimenti e ricerche.
All’esito della seconda udienza, celebrata il 5 ottobre 2023, anche questa tenuta con la presenza del difensore di ufficio nominato ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen., il Tribunale, preso atto che in atti vi erano esclusivamente le comunicazioni delle forze dell’ordine e dell’Uepe, dalle quali risultava che l’interessata era sconosciuta e che non era stata reperita neanche chiedendo alle persone di origine bulgara residenti a Mondragone, ha respinto la richiesta, ciò appunto ritenendo di non potersi pronunciare in merito alla condizione sociale, abitativa, familiare e lavorativa della condannata, la cui presenza sul territorio nazionale non era neanche certa.
2.2. La censura della difesa per cui il Tribunale avrebbe omesso di considerare la dichiarazione di disponibilità della diocesi di Sessa Aurunca e l’RAGIONE_SOCIALE relativo all’attività lavorativa della ricorrente, in assenza di una specific indicazione circa le modalità di deposito e la data in cui i citati documenti sarebbero pervenuti, è generica.
Ciò soprattutto considerato che la dichiarazione di disponibilità della Diocesi, ora reperibile in atti senza alcun timbro di depositato o altra indicazione o attestazione, è datata 4 ottobre 2023, giorno immediatamente antecedente l’udienza, e l’RAGIONE_SOCIALE riporta in calce la data 18 ottobre 2023, giorno successivo la celebrazione dell’udienza all’esito della quale il Tribunale si è pronunciato.
La difesa della ricorrente, d’altro canto, non ha mai documentato di avere prodotto i certificati e l’attestazione citati né di avere prodotto ulteriore e diver documentazione a sostegno della richiesta originariamente presentata.
2.3. In sintesi e in conclusione,
La decisione del Tribunale in ordine all’irreperibilità della ricorrente, fondata sugli atti legittimamente presenti in atti, quali appunto le comunicazioni delle forze dell’ordine e la relazione dell’Uepe, non è sindacabile in questa sede.
Ragione questa per cui il ricorso, nel quale il riferimento agli atti che giudice di sorveglianza avrebbe omesso di considerare è quanto meno generico, è manifestamente infondato e deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal
ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 14/5/2024