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Affidamento diretto: quando non è reato per la Cassazione

La Cassazione ha stabilito che un affidamento diretto ottenuto tramite frazionamento artificioso per evitare una gara non costituisce il reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353-bis c.p.). Il reato sussiste solo se si turba un procedimento competitivo già in atto, non se lo si evita a monte.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Affidamento diretto: i confini del reato secondo la Cassazione

Nel complesso mondo degli appalti pubblici, distinguere tra un’irregolarità amministrativa e una condotta penalmente rilevante è fondamentale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sui limiti applicativi del reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, in particolare nel contesto dell’affidamento diretto. La Corte chiarisce che evitare una gara pubblica, anche attraverso un frazionamento artificioso dei contratti, non integra automaticamente il reato previsto dall’art. 353-bis del codice penale se manca un elemento cruciale: un procedimento competitivo da turbare.

Il caso: un affidamento diretto sotto la lente della Procura

Il caso trae origine da un ricorso del Procuratore della Repubblica avverso un’ordinanza del Tribunale che aveva respinto una richiesta di sequestro preventivo. L’ipotesi accusatoria riguardava un duplice affidamento diretto di appalti, di valore inferiore alla soglia comunitaria, che secondo la Procura era stato architettato con collusioni e mezzi fraudolenti. Lo scopo sarebbe stato quello di frazionare artificiosamente un unico appalto più grande per eludere l’obbligo di indire una gara pubblica, favorendo così determinati soggetti.

Il Tribunale del riesame aveva ritenuto insussistente il fumus commissi delicti, ovvero la parvenza di reato, sostenendo che, essendosi proceduto con affidamento diretto, non vi era stata alcuna “gara”, nemmeno informale, che potesse essere turbata. Di conseguenza, né il reato di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.) né quello di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353-bis c.p.) potevano ritenersi configurabili.

La distinzione tra impedire e turbare una gara

Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione dell’art. 353-bis c.p. Questo articolo punisce chi, con violenza, minaccia, doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di un altro atto equipollente, al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente.

La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso della Procura, opera una distinzione netta:

Impedire la gara: Una condotta volta a evitare ex ante* che una procedura competitiva venga avviata (ad esempio, frazionando l’importo di un appalto per rientrare nei limiti dell’affidamento diretto) è un comportamento che si colloca al di fuori del perimetro del reato di cui all’art. 353-bis c.p.
* Turbare la gara: Il reato si configura solo quando esiste già un procedimento amministrativo che prevede una qualche forma di competizione, anche informale, e la condotta illecita interviene per inquinarne le regole o l’esito.

La norma, secondo la Corte, è finalizzata a proteggere il corretto svolgimento di un procedimento selettivo già esistente, non a sanzionare la scelta, seppur illegittima, di non avviarlo affatto.

Quando un affidamento diretto può rilevare penalmente

La Cassazione non esclude in assoluto la rilevanza penale in contesti di trattativa privata o procedure non formali. Il punto chiave è la presenza di un “segmento valutativo concorrenziale”. Se l’amministrazione, pur optando per una procedura snella, avvia una consultazione, un sondaggio di mercato o una qualsiasi forma di confronto tra più operatori economici, allora si crea una “gara” in senso ampio. Qualsiasi interferenza fraudolenta in questa fase competitiva può integrare il reato.

Nel caso di specie, invece, l’affidamento era stato puramente diretto, senza alcuna fase di preselezione o competizione tra diversi aspiranti. Mancava quindi l’oggetto stesso della tutela penale: la libera concorrenza all’interno di un procedimento selettivo.

Le motivazioni della decisione

La Corte Suprema fonda la sua decisione su un’interpretazione letterale e rigorosa della norma incriminatrice. L’art. 353-bis c.p. fa esplicito riferimento al “turbamento del procedimento amministrativo”. L’evento del reato non è l’impedimento della gara, ma l’alterazione di un iter già avviato e che contempla una selezione competitiva. La condotta perturbatrice deve innestarsi in un procedimento che preveda la pubblicazione di un bando o di un “atto equipollente”, inteso come un atto che assolve alla stessa funzione di dettare le regole della competizione.

Estendere la norma fino a ricomprendere le condotte che evitano a monte la gara attraverso un affidamento diretto illegittimo costituirebbe, secondo i giudici, un’applicazione analogica in malam partem, vietata in materia penale. Si finirebbe per punire un fatto non espressamente previsto dalla legge come reato, varcando i “paletti fissati dalla lettera della legge”. La condotta di chi impedisce la gara attraverso un affidamento illegittimo è esterna al perimetro testuale della norma, che punisce solo chi la turba.

Le conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione traccia una linea di demarcazione chiara: il frazionamento artificioso di un appalto per ricorrere a un affidamento diretto, pur potendo costituire un illecito amministrativo o contabile, non rientra nel campo di applicazione dell’art. 353-bis c.p. se non è preceduto da alcuna forma di competizione. Affinché si configuri il reato, è indispensabile che la condotta fraudolenta vada a inquinare un procedimento che, per quanto informale, preveda un confronto tra più concorrenti per la selezione del miglior contraente. La mera elusione della procedura di gara non è, di per sé, sufficiente a integrare la fattispecie penale in esame.

Evitare una gara pubblica tramite un affidamento diretto illegittimo è sempre reato?
No. Secondo questa sentenza, la condotta volta a impedire l’indizione di una gara attraverso l’affidamento diretto illegittimo, ad esempio tramite frazionamento artificioso, è esterna al perimetro del reato di cui all’art. 353-bis c.p., che punisce il turbamento di un procedimento competitivo già in atto, non la sua elusione a monte.

Cosa si intende per “gara” ai fini del reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente?
Per “gara” si intende qualsiasi procedimento amministrativo che contempli una procedura selettiva e un confronto competitivo tra più soggetti, anche se informale. Può trattarsi di una gara ufficiale, ma anche di procedure come consultazioni o sondaggi di mercato, purché esista un segmento valutativo concorrenziale.

Qual è la differenza tra il reato dell’art. 353 c.p. e quello dell’art. 353-bis c.p. secondo questa sentenza?
La sentenza chiarisce che, a differenza dell’art. 353 c.p. (turbata libertà degli incanti), che sanziona alternativamente l’impedimento o il turbamento della gara, l’art. 353-bis c.p. (turbata libertà del procedimento di scelta del contraente) fa riferimento al solo “turbamento” del procedimento amministrativo. Pertanto, la condotta di mero impedimento della gara non rientra in questa seconda fattispecie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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