Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10237 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10237 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ASTI nel procedimento a carico di:
sul ricorso proposto da: FISSORE NOME nato a BRA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/05/2023 del TRIBUNALE di ASTI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che, riportandosi alle conclusioni già depositate, ha chiesto che il ricorso venga convertito in appello con trasmissione all’Autorità giudiziaria competente; udito il difensore, AVV_NOTAIO COGNOME NOME, la quale ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile o comunque rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 24 maggio 2023, il Tribunale di Asti assolveva NOME dai reati al medesimo ascritti (artt. 516 e 440, cod. pen.), per insussistenza del fatto.
Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un unico, articolato, motivo, di seguito sommariamente indicato.
2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di violazione di legge, limitatamente al reato di cui all’art. 516, cod. pen., prestando invece acquiescenza il Pubblico Ministero alla pronuncia assolutoria relativa al reato di cui all’art. 440 cod.pen.
In sintesi, si duole il PM per aver il giudice assolto l’imputato dal reato di detenzione di un prodotto non genuino come genuino, in quanto non avrebbe osservato la normativa che disciplina la produzione della c.d. RAGIONE_SOCIALE. Per quanto concerne, in particolare, la normativa applicabile in materia di solfiti, l’impiego è regolato dal D.M. n. 209 del 27.02.1996 e successive modd. ed integrazioni che, all’ali. XI non menziona la RAGIONE_SOCIALE tra gli alimenti che possono contenere solfiti. Secondo il tribunale, dunque, nella RAGIONE_SOCIALE di Bra non è consentita la presenza di solfiti e, in caso di loro presenza al di sotto del limit del 10 mg/kg., gli stessi non si considerano presenti. Trattasi di affermazione che si lega a quanto previsto nel punto 2 della Nota alla Parte B del D.M. 209 del 1996, che si basa sul fatto che gli strumenti utilizzati per le analisi hanno un limite d rilevabilità dei solfiti pari a 10 mg/kg. Detta disposizione, secondo il PM, intesa nel suo senso pragmatico probatorio, sta a significare che non può escludersi che l’additivo sia effettivamente esistente nell’alimento, anche se non è possibile darne la prova certa. Sul punto precisa il PM, la normativa non prevede l’utilizzo dei solfiti nella RAGIONE_SOCIALE in termini assoluti, sicché le conclusioni cui perviene il tribunal sarebbero errate per le seguenti ragioni: a) anzitutto, perché, in base all’art. 16, D.M. n. 209 del 1996, il c.d. principio del riporto, ossia la veicolazione nel prodotto finito di un additivo ammesso solo per un ingrediente, opera esclusivamente per i prodotti alimentari composti diversi da quelli indicati nell’art. 15, comma 3, disposizione, quest’ultima, che alla lett. P) stabilisce che le disposi2:ioni del comma 2 non si applicano ai prodotti alimentari elencati nell’ali. X che possono contenere soltanto gli additivi ivi citati e gli additivi riportati negli allegato XI e XII al dizioni specificate negli stessi. Orbene, precisa il PM, nell’ali. X si menzionano
espressamente le “Preparazioni preconfezionate di carne RAGIONE_SOCIALE macinata” e, quindi, la RAGIONE_SOCIALE di Bra non può contenere i solfiti, neppure in via indiretta veicolata dall’uso del vino bianco; b) in secondo luogo, la violazione del divieto di veicolazione dei solfiti nella RAGIONE_SOCIALE di Bra discende anche dal sovvertimento della gerarchia delle fonti operato dal tribunale in sentenza, laddove attribuisce rango di norma prevalente al disciplinare di produzione della RAGIONE_SOCIALE di Bra, che, invece, da un punto di vista formale, è un mero atto privatistico non equiparabile ai disciplinari di produzione di un prodotto agroalimentare DOP, DOC e DOCG, che hanno veste pubblicistica, sicché non può derogare al disposto del D.M. n. 209 del 1996 che, attuando l’art. 5, lett. g), I. 283 del 1962, elenca di gli additivi chimici messi. Non a caso, aggiunge il PM, lo stesso disciplinare di produzione della RAGIONE_SOCIALE, nell’ammettere l’impiego di una serie di ingredienti, tra cui il vin bianco secco, stabilisce anche il rispetto della normativa in vigore, ciò che esclude che per tale via si possa superare o aggirare il divieto dell’uso dei solfiti; c) in ter luogo, poi, si sostiene che il tribunale avrebbe confuso gli obblighi di etichettatura con quelli in tema di corretta produzione dell’alimento, atteso che la RAGIONE_SOCIALE di Bra in questione era da considerarsi prodotto non genuino perché conteneva un componente, i solfiti, non ammesso dalla legge neppure per via indiretta attraverso l’aggiunta del vino bianco, ciò integrando il delitto di ali all’art. 516, cod. pen. secondo cui il prodotto alimentare è non genuino quando sono sottratti, aggiunti, modificati i principi nutritivi caratteristici oppure quando è violata la n mativa che presiede alla produzione dell’alimento, come nel caso di specie, essendo quindi illecita la condotta ex se senza che abbia alcuna rilevanza che nell’etichetta compaiano indicazioni che richiamino a presenza di un componente comunque vietato; d) infine, osserva il PM, che secondo la vigente normativa l’operatore alimentare deve assicurare che l’alimento giunga al consumo con le caratteristiche imposte dalle prescrizioni normative che regolano la produzione degli alimenti, dovendo a tal fine effettuare un opportuno controllo dell’alimento prima di porlo in vendita. Richiamata, a tal fine, una decisione di questa Corte, la n. 12532 del 2020, ritiene il PM che detta sentenza sia rilevante perché riguarda, come nel caso in esame, la RAGIONE_SOCIALE di Bra e, in un passaggio argomentativo riportato nella stessa, si fornisce soluzione affermativa al quesito se sia penalmente rilevante la presenza in sé dell’additivo nel prodotto, anche quando la sostanza si trovi spontaneamente negli ingredienti utilizzati in modo lecito, stante la natura di reato di pericolo presunto di quello previsto dall’art. 5, lett. g), 1..283 del 196 dovendosi attribuire rilevanza alla presenza comunque dell’additivo. Ne conseguirebbe, dunque, per il PM, che quand’anche non si ritenesse integrato il delitto di cui all’art. 516, cod. pen., quantomeno nel caso in esame dovrebbe residuare Corte di Cassazione – copia non ufficiale
l’ipotesi contravvenzionale richiamata, per la cui consumazione l’elemento dell’informazione al consumatore non ha alcun rilievo.
Il Procuratore Generale presso questa Corte, ha fatto pervenire la propria requisitoria scritta in data 23.12.2023, cui si è riportato in sede di discussione orale, chiedendo che il ricorso sia convertito in appello, con trasmissione all’Autorità giudiziaria competente di Torino.
Secondo il PG, le censure del ricorrente, nonostante il richiamo al vizio di cui all’art. 606 comma 1, lett. b), cod. proc. pen., si traducono in un dissenso in ordine alla valutazione dell’aggiunta dei solfiti nel prodotto di che trattasi, attr verso l’aggiunta di vino nel prodotto, bene in grado di apportare una carica di solfiti in violazione di legge. In punto, si premettono alcune c:onsiderazioni sulla normativa del settore. I solfiti sono additivi utilizzati nell’industria alimentare p la conservazione di cibi e bevande, per le loro proprietà antioss.idanti. antibiotiche e antisettiche. Il loro impiego è regolato dal D.M. n. 209 del 27.02.1996 e s.m.i.. recante la “Disciplina degli additivi alimentari consentiti nella preparazione e per la conservazione delle sostanze alimentari in attuazione delle direttive n. 94/34/CE, n. 94/35/CE, n. 94/36/CE, n. 95/2/CE e n. 95/31/CE”. L’art. 14 definisce i conservanti e gli antiossidanti come quelle sostanze che prolungano il periodo di conservazione dei prodotti alimentari proteggendoli dal deterioramento provocato da microorganismi e ossidazione. L’art. 15 dispone che “nei prodotti alimentari possono essere impiegate per gli scopi citati nell’art. 14. commi 1 e 2 solo le sostanze elencate negli allegati IX, X XI e XII. (..) Gli additivi elencati negli allega XI e XII possono essere impiegati solo nei prodotti alimentari citati in tali allegat e alle condizioni ivi specificate. Alla luce della citata normativa, dunque, il Giudice di merito ha ritenuto da un lato che nel prodotto contestato non fosse consentita la presenza dell’additivo dei solfiti. Dall’altro lato ha ritenuto che dal rapporto prova fosse emersa la presenza, nella carne campionata, di anidride solforosa (solfiti) nella quantità di 20 d 4 mg/kg (rapporto di prova n. 382 del 04.01.2021). Ciò significa, in sostanza, che i solfiti erano presenti nel campione analizzato quantomeno nella quantità di 16 (=20-4) mg/kg., attribuibile all’aggiunta dei solfiti del vino quale additivo etichettato. E per tale etichettatura, e per il rilievo minim dell’additivo, non è possibile ritenere l’interazione per il Giudice di merito dei pre supposti costitutivi dell’art. 516 c.p. Il ricorso contesta in definitiva la motivazi del provvedimento. Infatti, espressamente riporta: “Poiché, tuttavia, l’aggiunta di vino bianco secco, secondo il disciplinare di produzione, rappresenta un’innovazione rispetto alla ricetta originaria, è evidente che il consumatore medio non potrà aspettarsi la presenza del vino (e quindi dei solfiti) nel prodotto finale, salvo che Corte di Cassazione – copia non ufficiale
la stessa sia espressamente indicata in etichetta. In altre parole, posto che l’aggiunta diretta di solfiti alla RAGIONE_SOCIALE di Bra non può mai ritenersi consentita, anche la messa in vendita del prodotto a cui sia stato aggiunto vino bianco (ingrediente che non fa parte della ricetta originaria), senza aver adempiuto agli obblighi relativi all’etichettatura, è idonea a configurare la fattispecie di cui all’art. 516 c che punisce la condotta di chi ponga in vendita “come genuine sostanze alimentari non genuine”, in ragione della non corretta informazione al consumatore”. Così opinando, il Tribunale ha confuso gli obblighi in materia di etichettatura con quelli in tema di corretta produzione dell’alimento. Infatti, la RAGIONE_SOCIALE di Bra prodotta dall’imputato era un prodotto “non genuino” perché conteneva un componente i solfiti – non ammesso dalla legge, neppure per via indiretta attraverso l’aggiunta del vino bianco. Sul punto, deve darsi continuità al principio, per il quale, qualora l’impugnazione proposta sia non quella ordinaria ma quella eccezionale del ricorso per saltum, la Corte di cassazione deve interpretare la volontà della parte, per stabilire di quale mezzo abbia realmente inteso avvalersi e, in caso di dubbio, privilegiare il tipo ordinario di gravame, talché,, ove vi sia una formale denuncia di difetto e manifesta illogicità della motivazione ed il contenuto delle censure, che letteralmente deducono anche violazione di legge, le riveli, invece, come dirette avverso la valutazione delle prove (l’etichettatura, lo scartamento minimo di solfiti, come nella specie) in ordine a una questione di mero fatto, il ricorso andrà convertito in appello (sez. 2, n. 17297 del 13/3/2019, Sezze, Rv. 276441-01). Nella specie, va rilevato che il Giudice di Asti aveva ritenuto che i solfiti non fossero sussunnibili nel prodotto e che la fattispecie ex art. 516 c.p. non fosse presente per l’assenza di consapevolezza (al di là della formula assolutoria non specificamente sviluppata) e per lo scartamento minimo dei solfiti da vino bianco nel prodotto, quale additivo alimentare. Il ricorso si attaglia dunque attraverso la violazione di legge più precipuamente sulla motivazione della sentenza. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, trattato oralmente a norma dell’art. 23, cornma 8, d.l. n. 137 del 2020, e successive modifiche ed integrazioni, a seguito dell’istanza di discussione orale, accolta dal Presidente titolare, è fondato.
Come già chiarito da questa Corte (Sez. 3, n.36471 del 4/06/2019, Tibaldi, non massimata), la disciplina applicabile è quella del DM 209/1996, concernente la disciplina degli additivi alimentari consentiti nella preparazione e per la conservazione delle sostanze alimentari in attuazione delle direttive n. 94/34/CE,
n. 94/35/CE, n. 94/36/CE, n. 95/2/CE e n. 95/31/CE. Esso, abrogando quasi integralmente il decreto ministeriale 31 marzo 1965, che disponeva la disciplina degli additivi chimici consentiti nella preparazione e per la conservazione delle sostanze alimentari, all’art. 15 comma 4 prevede tra l’altro che gli antiossidanti di cui all’a legato IX parte B (anidride solforosa e solfiti) possano essere usati solo negli alimenti ivi menzionati ed indica, per quanto di diretto interesse, in quanto riferito a carni: il «”Burger meat” con un contenuto minimo di ortaggi e/o cereali del 4%»; «Breakfast sausages e Longaniza RAGIONE_SOCIALE e butifarra RAGIONE_SOCIALE». In linea con tali disposizioni si pone anche il contenuto del regolamento comunitario 1129 dell’Il novembre 2011 che modifica l’allegato II del regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio istituendo un elenco dell’Unione di additivi alimentari. Come emerge dal relativo allegato II parte A, l’introdotto elenco di additivi alimentari dell’Unione comprende: a) la denominazione dell’additivo alimentare e il suo numero E; b) gli alimenti ai quali può essere aggiunto; c) le condizioni del suo impiego; d) le restrizioni alla vendita diretta al consumatore finale. Con disposizioni di carattere generale concernenti gli additivi alimentari e le loro condizioni di uso si prevede che: 1. Solo le sostanze elencate nella parte B possono essere utilizzate come additivi negli alimenti; 2. Gli additivi possono essere utilizzati solo negli alimenti e nelle condizioni di cui alla parte E dell’allegat 3. Nella parte E dell’allegato gli alimenti sono elencati sulla base delle categorie alimentari di cui alla parte D dell’allegato stesso e gli additivi sono raggruppati sulla base delle definizioni di cui alla parte C. Precisato che ai sensi del Regolamento Cee 853/2004 per preparazione di carni si fa riferimento a «carni fresche incluse le carni ridotte a frammenti che hanno subito un’aggiunta di prodotti alimentari condimenti o additivi o trattamenti non sufficienti a modificare la struttura muscolo – fibrosa interna della carne e ad eliminare quindi le caratteristiche delle carni fresche», dalla lettura del citato allegato e delle specifiche parti di riferiment rilevanti nel caso in esame emerge che per le «Preparazioni di carni, quali definite dal regolamento (CE) n. 853/2004» (cfr. numero di categoria 8.1.2.) non si prevede l’utilizzo di solfiti (E228) e tantomeno della anidride solforosa (E220), talvolta indicata assieme ai medesimi; solo per specifici alimenti quali «breakfast sausages, burger meat con un contenuto di ortaggi e/o cereali non inferiore al 4 % mischiato all’interno della carne RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, longaniza RAGIONE_SOCIALE, butifarr RAGIONE_SOCIALE» è consentito l’inserimento di solfiti e anidride solforosa. Si tratta, come s evince dal chiaro testo letterale e dalla corrispondenza a note e specifiche tipologie di alimenti, di prodotti tipici di altri paesi europei, differenti, per procedimento preparazione e anche per composizione (come anche specificamente indicato dal legislatore comunitario per breakfast sausages e burger meat), dalla RAGIONE_SOCIALE di Corte di Cassazione – copia non ufficiale
carne bovina e suina prodotta in Italia, cui non possono quindi essere assimilati. Tanto non solo per il dato letterale evidente, ma anche alla luce delle sopra citate disposizioni generali secondo cui «gli additivi possono essere utilizzati solo negli alimenti e nelle condizioni di cui alla parte E dell’allegato» oltre che dalla circo stanza, anche essa significativa, per cui, ove ritenuto, il legislatore comunitario ha espressamente riferito taluni additivi anche alla «RAGIONE_SOCIALE». Può farsi riferimento esemplificativamente, nell’ambito del numero di categoria 8.2.1. (Carne trasformata non trattata termicamente) alla curcurnina (E 100) alla cocciniglia, acido carminico, vari tipi di carminio (E120) espressamente ammessi per «solo salsicce», laddove vi è uno specifico riferimento persino alle salsicce essiccate, ammettendosi per esse il ricorso ad estratti di rosmarino (E392).
In altri termini, dalle regole generali appositamente dettate riguardo all’elenco sopra citato nonché dall’esame del medesimo, da cui emerge una indicazione precisa degli alimenti per i quali sono ammessi specifici additivi, emerge con chiarezza che nessun procedimento ermeneutico di assimilazione tra prodotti è consentito per estendere l’utilizzo di additivi ad alimenti non specificamente collegati ad essi, atteso che l’elenco risponde, piuttosto, all’intento di una precisa indicazione di additivi e alimenti ad essi correlabili.
Corretto è, dunque, l’approdo cui perviene il Pubblico Ministero nel ricorso, laddove afferma che la normativa non prevede l’utilizzo dei solfiti nella RAGIONE_SOCIALE in termini assoluti, sicché le conclusioni cui perviene il tribunale sono errate, anche con riferimento all’applicabilità nel caso di specie del c.d. principio del ri porto.
In base all’art. 16, D.M. n. 209 del 1996 (e dell’art. 18, del regolamento europeo 1333/2011) il c.d. principio del riporto (o del trasferimento, detto carryover), ossia la veicolazione nel prodotto finito di un additivo ammesso solo per un ingrediente, opera esclusivamente per i prodotti alimentari composti diversi da quelli indicati nell’art. 15, comma 3, disposizione, quest’ultima, che alla lett. P stabilisce che le disposizioni del comma 2 non si applicano ai prodotti alimentari elencati nell’ali. X che possono contenere soltanto gli additivi ivi citati e gli addit riportati negli allegati XI e XII alle condizioni specificate negli si:essi. E, nell’al si menzionano espressamente le “Preparazioni preconfezionate di carne RAGIONE_SOCIALE macinata”: quindi, la RAGIONE_SOCIALE di Bra non può contenere i solfiti, neppure in via indi retta o veicolata dall’uso del vino . bianco.
Che, del resto, questa sia la soluzione corretta è stato già esaminato da questa stessa Sezione proprio nella decisione richiamata dal PM nel ricorso.
Il riferimento è, in particolare, alla sentenza di questa stessa Sezione (Sez. 3, n. 12532 del 03/03/2020, Rv. 279066 – 01), riguardante, come nel caso in esame, la RAGIONE_SOCIALE di Bra.
Si è affermato, in tale decisione, nel ricostruire la normativa applicabile, che il D.M. n. 209/1996, parte B, allegato XI, disciplinava espressamente una categoria di conservanti ed antiossidanti (ad es. i solfiti) utilizzabili nella prepa zione di prodotti alimentari. I solfiti avrebbero potuto, sulla base di tale normativa, essere utilizzati solo nella produzione di una serie di alimenti tassativamente indicati nel suddetto allegato, indicandone anche il quantitativo massimo. Il carattere eccezionale ditale elencazione ne rendeva non praticabile l’applicazione anche a prodotti non inclusi nella medesima, anche se “affini”, sicché questi ultimi non avrebbero potuto in alcun modo contenere solfiti, cui limite di tolleranza avrebbe dovuto ritenersi pari a zero. La salciccia RAGIONE_SOCIALE non era tra gli elementi indicati nel summenzionato allegato.
La stessa decisione, poi, pronunciandosi sul tema de quo agitur, pur riferendosi alla fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 5, lett. g), I. n. 283 1962, ha preso atto dell’esistenza di una questione controversa, ossia se il reato sia integrato esclusivamente dalla originaria violazione in sede produttiva dei limiti all’uso dell’additivo o se sia penalmente rilevante la sua presenza in sé nel prodotto, anche quando la sostanza si trovi spontaneamente negli ingredienti utilizzati in modo lecito. La soluzione ebbe in tale occasione ad affermare la Corte, con argomentazione qui condivisa dal Collegio, non può che essere affermativa, ove si pensi alla natura di reato di pericolo presunto, dovendo attribuire rilevanza alla presenza comunque dell’additivo. È ben vero che la giurisprudenza ha, diversamente, affermato che la disposizione richiederebbe l’aggiunta intenzionale dell’additivo come reato commissivo e non omissivo (Sez. 3, n. 1936 del 15/01/1997 dep. 27/02/1997, COGNOME G, Rv 207902). Si tratta, tuttavia, di tesi, quest’ultima, non condivisa dal Collegio, laddove si consideri che tale soluzione non tiene conto del fatto che il reato in questione ha natura colposa, e che una aggiunta intenzionale di sostanza vietata finirebbe per integrare il più grave delitto di cui all’a 516, cod. pen. (che, come è noto, non può concorrere formalmente con le ipotesi contravvenzionali di cui all’art. 5, legge n. 283 del 1962: Sez. 6, n. 4306 del 07/02/1985 – dep. 07/05/1985, Matrisciano, Rv. 169045).
5. L’impugnata sentenza dev’essere, conclusivamente, annullata, limitatamente al reato di cui al capo a) della rubrica, in applicazione del disposto di cui all’art. 569, comma 4, cod. proc. pen., con rinvio alla Corte d’appello di Torino, affinché, in applicazione dei richiamati principi affermati da questa Corte, valuti,
all’esito dell’accertamento di merito, se per i fatti oggetto di addebito al capo a) della rubrica sia configurabile l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 516, cod. pen., n termini di cui all’imputazione (dovendosi infatti valutare in particolare la configurabilità del dolo generico normativamente richiesto ai fini della punibilità dell’agente, non potendo, diversamente, dubitarsi della circostanza che il reato possa ritenersi integrato sotto il profilo oggettivo, avendo posto in commercio il NOME una sostanza alimentare non genuina per la presenza di solfiti nella RAGIONE_SOCIALE di Bra, posto che per sostanza alimentare non genuina deve intendersi anche quella che non contiene le sostanze o i quantitativi previsti oppure contiene additivi non consentiti, cfr. Sez. 3, n. 11090 del 18/10/1995, Rv. 202935, nonché quando è violata la normativa che presiede alla produzione dell’alimento) o, piuttosto, se avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, possa ritenersi configurabile l’ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 5, lett. g), I. n. 283 del 1962 punibil titolo di colpa.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente al reato di cui al capo a), con rinvio alla Corte d’appello di Torino.
Così deciso, il 15 febbraio 2024
Depositata in Cancelleria