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Additivi alimentari: vino con solfiti nella salsiccia

Un produttore, assolto in primo e secondo grado per aver venduto salsiccia contenente solfiti, vede la sua assoluzione annullata dalla Corte di Cassazione. Il caso verteva sull’uso di vino bianco (ingrediente consentito ma che può contenere solfiti) nella preparazione. La Corte ha stabilito che l’uso di un ingrediente lecito non legalizza la presenza di additivi alimentari proibiti nel prodotto finale, ribadendo che la normativa sulla sicurezza alimentare prevale sulle specifiche di produzione se queste non sono chiare. Il processo è stato rinviato per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Additivi Alimentari: Vino con Solfiti Rende Illegale la Salsiccia?

La questione degli additivi alimentari è centrale per la sicurezza e la conformità dei prodotti che arrivano sulle nostre tavole. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha acceso i riflettori su un caso emblematico: l’uso di un ingrediente consentito, il vino bianco, può giustificare la presenza di un additivo vietato, i solfiti, in un prodotto a base di carne? La risposta della Suprema Corte è stata netta e ha importanti implicazioni per tutti i produttori del settore alimentare.

I Fatti del Caso: Salsiccia, Vino Bianco e Solfiti

La vicenda giudiziaria ha origine da un controllo effettuato dai Carabinieri del NAS presso una macelleria. Le analisi su campioni di salsiccia di bovino, un prodotto tipico locale, rivelavano la presenza di solfiti in una misura di 22mg/kg. I solfiti sono additivi alimentari il cui uso non è consentito nella preparazione di questo specifico tipo di carne.

Il titolare della macelleria veniva quindi imputato per il reato di vendita di sostanze alimentari non genuine. La sua difesa si basava su un punto cruciale: il disciplinare di produzione della salsiccia in questione permetteva l’aggiunta di vino bianco secco. Poiché il vino bianco può legalmente contenere solfiti, la difesa sosteneva che la loro presenza nel prodotto finale fosse una conseguenza lecita e indiretta dell’utilizzo di un ingrediente permesso.

L’Iter Giudiziario e l’Errata Applicazione degli Additivi Alimentari

Sia il Giudice dell’udienza preliminare che la Corte d’appello accoglievano questa tesi, assolvendo l’imputato. Secondo i giudici di merito, se il disciplinare consente l’uso del vino, implicitamente accetta anche la possibile presenza degli additivi in esso contenuti, come i solfiti. Questa interpretazione creava di fatto una zona grigia, suggerendo che un ingrediente autorizzato potesse ‘trasportare’ legalmente sostanze altrimenti vietate nel prodotto finito.

Il Procuratore generale presso la Corte d’appello, non condividendo questa lettura, ha proposto ricorso per cassazione, denunciando un’erronea applicazione della legge. L’argomento del Procuratore era semplice e diretto: la normativa europea e nazionale sugli additivi alimentari vieta categoricamente l’uso di solfiti nelle preparazioni di carne come quella in esame. Il fatto che il disciplinare menzionasse l’uso di “additivi a norma di legge” significava proprio che ogni ingrediente, vino incluso, dovesse essere scelto in modo da non contaminare il prodotto finale con sostanze proibite.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore, annullando la sentenza di assoluzione e rinviando il caso a un nuovo giudizio. Il ragionamento della Suprema Corte è stato cristallino e si fonda su un’interpretazione rigorosa della normativa.

I giudici hanno chiarito che la legislazione sugli additivi alimentari è basata su liste positive: un additivo può essere usato solo se espressamente menzionato per uno specifico alimento. Per la salsiccia di bovino, i solfiti non sono in questa lista.

La Corte ha smontato la tesi difensiva, definendo “meramente apparente” la contraddizione tra il decreto ministeriale che vieta i solfiti e il disciplinare che permette il vino. La lettura corretta è che è sì possibile aggiungere vino, ma a condizione che questo non introduca a sua volta additivi vietati. In altre parole, il produttore ha l’onere di utilizzare un vino privo di solfiti aggiunti o di assicurarsi che la loro presenza sia conforme alla legge per il prodotto finale, che in questo caso è ‘tolleranza zero’.

Inoltre, la Corte ha escluso l’applicabilità del cosiddetto “principio del riporto” (carry-over). Tale principio, che consente la presenza di un additivo proveniente da un ingrediente, non si applica alle preparazioni di carni fresche come quella in oggetto. La decisione si allinea a precedenti sentenze, consolidando un orientamento giurisprudenziale volto a garantire la massima tutela della salute pubblica.

Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio fondamentale per l’intera filiera alimentare: la legalità di un ingrediente non sana l’illegalità del prodotto finale. I produttori devono garantire che ogni componente utilizzato sia non solo permesso, ma anche idoneo a non compromettere la conformità del prodotto finito alle severe normative sugli additivi alimentari. Questa decisione rafforza la responsabilità dei produttori, chiamati a una conoscenza approfondita e a un’applicazione scrupolosa delle regole, senza potersi nascondere dietro interpretazioni ambigue dei disciplinari di produzione. La sicurezza alimentare prevale, e la legge non ammette scorciatoie.

È possibile utilizzare un ingrediente che contiene solfiti, come il vino bianco, nella preparazione di carni in cui i solfiti sono vietati?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’uso di un ingrediente consentito non legalizza la presenza di additivi proibiti nel prodotto finale. Il produttore deve assicurarsi che l’ingrediente utilizzato non introduca sostanze vietate.

Cosa si intende per ‘additivi a norma di legge’ in un disciplinare di produzione?
Significa che gli additivi, anche se contenuti in un ingrediente permesso, devono rispettare le normative specifiche vigenti per il prodotto alimentare finale. Se un additivo è vietato per quel prodotto, non può essere presente, indipendentemente dalla sua origine.

Il ‘principio del riporto’ si applica sempre quando si usa un ingrediente con additivi in un prodotto finale?
No. La sentenza specifica che il ‘principio del riporto’ (o carry-over) non può essere applicato a determinate categorie di alimenti, come le preparazioni di carni macinate fresche. La sua applicazione è limitata ai casi espressamente previsti dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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