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Accordo in appello: quando il ricorso è inammissibile?

Un imputato, dopo aver raggiunto un accordo in appello sulla pena per furto, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un difetto di motivazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che l’accordo sulla pena preclude ulteriori impugnazioni, poiché equivale a una rinuncia ai motivi di appello. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Accordo in Appello: l’Impossibilità di Impugnare la Sentenza in Cassazione

L’istituto dell’accordo in appello, introdotto nel nostro ordinamento con la legge n. 103/2017, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso penale. Tuttavia, la scelta di avvalersene comporta conseguenze procedurali significative, come chiarito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Con la pronuncia n. 6645 del 2024, la Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: la sentenza che recepisce un accordo tra le parti sulla pena non è più impugnabile per motivi di merito, neanche per un presunto difetto di motivazione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Modena per reati di furto in concorso. L’imputato presentava appello avverso tale decisione. Nel corso del giudizio di secondo grado, la difesa e la Procura Generale raggiungevano un accordo sulla pena da applicare, ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale.

La Corte di Appello di Bologna, recependo tale accordo, rideterminava la pena e, di conseguenza, dichiarava inammissibili per intervenuta rinuncia gli altri motivi di gravame. Nonostante ciò, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, lamentando un presunto difetto di motivazione della sentenza d’appello in merito al giudizio di comparazione tra le circostanze del reato.

Le Conseguenze dell’Accordo in Appello sulla Pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente inammissibile. I giudici hanno evidenziato come la procedura speciale dell’accordo in appello limiti fortemente la possibilità di ulteriori impugnazioni. La normativa di riferimento è l’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, che permette alla Corte di dichiarare l’inammissibilità del ricorso senza particolari formalità proprio nei casi in cui la sentenza impugnata abbia recepito un accordo tra le parti.

La scelta di concordare la pena in appello non è una mera formalità, ma un atto dispositivo con cui l’imputato accetta una determinata sanzione in cambio della rinuncia a contestare gli altri aspetti della sentenza di primo grado. Questo atto, secondo la Corte, ha un effetto preclusivo che si estende all’intero processo, incluso il giudizio di legittimità.

L’Effetto Preclusivo dell’Accordo

L’ordinanza sottolinea che il potere dispositivo riconosciuto alla parte dall’art. 599-bis c.p.p. non solo vincola il giudice di secondo grado, ma preclude anche la possibilità di sollevare successive doglianze. In sostanza, l’accordo sulla pena viene equiparato a una vera e propria rinuncia all’impugnazione per i motivi non legati all’accordo stesso. Di conseguenza, contestare la motivazione su aspetti della pena che sono stati oggetto dell’accordo stesso diventa processualmente impossibile.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. I giudici supremi hanno richiamato diverse pronunce precedenti che hanno affermato lo stesso principio: l’accordo tra le parti sulla pena in appello produce un effetto analogo alla rinuncia all’impugnazione. Questo significa che, una volta raggiunto e ratificato l’accordo, l’imputato perde il diritto di contestare la sentenza davanti alla Cassazione per questioni che l’accordo stesso ha risolto, come la quantificazione della pena e il bilanciamento delle circostanze.

La Corte ha specificato che il ricorso dell’imputato, incentrato proprio su un presunto difetto di motivazione relativo al giudizio di comparazione tra circostanze, era palesemente inammissibile. Tale valutazione, infatti, è intrinsecamente assorbita e superata dalla volontà delle parti di concordare una pena finale. Permettere un ricorso su tale punto significherebbe svuotare di significato l’istituto dell’accordo in appello, la cui finalità è proprio quella di definire il processo in modo rapido e consensuale.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza n. 6645/2024 della Corte di Cassazione riafferma con chiarezza che la scelta di accedere all’accordo in appello è una decisione processuale tombale. La sentenza che ne deriva non è ulteriormente sindacabile nel merito davanti alla Suprema Corte. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’assistito deve essere pienamente consapevole che tale accordo chiude definitivamente la partita sulla quantificazione della pena, precludendo ogni futura doglianza. Per l’imputato, la conseguenza dell’inammissibilità è stata non solo la conferma della condanna, ma anche l’aggiunta del pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di quattromila euro a favore della Cassa delle ammende.

È possibile presentare ricorso in Cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il ricorso è inammissibile. L’accordo sulla pena, previsto dall’art. 599-bis c.p.p., ha effetti preclusivi e equivale a una rinuncia agli altri motivi di impugnazione.

Perché l’accordo sulla pena in appello impedisce un successivo ricorso?
Perché l’accordo è un atto dispositivo della parte che limita la cognizione del giudice di secondo grado e ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene con la rinuncia all’impugnazione.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente la cui impugnazione è stata dichiarata inammissibile?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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