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Accordo in appello: no ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello ai sensi dell’art. 599 bis c.p.p. e rinunciato agli altri motivi, aveva comunque impugnato la sentenza. La Suprema Corte ha chiarito che l’accordo ha un effetto preclusivo che si estende anche al giudizio di legittimità, rendendo impossibile contestare questioni a cui si è rinunciato.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Accordo sulla Pena in Appello: Una Via Senza Ritorno per il Ricorso in Cassazione

L’istituto dell’accordo sulla pena in appello, introdotto dall’art. 599 bis del codice di procedura penale, offre una via per la definizione concordata del secondo grado di giudizio. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la scelta di questo percorso ha un effetto preclusivo che si estende fino al giudizio di legittimità. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato in primo grado per il reato di evasione (art. 385 c.p.), presentava appello. In sede di giudizio di secondo grado, la difesa raggiungeva un accordo con la Procura Generale per l’accoglimento parziale dei motivi di gravame, con una conseguente riduzione della pena e la rinuncia agli altri motivi di appello. La Corte d’Appello di Torino, recependo l’accordo, confermava la condanna ma rideterminava la pena come concordato.

Nonostante l’accordo e la rinuncia, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando in termini generici un vizio di motivazione relativo alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. (obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità).

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha stabilito che la scelta di aderire a un accordo sulla pena in appello, con la contestuale rinuncia ad altri motivi, cristallizza la posizione processuale dell’imputato. Questa rinuncia non ha effetti limitati al solo giudizio d’appello, ma si estende all’intero procedimento, compreso l’eventuale ricorso per Cassazione.

Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p. in caso di inammissibilità del ricorso.

L’Accordo sulla pena in appello e le motivazioni della Corte

Il cuore della decisione risiede nella natura dispositiva dell’art. 599 bis c.p.p. La Corte spiega che questa norma riconosce alla parte un potere dispositivo sul proprio percorso processuale. Quando l’imputato sceglie di barattare alcuni motivi di appello per ottenere una pena più mite, compie una scelta strategica che produce un effetto preclusivo.

Questo effetto impedisce di rimettere in discussione, in una fase successiva, proprio quelle questioni a cui si è volontariamente rinunciato. La situazione è analoga a quella della rinuncia totale all’impugnazione. Il potere dispositivo dell’imputato non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado ai punti concordati, ma preclude l’intero svolgimento processuale successivo per i motivi rinunciati.

La Corte, richiamando precedenti giurisprudenziali conformi, ha sottolineato che ammettere un ricorso in Cassazione su punti oggetto di rinuncia svuoterebbe di significato l’istituto dell’accordo in appello, la cui finalità è proprio quella di definire la controversia in modo rapido e concordato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza in esame offre un importante monito per la difesa. La scelta di percorrere la strada dell’accordo sulla pena in appello deve essere attentamente ponderata. Sebbene possa portare a un beneficio immediato in termini di riduzione della sanzione, essa comporta la definitiva chiusura di ogni possibilità di contestare la sentenza di condanna per i motivi a cui si è rinunciato.

In pratica, l’accordo rappresenta una transazione processuale che, una volta siglata e recepita dal giudice, diventa irrevocabile. L’imputato non può sperare di ottenere i benefici dell’accordo e, contemporaneamente, mantenere aperta la porta del ricorso in Cassazione per contestare il merito della responsabilità. La decisione della Suprema Corte conferma quindi la natura tombale dell’accordo, consolidando un principio di coerenza e auto-responsabilità delle parti processuali.

Se accetto un accordo sulla pena in appello e rinuncio ad alcuni motivi, posso poi presentare ricorso in Cassazione per gli stessi motivi a cui ho rinunciato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la rinuncia ai motivi in funzione di un accordo sulla pena ha un effetto preclusivo, il che significa che non è più possibile sollevare tali questioni nel successivo giudizio di Cassazione. Il ricorso sarebbe dichiarato inammissibile.

Perché la Corte di Cassazione considera inammissibile un ricorso del genere?
Perché l’accordo previsto dall’art. 599 bis c.p.p. è un atto dispositivo della parte. Accettandolo, l’imputato esercita un potere di scelta che limita la cognizione del giudice e preclude l’intero svolgimento processuale futuro sui punti rinunciati, in modo simile a una rinuncia totale all’impugnazione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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