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Accordo in appello: limiti all’impugnazione

Un soggetto, dopo aver ottenuto una riduzione di pena tramite un accordo in appello per reati di furto aggravato, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un vizio di motivazione sul mancato proscioglimento. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando che l’accettazione dell’accordo sulla pena, ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., implica la rinuncia ad altri motivi. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Accordo in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’accordo in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento processuale di grande rilevanza strategica. Esso consente alle parti di concordare una parziale riforma della sentenza di primo grado, ottenendo una pena ridotta in cambio della rinuncia ad altri motivi di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 44219/2024) ha ribadito i confini e le conseguenze di tale scelta, chiarendo perché un successivo ricorso possa essere dichiarato inammissibile.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un imputato condannato in primo grado per una serie di reati, tra cui furto aggravato. In sede di appello, la difesa e la Procura Generale raggiungevano un accordo. In base a tale patto, la pena veniva ridotta a quattro anni, cinque mesi e dieci giorni di reclusione e 2.000 euro di multa, con la contestuale rinuncia da parte della difesa ai restanti motivi di appello.

Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione. Il motivo del ricorso si basava su un presunto vizio di motivazione della sentenza d’appello, in quanto i giudici non avrebbero adeguatamente valutato la possibile sussistenza di cause di proscioglimento, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale.

La Decisione della Corte sull’Accordo in Appello

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del sistema processuale: la scelta di aderire a un accordo in appello è una manifestazione di volontà che produce effetti vincolanti e preclude ripensamenti.

L’istituto previsto dall’art. 599-bis c.p.p., introdotto dalla Legge n. 103/2017 (la cosiddetta “Riforma Orlando”), presuppone un patto tra le parti. La difesa, unitamente all’imputato, chiede l’accoglimento di una proposta concordata che implica l’applicazione di una pena specifica, accettando di rinunciare ad altri motivi di gravame. Questo atto dispositivo chiude di fatto la discussione su tutti i punti oggetto di rinuncia.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

I giudici di legittimità hanno spiegato che il motivo del ricorso era manifestamente infondato. Poiché la pena applicata dalla Corte d’Appello era il frutto di un accordo esplicito, sottoscritto dalla difesa con rinuncia ad altri motivi, non è più possibile contestare la sentenza per aspetti che sono stati implicitamente superati dall’accordo stesso. Sostenere, come ha fatto il ricorrente, che il giudice d’appello avrebbe dovuto motivare sul perché non lo avesse prosciolto, equivale a rimettere in discussione il merito della condanna, un’opzione a cui si è rinunciato proprio attraverso l’accordo.

La Corte ha qualificato il ricorso come inammissibile “senza formalità”, applicando la procedura semplificata prevista dall’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. Di conseguenza, conformemente a quanto stabilito dall’art. 616 c.p.p. e dalla giurisprudenza costituzionale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro alla Cassa delle ammende.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche dell’Accordo in Appello

L’ordinanza in esame conferma un orientamento consolidato e offre un importante monito per la prassi legale. La scelta di percorrere la strada dell’accordo in appello deve essere ponderata attentamente. Sebbene possa portare a un beneficio immediato in termini di riduzione della pena, essa comporta una definitiva preclusione alla possibilità di contestare nel merito la sentenza. Una volta siglato il patto, non è più possibile sollevare in Cassazione questioni relative, ad esempio, alla valutazione delle prove o all’esistenza di cause di non punibilità, a meno che il vizio non riguardi la formazione stessa dell’accordo. La decisione della Cassazione, quindi, rafforza la natura dispositiva e vincolante di questo strumento, evidenziandone l’irreversibilità una volta perfezionato.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza d’appello basata su un accordo tra le parti (art. 599-bis c.p.p.)?
No, non per contestare il merito della decisione. L’ordinanza chiarisce che l’accordo sulla pena, con rinuncia ai motivi di appello, rende inammissibile un successivo ricorso che lamenti vizi di motivazione su aspetti coperti dalla rinuncia, come il mancato proscioglimento.

Qual è la conseguenza di un ricorso inammissibile in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende. In questo specifico caso, la somma è stata fissata in quattromila euro.

Cosa significa che l’inammissibilità è pronunciata “senza formalità”?
Significa che, data l’evidenza della causa di inammissibilità (in questo caso, l’esistenza di un accordo con rinuncia ai motivi), la Corte può decidere con una procedura semplificata e più rapida, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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