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Accordo in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello basata su un accordo in appello. L’ordinanza chiarisce che la stipula di tale accordo, ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., implica una rinuncia agli altri motivi di gravame, creando una preclusione processuale che impedisce di sollevare successivamente vizi di motivazione o altre questioni davanti alla Suprema Corte.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Accordo in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione Diventa Inammissibile

L’istituto dell’accordo in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di concordare l’accoglimento di alcuni motivi di appello, rinunciando contestualmente agli altri. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sulle conseguenze di tale scelta, chiarendo i limiti che essa impone alla successiva possibilità di presentare ricorso davanti alla Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Quest’ultima, in riforma della pronuncia di primo grado, aveva rideterminato la pena inflitta all’imputato sulla base di un’intesa raggiunta tra le parti. L’imputato, non soddisfatto, decideva comunque di adire la Corte di Cassazione, lamentando un vizio di motivazione nella sentenza d’appello. In particolare, si contestava la mancata esplicitazione dell’iter logico-giuridico che aveva condotto il giudice alla sua decisione.

L’Analisi della Corte sull’Accordo in Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione sulla natura stessa dell’accordo in appello. I giudici hanno sottolineato come tale istituto preveda che le parti concordino sull’accoglimento parziale dei motivi di appello, con una contestuale e implicita rinuncia a tutti gli altri motivi presentati. Questa rinuncia non è un atto formale privo di conseguenze, ma produce un effetto ben preciso: la cosiddetta “preclusione processuale”.

In sostanza, una volta che l’imputato accetta di definire il giudizio d’appello tramite un accordo, perde il diritto di contestare in una sede successiva i punti della sentenza che non sono stati oggetto dell’intesa. Questo principio vale anche per il presunto vizio di motivazione.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha spiegato che la preclusione derivante dall’accordo è totale e copre ogni doglianza non inclusa nell’intesa. Di conseguenza, i motivi in relazione ai quali l’accordo non è stato raggiunto diventano inammissibili per espressa rinuncia. Questa inammissibilità si estende al successivo ricorso per Cassazione, come previsto dall’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale.

È interessante notare come la Corte abbia specificato che tale preclusione riguarda anche la possibilità di sollevare la questione relativa all’applicazione dell’articolo 129 c.p.p., ovvero la norma che impone al giudice di dichiarare d’ufficio determinate cause di non punibilità, come l’evidente innocenza dell’imputato. La scelta di accordarsi sulla pena preclude, quindi, un’ampia gamma di possibili censure future. Poiché nel caso di specie la Corte territoriale aveva determinato la pena finale esattamente come concordato tra le parti, non era consentita alcuna ulteriore doglianza.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento offre un importante monito pratico: la decisione di aderire a un accordo in appello deve essere attentamente ponderata. Se da un lato può portare a un risultato certo e potenzialmente più favorevole in termini di pena, dall’altro chiude quasi ermeticamente le porte a un futuro ricorso per Cassazione. La rinuncia ai motivi di appello non oggetto di accordo è un atto definitivo che crea una barriera processuale insormontabile. Pertanto, la difesa deve valutare con estrema attenzione il bilanciamento tra il beneficio immediato di un accordo e la perdita della possibilità di far valere ulteriori ragioni davanti alla Suprema Corte.

È possibile presentare ricorso in Cassazione per vizio di motivazione dopo aver raggiunto un accordo in appello ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p.?
No. Secondo la Corte, l’accordo in appello comporta la rinuncia agli altri motivi di gravame, determinando una preclusione processuale che rende inammissibile un ricorso basato su tali motivi, inclusa la carenza di motivazione.

L’accordo tra le parti in appello preclude anche la possibilità di sollevare questioni relative a un’eventuale assoluzione ai sensi dell’art. 129 c.p.p.?
Sì. La Corte chiarisce che la preclusione derivante dall’accordo si estende anche alla questione relativa alla sussistenza dei presupposti per una pronuncia di assoluzione ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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