Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 32150 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 32150 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALMI il 11/03/1986
avverso l’ordinanza del 13/02/2025 del GIP TRIBUNALE di Palmi
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 13 febbraio 2025, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palmi, ha convalidato il fermo di NOME COGNOME e lo ha contestualmente sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere per violazioni degli artt. 73, 80 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 e 416 bis .1 cod. pen. Il Giudice ha ritenuto sussistenti «ragioni di urgenza» e, pertanto, pur avendo dichiarato la propria incompetenza per territorio, ha applicato la misura ai sensi dell ‘ art. 27 cod. proc. pen. disponendo la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo.
Il provvedimento di fermo, eseguito a Palmi in data 11 febbraio 2025, era stato emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo ai sensi dell ‘ art. 384, comma 1, cod. proc. pen. Il G.i.p. ha ritenuto che il fermo fosse stato
disposto legittimamente, essendo fondato il pericolo di fuga e sussistente un grave quadro indiziario. Ha valorizzato a tal fine il contenuto di una informativa di polizia giudiziaria nella quale era sintetizzato l ‘ esito di indagini protrattesi nel tempo, costituite principalmente da intercettazioni telefoniche e ambientali. L ‘ ordinanza chiarisce che numerose conversazioni gravemente indizianti sono state attribuite a Cosentino con sicurezza perché nelle stesse si faceva riferimento a un calabrese alto, scuro, con barba sagomata (descrizione corrispondente alle caratteristiche fisiche dell ‘ indagato) che era stato detenuto a Parma ed era stato liberato il 22 ottobre 2023 (come, appunto, avvenuto a Cosentino). Riferisce inoltre che, come emerso dal contenuto delle conversazioni intercettate, la persona così identificata si era recata in Sicilia il 2 dicembre 2023 e il 28 gennaio 2024 incontrandosi «con individui appartenenti ad una cosca mafiosa radicata in Sicilia» ai quali aveva «offerto e fornito ingenti quantitativi di droga -cocaina e hashish -provenienti dalla Spagna».
Per mezzo del difensore di fiducia, NOME COGNOME ha proposto tempestivo ricorso contro l ‘ ordinanza di convalida del fermo. Il ricorrente deduce la nullità dell ‘ interrogatorio eseguito nel corso dell ‘ udienza di convalida e sostiene che, per effetto di tale nullità, la misura cautelare disposta sarebbe inefficace ai sensi dell ‘ art. 302 cod. proc. pen. Rileva a tal fine che, nel fascicolo processuale trasmesso al G.i.p. ai fini della convalida, era presente solo l ‘ informativa predisposta dalla PG a conclusione delle indagini, priva degli allegati che pure erano stati richiamati dal PM nel provvedimento di fermo.
Secondo la difesa, l’udienza di convalida e l’interrogatorio che nella stessa si è svolto, sarebbero affetti da nullità perché gli atti allegati all’informativa di PG e richiamati nel provvedimento di fermo non sono stati messi a disposizione del difensore, il quale, pertanto, non ha potuto esaminare tutti gli atti sulla base dei quali è stata chiesta la convalida e l’applicazione della misura coercitiva. Tra gli atti che non sono stati trasmessi al G.i.p. di Palmi -osserva il difensore -vi sono anche i decreti di intercettazione e, poiché l ‘ ipotesi accusatoria è fondata su attività captative, questi atti avrebbero dovuto essere resi disponibili per consentire al G.i.p. e alla difesa di «valutare la regolarità delle autorizzazioni».
A sostegno di queste conclusioni, la difesa richiama la sentenza delle Sezioni Unite n. 36212 del 30/09/2010, Rv. 247939, secondo la quale, nel procedimento di convalida, il difensore dell ‘ arrestato o del fermato ha diritto di esaminare ed estrarre copia degli atti su cui si fonda la richiesta di convalida e di applicazione della misura cautelare e il denegato accesso a tali atti determina una nullità di ordine generale a regime intermedio dell ‘ interrogatorio e del provvedimento di convalida. Il difensore riferisce che, come risulta dal verbale d ‘ udienza (allegato al
ricorso), nel caso di specie, la nullità è stata tempestivamente dedotta, ma il Giudice ha ritenuto sufficiente ai fini della convalida e del pieno esercizio delle garanzie difensive il contenuto della informativa di PG.
In vista dell ‘ udienza di trattazione, fissata per il 2 luglio 2025, il PG ha depositato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l ‘ inammissibilità del ricorso. In quella data il procedimento è stato rinviato a nuovo ruolo perché le parti avrebbero dovuto essere avvisate della possibilità di formulare richiesta di trattazione orale ai sensi dell ‘ art. 611, comma 1 bis , lett. a ) cod. proc. pen.
L ‘ odierna udienza, cui le parti sono state regolarmente citate, si è svolta con rito camerale non partecipato. Il PG ha concluso con memoria scritta del 14 luglio 2025 chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il motivo di ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
Il ricorrente deduce la nullità dell ‘ interrogatorio e del provvedimento di convalida del fermo lamentando di non aver potuto esaminare gli atti sui quali si fondava la richiesta di convalida e di applicazione della misura cautelare. Si duole che l ‘ eccezione di nullità, formulata nell ‘ udienza di convalida, sia stata respinta sull ‘ assunto che nel fascicolo processuale era stata inserita l ‘ informativa finale predisposta dalla PG, e sostiene che, così opinando, il G.i.p. avrebbe omesso di considerare che quella informativa non era corredata dagli allegati e, di conseguenza, non tutti gli atti richiamati dal PM nel provvedimento di fermo erano stati messi a disposizione della difesa.
Dal tenore letterale del ricorso emerge con chiarezza che gli atti del cui mancato esame la difesa si duole non erano stati trasmessi al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palmi, funzionalmente competente alla convalida ai sensi dell ‘ art. 390, comma 1, cod. proc. pen. Il difensore sostiene, infatti (pag. 7 del ricorso), che l ‘ esame di quegli atti sarebbe stato necessario «non solo alla difesa, ma anche al G.i.p. per verificare la regolarità, quindi l ‘ utilizzabilità, delle argomentazioni provenienti dal PM richiedente». Non è controverso, dunque, che la difesa abbia avuto a disposizione tutti gli atti che il PM aveva trasmesso al Giudice a sostegno della richiesta di convalida e di applicazione della misura cautelare.
Il ricorrente non si duole del fatto che il Giudice abbia ritenuto sufficiente a fondare il grave quadro indiziario necessario alla convalida del fermo (e, poi, all ‘ applicazione della misura custodiale) una relazione priva di allegati. In tesi
difensiva, l ‘ ordinanza di convalida del fermo e l ‘ ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere sono affette da nullità, ma non perché sono state pronunciate senza che il G.i.p. avesse esaminato gli allegati alla relazione predisposta dalla PG al termine delle indagini; bensì perché quegli allegati, ancorché non trasmessi al G.i.p., avrebbero dovuto essere posti a disposizione della difesa la quale, non avendo potuto leggerli, non è stata messa in condizione di interloquire sul contenuto della richiesta di convalida e di applicazione della misura (nella quale quegli atti erano citati).
In sintesi, secondo la difesa, poiché non tutti gli atti di indagine sono stati trasmessi al Giudice per le indagini preliminari funzionalmente competente alla convalida del fermo e messi a disposizione della difesa, nell ‘ udienza di convalida non si sarebbe instaurato un contraddittorio effettivo e l ‘ interrogatorio eseguito ai sensi dell ‘ art. 391, comma 3, cod. proc. pen. sarebbe affetto da nullità.
A sostegno delle proprie argomentazioni, la difesa cita la sentenza n. 36212 del 30/09/2010, Rv. 247939 con la quale le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato (pag. 11 della motivazione) che «la possibilità di conoscere ‘ direttamente ‘, da parte del difensore, la integralità degli elementi e degli atti che formano oggetto della richiesta di convalida e di applicazione della misura, a prescindere dalla ‘ mediazione illustrativa ‘ del pubblico ministero o del giudice, rappresenta null ‘ altro che la base ineludibile sulla quale poter configurare un contraddittorio ‘ effettivo ‘ e, con esso, un effettivo soddisfacimento della funzione difensiva che l ‘ interrogatorio in sede di convalida è destinato a realizzare: giustificandone, per questa via, la equipollenza normativa all ‘ interrogatorio previsto dall ‘ art. 294 cod. proc. pen.».
Così argomentando, la difesa trascura che, nel caso di specie, a sostegno della richiesta di convalida del fermo e della richiesta cautelare, non erano stati trasmessi al Giudice tutti gli atti di indagine, ma soltanto la menzionata relazione conclusiva priva di allegati, sicché solo su questa relazione il Giudice poteva fondare le proprie valutazioni.
Non è controverso che di questa relazione la difesa abbia preso visione: lo conferma il fatto che, in sede di convalida, il difensore ne ha sottolineato l ‘incompletezza dolendosi del la mancanza degli allegati.
3.1. A i sensi dell’art. 293, comma 3, cod. proc. pen., l ‘ interrogatorio previsto dall ‘ art. 294 cod. proc. pen. (che deve svolgersi nei cinque giorni successivi all ‘ esecuzione della custodia in carcere o nei dieci giorni successivi all ‘ esecuzione di altra misura coercitiva) deve essere preceduto dal deposito dell ‘ ordinanza cautelare, della richiesta del pubblico ministero e degli atti presentati a sostegno della richiesta (deposito del quale deve essere dato avviso al difensore). Non è
così, invece, nell ‘ udienza di convalida, in ragione della ristrettezza dei tempi entro i quali tale udienza deve essere celebrata. Nondimeno, l ‘ art. 294, comma 1, cod. proc. pen. stabilisce che l’interrogatorio successivo all’applicazione della misura cautelare non è necessario se a questo adempimento si è già proceduto nel corso dell ‘ udienza di convalida dell ‘ arresto o del fermo di indiziato di delitto. Ciò rende evidente che i due interrogatori (quello successivo all’esecuzione della misura e quello che ha luogo nell’udienza di convalida) hanno effetti equivalenti e sono destinati a svolgere, nella dinamica del procedimento cautelare, le medesime finalità di garanzia. Se ne desume che, in entrambi i casi, l ‘ indagato deve essere messo in condizione di esercitare «un identico diritto di difendersi ratione cognita » (così testualmente Sez. U. n.36212/10 – pag. 10 della motivazione) ed è per questo che, in entrambi i casi, il difensore deve poter prendere visione della richiesta del PM e degli atti posti a sostegno della stessa.
L’affermazione di questi principi, consolidati nella giurisprudenza di legittimità, non comporta, tuttavia (e nel presente ricorso questo punto è dirimente), che la difesa abbia diritto a prendere visione di atti diversi rispetto a quelli che il giudice ha ricevuto. Nel valutare la gravità del quadro indiziario, infatti, il giudice della convalida può tenere conto soltanto degli atti che il PM gli ha trasmesso e non potrebbe procedere alla convalida del fermo né all ‘ applicazione di misure cautelari sulla base di indizi la cui sussistenza fosse stata apoditticamente sostenuta senza produrre gli atti di indagine dai quali quegli indizi sono stati desunti.
3.2. Nel caso oggetto del presente ricorso, il G.i.p. di Palmi ha ritenuto sussistente un grave quadro indiziario sulla base del contenuto della informativa predisposta dalla PG a conclusione delle indagini ancorché la stessa fosse priva degli allegati. Il difensore non si duole che la misura sia stata applicata dal G.i.p. senza prendere visione degli allegati e neppure sostiene che nel provvedimento cautelare il Giudice abbia fatto riferimento ad atti diversi dalla informativa che gli era stata trasmessa. Si duole, invece, di non aver potuto esaminare, oltre all’informativa , anche gli allegati. Sostiene, dunque, che l’interrogatorio al quale il G.i.p. ha proceduto nel corso dell’udienza di convalida, sarebbe affetto da nullità perché il difensore non è stato messo in condizione di esaminare atti di indagine dei quali era nota l’esistenza (perché erano citati nel provv edimento di fermo), ma che il PM non aveva posto a sostegno delle proprie richieste.
Poiché formulato in questi termini, il motivo è manifestamente infondato. Il Giudice, infatti, non può mettere a disposizione della difesa atti che non gli sono stati trasmessi e d è evidente che, nell’udienza di convalida, il contraddittorio si deve instaurare solo sugli atti che il pubblico ministero ha posto a fondamento delle proprie richieste.
A queste considerazioni si deve aggiungere che non è noto se gli allegati non trasmessi avrebbero potuto essere determinanti nell’indurre il Giudice a una decisione diversa e la difesa non prova neppure a sostenere che una tale situazione si sia verificata.
Non ha maggior pregio l ‘ argomento, illustrato alle pagine 4 e 5 dell ‘ atto di ricorso, secondo il quale, per ritenere utilizzabile l ‘ esito delle attività di captazione, il G.i.p. di Palmi avrebbe dovuto poter verificare il contenuto dei provvedimenti autorizzativi e valutarne «la regolarità». A questo proposito è sufficiente ricordare che, per giurisprudenza costante, la mancata allegazione, a corredo della richiesta di applicazione di misure cautelari, dei decreti autorizzativi delle operazioni di intercettazione non determina l ‘ inutilizzabilità degli esiti delle stesse. Come è stato condivisibilmente affermato, infatti: «In tema di intercettazioni telefoniche, la mancata allegazione, da parte del pubblico ministero, dei relativi decreti autorizzativi a corredo della richiesta di applicazione della misura cautelare e la successiva omessa trasmissione degli stessi al tribunale del riesame, a seguito di impugnazione del provvedimento coercitivo, non determina l ‘ inefficacia della misura ex art. 309, comma 10, cod. proc. pen., né l ‘ inutilizzabilità delle captazioni, che consegue, invece, all ‘ adozione dei decreti fuori dei casi consentiti dalla legge o in violazione delle disposizioni di cui agli artt. 267 e 268 cod. proc. pen., obbligando, purtuttavia, il tribunale ad acquisire tali provvedimenti a garanzia del diritto di difesa della parte che ne abbia fatto richiesta ai fini del controllo circa la loro sussistenza e legittima adozione» (Sez. 4, n. 26297 del 15/05/2024, C., Rv. 286817; nello stesso senso: Sez. 1, n. 823 del 11/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269291).
Alle considerazioni svolte si deve aggiungere che il G.i.p. presso il Tribunale di Palmi, ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere perché ha ritenuto «sussistenti ragioni di urgenza», ma si è dichiarato incompetente e ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo. Ne consegue che la misura cautelare disposta con l ‘ ordinanza del 13 febbraio 2024 era destinata ad operare per un massimo di venti giorni, doveva essere rinnovata ai sensi dell ‘ art. 27 cod. proc. pen. e, ad oggi, non è più produttiva di effetti.
In questa situazione, la difesa avrebbe dovuto dedurre un interesse attuale e concreto alla dichiarazione di nullità dell ‘ interrogatorio e alla conseguente dichiarazione di nullità dell ‘ ordinanza cautelare del 13 febbraio 2025, ma non lo ha fatto, sicché dell ‘ ammissibilità del ricorso si può dubitare anche sotto questo profilo.
6. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell ‘ art. 616 cod. proc. pen., l ‘onere di versare la somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 10 settembre 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME