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Accesso abusivo sistema informatico: il caso del P.U.

La Corte di Cassazione conferma la condanna per accesso abusivo a sistema informatico nei confronti di un pubblico ufficiale che consultava la banca dati del Pubblico Registro Automobilistico (PRA) per fornire informazioni a un investigatore privato. La sentenza chiarisce che l’accesso, seppur effettuato con credenziali legittime, è illecito se compiuto per finalità estranee alla funzione pubblica, configurando uno sviamento di potere. Viene inoltre confermata l’aggravante legata al servizio di pubblico interesse.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Accesso Abusivo a Sistema Informatico: Quando la Finalità Privata Rende Illecito l’Uso delle Credenziali

Un recente pronunciamento della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di reati informatici: l’accesso abusivo a sistema informatico si configura anche quando un pubblico ufficiale, pur utilizzando le proprie credenziali, agisce per scopi privati e non istituzionali. La sentenza analizza il caso di un operatore di polizia giudiziaria che consultava il Pubblico Registro Automobilistico (PRA) per conto di un investigatore privato, suo informatore.

I Fatti del Processo

La vicenda giudiziaria ha come protagonisti un agente di polizia giudiziaria e un investigatore privato. L’agente, in virtù del suo ruolo e delle sue credenziali, accedeva ripetutamente alla banca dati del Pubblico Registro Automobilistico. Tuttavia, tali accessi non erano finalizzati a indagini di polizia, ma a soddisfare le richieste dell’investigatore privato, al quale venivano comunicati gli esiti delle ricerche.

In sostanza, l’agente utilizzava uno strumento pubblico per fornire un servizio a un privato, bypassando le procedure ordinarie che prevedono un corrispettivo per la consultazione del PRA da parte dei cittadini. L’investigatore, a sua volta, era un informatore dell’agente. Questa collaborazione è stata utilizzata dalla difesa per tentare di giustificare la condotta, sostenendo che rientrasse in una prassi consolidata di scambio informativo.

Sia il tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno condannato entrambi i soggetti per concorso in accesso abusivo a sistema informatico, aggravato dal fatto che il sistema violato fosse di pubblico interesse.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato i ricorsi di entrambi gli imputati, confermando integralmente le sentenze di condanna. I giudici hanno chiarito in modo inequivocabile la portata dell’art. 615-ter del codice penale, che disciplina il reato di accesso abusivo a sistema informatico.

Lo Sviamento di Potere come Elemento del Reato

Il punto centrale della decisione riguarda la natura “abusiva” dell’accesso. La Corte ha ribadito, richiamando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite, che l’abuso non consiste solo nella violazione tecnica delle misure di sicurezza o nell’uso di credenziali altrui. Si ha abuso anche quando il soggetto, pur legittimato ad accedere, lo fa per finalità estranee e contrastanti con quelle per cui gli è stato conferito il potere.

Nel caso specifico, l’agente di polizia aveva il potere di accedere al PRA per scopi investigativi legati al suo ufficio. Utilizzare tale potere per fornire informazioni a un privato, anche se un informatore, rappresenta un classico esempio di sviamento di potere. La finalità perseguita era privata e non pubblica, il che ha reso l’accesso illecito.

L’Aggravante del Sistema di Pubblico Interesse

La difesa aveva contestato anche la sussistenza dell’aggravante, sostenendo che il PRA, contenendo dati pubblici, non potesse essere considerato un sistema di “pubblico interesse” ai sensi della norma. La Cassazione ha respinto anche questa tesi.

I giudici hanno spiegato che l’interesse pubblico non deriva dalla natura riservata dei dati, ma dalla funzione che il sistema svolge per la collettività. Il PRA è un registro nazionale che garantisce la pubblicità delle vicende giuridiche dei veicoli, un servizio essenziale per l’intera comunità. Pertanto, la sua destinazione a una collettività indeterminata di soggetti lo qualifica come sistema di pubblico interesse, giustificando l’applicazione dell’aggravante.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una rigorosa interpretazione della legge, volta a proteggere non solo la riservatezza dei dati, ma anche il corretto funzionamento della Pubblica Amministrazione. L’accesso a una banca dati pubblica è uno strumento di lavoro, non un beneficio personale. La sentenza chiarisce che la liceità dell’accesso deve essere valutata non solo sotto il profilo formale (titolarità delle credenziali), ma anche sostanziale (la finalità perseguita). L’agente, offrendo l’accesso gratuito al PRA come “corrispettivo” per le informazioni ricevute dall’investigatore, ha disposto di una risorsa pubblica per un interesse privato, integrando così la condotta abusiva. La consapevolezza dell’investigatore, che richiedeva le informazioni per il proprio interesse privato, lo ha reso concorrente nel reato.

Le conclusioni

Questa sentenza invia un messaggio chiaro a tutti i pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio: le credenziali di accesso ai sistemi informatici della Pubblica Amministrazione devono essere utilizzate esclusivamente per le finalità istituzionali. Qualsiasi deviazione verso scopi privati, anche se apparentemente innocua o giustificata da prassi informali, può integrare il grave reato di accesso abusivo. La decisione rafforza inoltre il principio di legalità e trasparenza, sottolineando che le risorse pubbliche non possono essere gestite in modo discrezionale per favorire interessi particolari.

Un pubblico ufficiale commette reato se accede a un sistema informatico con le proprie credenziali per scopi non legati al suo lavoro?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’accesso è abusivo se effettuato per finalità estranee a quelle istituzionali, anche se si utilizzano le proprie credenziali. Ciò che conta è lo sviamento di potere, cioè l’uso della funzione pubblica per un interesse privato.

Il rapporto di collaborazione con un informatore può giustificare l’accesso a una banca dati per fornirgli informazioni?
No. La sentenza chiarisce che la gestione del rapporto con un informatore non può legittimare l’uso di poteri pubblici, come l’accesso a banche dati, a titolo di corrispettivo o favore, specialmente se ciò permette di eludere un servizio pubblico a pagamento.

Perché il Pubblico Registro Automobilistico (PRA) è considerato un sistema di ‘pubblico interesse’ ai fini dell’aggravante?
Secondo la Corte, l’interesse pubblico del PRA non dipende dalla segretezza dei dati, ma dalla sua funzione. Essendo un sistema destinato a fornire un servizio di pubblicità legale a tutta la collettività, è ontologicamente un servizio di pubblico interesse, rendendo più grave l’accesso abusivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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