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Accertamenti tecnici irripetibili: no difese nei rilievi

Una società impugnava un’ordinanza di sequestro preventivo, lamentando la mancata applicazione delle garanzie difensive durante il prelievo di campioni, ritenuti accertamenti tecnici irripetibili. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ragioni: in primo luogo, un vizio procedurale legato alla mancanza di una procura speciale al difensore; in secondo luogo, nel merito, ha ribadito che il semplice campionamento di rifiuti rientra nella categoria dei “rilievi” e non degli “accertamenti tecnici”, non richiedendo quindi le garanzie difensive previste dall’art. 360 c.p.p., salvo casi eccezionali di particolare complessità tecnica non dimostrati nel caso di specie.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Accertamenti Tecnici Irripetibili: la Cassazione traccia il confine con i semplici rilievi

Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre un’importante occasione per approfondire la distinzione tra “rilievi” e accertamenti tecnici irripetibili nel contesto delle indagini preliminari. La decisione chiarisce quando è necessario garantire il contraddittorio difensivo durante operazioni come il prelievo di campioni e quali sono i requisiti formali per impugnare un provvedimento di sequestro per conto di una società. Il caso esaminato riguarda il sequestro di un impianto e di alcuni automezzi, contestato da una società che lamentava l’illegittimità dei prelievi di campioni di rifiuti, eseguiti a suo dire senza le garanzie previste dalla legge.

I Fatti di Causa

Il Tribunale del riesame di Vibo Valentia aveva confermato un’ordinanza di sequestro preventivo emessa dal GIP nei confronti di un sito aziendale e dieci automezzi di proprietà di una società operante nel settore ecologico. La società, ritenendo lesi i propri diritti, proponeva ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali.

Il primo motivo denunciava la violazione delle norme procedurali (artt. 354, 355 e 360 c.p.p.), sostenendo che il prelievo di campioni e le successive analisi di laboratorio avrebbero dovuto essere classificati come accertamenti tecnici irripetibili. Di conseguenza, tali operazioni avrebbero richiesto l’attivazione delle garanzie difensive, come il preavviso all’indagato per consentirgli di nominare un proprio consulente tecnico. Il Tribunale, invece, aveva qualificato l’attività come un semplice “rilievo” urgente, non soggetto a tali garanzie.

Il secondo motivo contestava la sussistenza del periculum in mora, ovvero il concreto pericolo che la libera disponibilità dei beni potesse aggravare il reato. Secondo la difesa, mancava un nesso di strumentalità tra i beni sequestrati e il reato contestato, così come un rischio oggettivo di reiterazione.

L’Analisi della Corte: Rilievi vs Accertamenti Tecnici Irripetibili

La Corte di Cassazione, prima di dichiarare l’inammissibilità del ricorso per un vizio di forma, si sofferma sul merito della questione principale, offrendo una chiara lezione sulla differenza tra “rilievi” e accertamenti tecnici irripetibili. La giurisprudenza costante, richiamata nella sentenza, definisce i “rilievi” come attività di mera osservazione, individuazione e acquisizione di dati materiali. Al contrario, gli “accertamenti” implicano uno studio critico, un’elaborazione valutativa o un giudizio basato su competenze tecnico-scientifiche.

Il prelievo di un campione, secondo la Corte, rientra ontologicamente nella categoria dei “rilievi”, in quanto è un’attività finalizzata all’apprensione di un dato materiale. Solo in casi eccezionali, quando l’operazione di prelievo stessa richiede competenze specialistiche e valutazioni complesse (ad esempio, per la scelta del metodo o per garantire la rappresentatività del campione in contesti particolarmente delicati), essa può assurgere alla dignità di operazione tecnica garantita. Nel caso di specie, la società ricorrente non aveva adeguatamente argomentato perché il campionamento dei rifiuti richiedesse tali “speciali competenze tecniche”, rendendo la sua doglianza generica.

Il Difetto di Rappresentanza: un Vizio Procedurale Dirimente

Il ricorso è stato dichiarato inammissibile in via preliminare per un motivo formale: il difetto del potere di rappresentanza. La Corte ha ribadito un principio consolidato: quando il difensore di un indagato agisce anche per conto della società terza proprietaria dei beni sequestrati, non è sufficiente la mera nomina difensiva. È necessaria una “procura speciale”, un atto specifico che conferisca al legale il potere di impugnare per conto dell’ente. La mancanza di tale procura, o la sua mancata allegazione al ricorso, comporta un difetto di legittimazione del difensore e, di conseguenza, l’inammissibilità dell’impugnazione.

Le motivazioni

La Corte Suprema ha basato la sua decisione su una duplice argomentazione. Dal punto di vista procedurale, ha rilevato l’assenza di una procura speciale conferita dalla società al difensore, un requisito indispensabile per impugnare un provvedimento cautelare reale per conto di un ente terzo interessato. Questo vizio è stato considerato assorbente e sufficiente a determinare l’inammissibilità del ricorso.

Tuttavia, la Corte ha voluto esaminare anche il merito dei motivi, giudicandoli manifestamente infondati. Sul primo punto, ha chiarito che il prelievo di campioni costituisce, di regola, un’attività di “rilievo” (art. 354 c.p.p.), non un “accertamento tecnico” (art. 360 c.p.p.). Quest’ultimo presuppone un’attività valutativa complessa che non è intrinseca al semplice campionamento. Pertanto, l’assenza delle garanzie difensive non ha comportato alcuna inutilizzabilità. Inoltre, ha sottolineato che nei ricorsi avverso misure cautelari reali è possibile denunciare solo la violazione di legge, non vizi di motivazione come l’erronea valutazione delle prove o il travisamento del fatto. Sul secondo motivo, relativo al periculum, la Corte ha ritenuto che la motivazione del Tribunale del riesame, che desumeva il pericolo di reiterazione dall’esistenza di una “struttura organizzativa collaudata”, fosse logica e non meramente apparente, e quindi non sindacabile in sede di legittimità.

Le conclusioni

La sentenza consolida due importanti principi. In primo luogo, riafferma la necessità di una procura speciale per il difensore che intenda agire in giudizio per conto di una persona giuridica, anche se questa è rappresentata legalmente dal suo assistito. Un errore formale di questo tipo può precludere l’accesso alla giustizia. In secondo luogo, traccia una linea netta tra le attività di indagine che richiedono garanzie difensive e quelle che non le richiedono. Le aziende che subiscono ispezioni e prelievi devono essere consapevoli che, in assenza di una dimostrata complessità tecnica dell’operazione, il semplice campionamento non dà diritto alla partecipazione di un consulente di parte. La decisione invita quindi a una maggiore precisione e specificità nella formulazione dei motivi di ricorso, evitando censure generiche o basate su vizi di motivazione non ammessi in questa sede.

Quando il prelievo di campioni è considerato un “accertamento tecnico irripetibile” che richiede garanzie difensive?
Secondo la sentenza, il prelievo di campioni è di norma un “rilievo” e non un “accertamento tecnico”. Diventa un accertamento tecnico irripetibile, con conseguente obbligo di garanzie difensive, solo in casi particolari in cui l’operazione stessa di prelievo richieda valutazioni, scelte e non comuni competenze tecniche e specialistiche per essere eseguita.

È sufficiente la nomina a difensore dell’indagato per impugnare un sequestro a nome della società proprietaria dei beni?
No. La Corte ha stabilito che il difensore, per poter impugnare un provvedimento di sequestro per conto della società terza proprietaria dei beni, deve essere munito di una procura speciale conferita dall’ente. La sola nomina difensiva dell’indagato, anche se legale rappresentante della società, non è sufficiente.

Come può essere giustificato il “periculum in mora” in un sequestro preventivo?
La sentenza conferma che il pericolo di reiterazione del reato (periculum in mora) può essere desunto dall’esistenza di una “struttura organizzativa il cui funzionamento è ormai collaudato”. Una motivazione che si basa su tale struttura organizzata per giustificare il rischio che il reato venga ripetuto è considerata sufficiente e non meramente apparente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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