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Abuso edilizio: responsabilità del committente

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per abuso edilizio a carico del costruttore e del committente di una veranda abusiva. La Corte ha ritenuto inammissibili i ricorsi, sottolineando che la responsabilità penale non ricade solo sul professionista ma anche sul cliente, il quale ha un dovere di vigilanza e diligenza sull’opera. La sentenza chiarisce che la colpa del committente può essere desunta anche dalla mancata ottemperanza all’ordine di demolizione, che dimostra un concreto interesse alla realizzazione dell’opera illegittima.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Abuso Edilizio: La Responsabilità Condivisa tra Costruttore e Committente

In materia di abuso edilizio, la responsabilità penale non è un’esclusiva di chi materialmente costruisce, ma si estende anche a chi commissiona l’opera. Con la recente sentenza n. 29748/2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: il committente ha un dovere di vigilanza e non può nascondersi dietro la presunta buona fede o l’affidamento cieco nei professionisti incaricati. Questo caso offre un’analisi dettagliata dei confini della colpa sia per il costruttore che per il proprietario dell’immobile.

I Fatti del Caso: La Costruzione di una Veranda Illegittima

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna inflitta dal Tribunale di Agrigento e successivamente confermata dalla Corte di appello di Palermo a tre soggetti, tra cui il costruttore e la proprietaria/committente, per aver realizzato una veranda di circa 105 mq in violazione della normativa urbanistica. L’opera, costituita da una struttura portante in legno lamellare e saldamente ancorata al suolo, era stata edificata sulla base di un permesso di costruire che, secondo i giudici di merito, era illegittimo.

I due principali imputati, il costruttore e la committente, hanno presentato ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui l’intervenuta prescrizione del reato e vizi di motivazione della sentenza d’appello, in particolare riguardo all’attribuzione dell’elemento soggettivo della colpa.

Le Doglianze e l’Analisi della Corte di Cassazione sull’abuso edilizio

I ricorrenti hanno basato le loro difese su più fronti. In primo luogo, hanno sostenuto che il reato fosse ormai estinto per prescrizione. In secondo luogo, hanno lamentato una presunta violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, sostenendo di essere stati accusati per opere in difformità da un permesso e condannati per opere realizzate in forza di un permesso illecito. Infine, hanno contestato la sussistenza della colpa.

La Corte di Cassazione ha respinto tutte le argomentazioni, dichiarando i ricorsi inammissibili.

La Questione della Prescrizione

Sul primo punto, la Corte ha effettuato un nuovo calcolo dei periodi di sospensione della prescrizione, concludendo che il termine non era ancora maturato al momento della pronuncia della sentenza d’appello. Pertanto, l’eventuale prescrizione successiva è stata ritenuta irrilevante a causa dell’inammissibilità dei ricorsi, che impedisce la formazione di un valido rapporto processuale in sede di legittimità.

La Responsabilità Penale per l’abuso edilizio

La Corte ha ritenuto infondata anche la censura sulla presunta mancanza di motivazione. Secondo i giudici, la Corte d’appello aveva adeguatamente spiegato le ragioni per cui l’opera era abusiva, evidenziandone le caratteristiche strutturali e dimensionali che la rendevano incompatibile con la normativa regionale. L’oggetto della contestazione è sempre rimasto il carattere abusivo della veranda, a prescindere dalla sfumatura giuridica (difformità o permesso illegittimo), garantendo così il pieno diritto di difesa.

Le Motivazioni: La Colpa del Costruttore e del Committente

Il cuore della sentenza risiede nell’analisi dell’elemento soggettivo del reato. La Corte ha confermato la valutazione dei giudici di merito, distinguendo le posizioni ma giungendo a una conclusione di colpevolezza per entrambi.

Per il costruttore, titolare di un’impresa edile, la colpa è stata ravvisata nella sua evidente competenza specifica. Data la sua esperienza nel settore, avrebbe dovuto riconoscere, usando l’ordinaria diligenza professionale, la palese contrarietà dell’intervento alla normativa urbanistica regionale.

Per la committente, la Corte ha affermato che, in qualità di proprietaria e beneficiaria dell’opera, avrebbe dovuto “meglio vigilare sull’operato del progettista e del costruttore”. La sua colpa non deriva da una conoscenza tecnica, ma dalla violazione di un generale dovere di diligenza. Un argomento decisivo, secondo la Corte, è stata la sua mancata ottemperanza all’ordine di demolizione successivo all’annullamento del permesso. Questo comportamento è stato interpretato come “evidenza di un concreto ed effettivo interesse alla realizzazione dell’opera abusiva”, consolidando così la sua responsabilità ai sensi dell’art. 29 del Testo Unico dell’Edilizia (d.P.R. 380/2001).

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione della Cassazione rafforza un principio cruciale nella lotta all’abuso edilizio: la responsabilità è diffusa. Il committente non può considerarsi un soggetto passivo e deresponsabilizzato. Affidarsi a un tecnico o a un’impresa non lo esonera da un dovere minimo di diligenza e controllo sulla conformità dell’opera alle leggi. La sentenza sottolinea che l’interesse a mantenere l’opera abusiva, manifestato ad esempio con l’inottemperanza a un ordine di demolizione, diventa un elemento chiave per dimostrare la sua colpevolezza. Chi commissiona un lavoro edilizio deve quindi essere consapevole che la legge gli attribuisce un ruolo attivo nella garanzia della legalità.

Il committente di un’opera è sempre responsabile in caso di abuso edilizio?
Sì, secondo questa sentenza, il committente ha un dovere di diligenza e vigilanza sull’operato dei professionisti. La sua colpa può essere riconosciuta se non usa la dovuta diligenza in relazione alle caratteristiche e dimensioni dell’opera. La mancata ottemperanza a un successivo ordine di demolizione è considerata prova di un suo concreto interesse all’abuso.

Cosa succede se il reato di abuso edilizio si prescrive dopo la sentenza d’appello?
Se il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile, come in questo caso, la prescrizione maturata successivamente alla sentenza di appello diventa irrilevante. L’inammissibilità del ricorso impedisce infatti la costituzione di un valido rapporto processuale e la condanna diventa definitiva.

Cambia qualcosa se un’opera è costruita con un permesso poi risultato illecito invece che in totale assenza di permesso?
Ai fini della responsabilità penale, la Corte ha chiarito che non vi è una differenza sostanziale che leda il diritto di difesa. L’oggetto della contestazione rimane il carattere abusivo dell’opera, e la distinzione tra difformità da un permesso valido e realizzazione tramite un permesso illegittimo non altera il nucleo del fatto-reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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