Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 37245 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 37245 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2024
SENTENZA
sul ricorso di COGNOME NOME, nata a Napoli il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza in data 25/09/2023 del Tribunale di Napoli, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; letta per la ricorrente la memoria dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 25 settembre 2023 il Giudice mOnocratico del Tribunale di Napoli ha rigettato l’istanza di NOME COGNOME volta a ottenere la nullità o inefficacia dell’ordine di demolizione o in subordine la revoca o ancora la demolizione delle sole opere di completamento, atteso che per le opere preesistenti era intervenuta la dichiarazione di prescrizione.
La ricorrente espone in fatto che era stata condannata con Sentenza della Pretura circondariale di Napoli in data 24 marzo 1988, per il reato dell’art. 20 lett. c), legge n. 47 del 1985, per aver realizzato, in assenza dei prescritti titol k-1
abilitativi, un corpo di fabbrica su tre livelli, allo stato grezzo, della superfic mq 300 per piano, nel Comune di Napoli; che con sentenza in data 9 ottobre 1989, divenuta irrevocabile, la Corte di appello di Napoli aveva dichiarato tutti i reat estinti per prescrizione; che con successiva sentenza in data 7 marzo 1994 della Pretura circondariale di Napoli era stata condannata per lo stesso reato in relazione a ulteriori opere abusive; che il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli aveva ingiunto la demolizione delle predette opere nel term ne di novanta giorni; che, nonostante la consulenza tecnica disposta dal PAVV_NOTAIOm. per individuare le opere, la demolizione era stata inspiegabilmente estesa all’intero immobile, sebbene lo stesso non fosse stato attinto dalla sanzione ai seni dell’art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380 del 2001.
In diritto articola un’unica doglianza relativa alla violazione di legge e vizio di motivazione perché per una parte del manufatto era intervenuta la prescrizione sicché residuava solo la parte aggiunta. Sostiene che una diversa interpretazione sarebbe in contrasto con l’art. 6 CEDU.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
Il Giudice dell’esecuzione ha motivato il rigetto dell’istanza di nullità, inefficacia o revoca dell’ordine di demolizione in ragione della abusiVità di tutte le opere realizzate: il manufatto originario non era stato mai sanato per cui gli interventi successivi avevano protratto la condizione di illegittimità delle opere.
La decisione è corretta e in linea con la giurisprudenza di legittimità.
L’art. 31, comma 9, del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede che «Per le opere abusive di cui al presente articolo …», cioè per gli interventi eseguiti in assenza d permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, «… il giudice con la sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 44, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita».
L’ordine di demolizione del manufatto abusivo disposto con la sentenza di condanna ha natura di sanzione amministrativa che assolve ad una funzione ripristinatoria del bene leso, non ha finalità punitive e ha carattere reale, con effett sul soggetto che si trova in rapporto con il bene, anche se non è l’autore dell’abuso, con la conseguenza che non può ricondursi alla nozione convenzionale di «pena» nel senso elaborato dalla giurisprudenza della Corte EDU (Sez. 3, n. 3979 del 21/09/2018, dep. 2019, Cerra RAGIONE_SOCIALE, Rv. P_IVA).
Ha poi a oggetto l’edificio nel suo complesso, comprensivb di eventuali aggiunte o modifiche successive all’esercizio dell’azione penale e/o zlla condanna, atteso che l’obbligo di demolizione si configura come un dovere di restitutio in integrum dello stato dei luoghi e, come tale, non può non avere ad oggetto sia il
manufatto abusivo originariamente contestato, sia le opere complementari nonché le superfetazioni successive, sulle quali accessorie e si riversa il carattere abusivo dell’originaria costruzione (tra le tante, Sez. 3, n. 6049 del 27/09/2016, dep. 2017, AVV_NOTAIO, Rv. 268831- 01; di recente, si v. anche Sez. 3, n. 43236 del 11/10/2023, La Menza, non massimata).
E’ stato ripetutamente affermato che qualsiasi intervento effettuato su una costruzione realizzata abusivamente, ancorché l’abuso non sia stato represso, costituisce una ripresa dell’attività criminosa originaria, che integra un nuovo reato, anche se consista in un intervento di manutenzione ordinaria o perché anche tale categoria di interventi edilizi presuppone che l’edificio sul quale si intervien sia stato costruito legittimamente (Sez. 3, n. 48026 del 10/10/2019, Casola, Rv. 277349). Si veda anche Sez. 3, n. 41079 del 20/09/2011, COGNOME,IRv. 251290 01, per cui integra il reato contravvenzionale previsto dall’art. 44, Comma primo, lett. b), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, la prosecuzione dell’attività edilizi vietata in vista dell’ultimazione dei lavori eseguita succesSivamente al dissequestro e alla restituzione dell’immobile abusivo all’indàgato, ciò a prescindere dall’entità degli interventi eseguiti (in applicazione di tale principio l Corte ha disatteso la tesi difensiva secondo cui nessun reato era ipotizzabile in quanto gli interventi eseguiti per l’ultimazione dei lavori non necessitavano del permesso di costruire).
Nelle sentenze gemelle n. 869, 870 e 871 del 14/12/2023, dep. 2024, di cui solo la prima massimata con Rv. 285733-01, questa Sezione, dopo aver ricostruito la disciplina, dato conto degli approdi della giurisprudenza amministrativa, e preso motivatamente le distanze da un unico precedente rimasto isolato Sez. 3, n. 19424 del 09/01/2023, COGNOME, non rnassimato, ha affermato il seguente principio di diritto, peraltro già consolidato nella giurisprudenza: «L’ordine di demolizione conseguente alla sentenza di condanna, previsto dall’art. 31, comma 9, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, pur se relativo ad interventi edilizi di prosecuzione e/o di completamento di un pregresso abuso dichiarato estinto per prescrizione e in relazione al quale il precedente ordine demolitorio era stato revocato, deve comunque essere eseguito sull’immobile considerato nella sua interezza».
Tale impostazione ha avuto ulteriore seguito nelle successive sentenze di questa Sezione, n. 4758 del 20/12/2023, dep. 2024, COGNOME, non mass. e n. 690 del 11/10/2023, dep. 2024, COGNOME, non mass.
In definitiva, l’abuso prescritto non è parificato all’abuo sanato né l’intervenuta sentenza di prescrizione, con la relativa revoca dell’ordine giudiziale di demolizione, determina la formazione di un giudicato favorevole all’imputato e da questi utilmente spendibile. La realizzazione di ulteriori interventi abusivi costituisce la prosecuzione della originaria condotta abusiva commessa attraverso
la sistematica violazione di sigilli. La stessa prospettazione difensiva del completamento (abusivo) delle opere è indicativa della prosecuzione dell’abuso. Per questo motivo, non vi è alcuna violazione dell’art. 6 CEDU, perché, a differenza di quanto argomentato dal difensore, non vi è alcun contrasto con i giudicato, né con le regole del giusto processo né con l’indirizzo nomofilattico formatosi sul punto che è, come detto, opposto a quello invocato.
Il ricorso va, pertanto, rigettato con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod. pr9. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso, il 17 aprile 2024
Il Consigliere estensore