Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 34812 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 34812 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/09/2025
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sui ricorsi di COGNOME NOME, nato a Vibo Valentia il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nata a Vibo Valentia il DATA_NASCITA, avverso la sentenza in data 05/12/2024 della Corte di appello di Catanzaro, visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per prescrizione per COGNOME e l’annullamento senza rinvio per prescrizione per COGNOME, a eccezione che per il reato di violazione di sigilli; il rigetto nel resto del ricorso e letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, la rideterminazione della pena
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 5 dicembre 2024 la Corte di appello di Catanzaro, in riforma della sentenza in data 15 ottobre 2021 del Tribunale di Vibo Valentia, per quanto di interesse, ha ridotto la pena ad NOME COGNOME e, previo riconoscimento dele generiche, a NOME COGNOME, per la realizzazione di opere abusive, consistenti nella costruzione di ventotto pilastri in cemento armato poggianti su un preesistente solaio, senza autorizzazione, in violazione degli art. 31 e 44 d.P.R. n. 380 del 2001 (capo A), 64, 65, 71 e 72 d.P.R. n. 380 del 2001 (capo B) nonchØ 93, 94 e 95 d.P.R. n. 380 del 2001 (capo C), e per la violazione dei sigilli, di cui all’art. 349 cod. pen. (capo D), reato questo ascritto al solo RAGIONE_SOCIALE.
I ricorrenti deducono, con il primo motivo, la violazione di legge perchØ i reati erano prescritti prima della sentenza di appello in quanto il sequestro era stato effettuato il
28 settembre 2017; con il secondo, la violazione di legge perchØ avevano realizzato una pertinenza non soggetta al permesso a costruire, punto devoluto con il motivo di appello, ma non esaminato dalla Corte territoriale; con il terzo, la violazione di legge e il vizio di motivazione per il diniego della causa di non punibilità dell’art. 131bis cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. GLYPHI ricorsi sono manifestamente infondati.
GLYPH1.1.Il primo motivo di ricorso, relativo alla prescrizione, Ł inconsistente.
Il reato di cui all’art. 349 cod. pen. Ł stato accertato come commesso nelle date del 28 e del 29 settembre 2017. Pertanto, la prescrizione matura al 28 settembre e al 29 settembre 2026, in data successiva alla presente decisione, tenuto conto del termine ordinario di sei anni, del termine di un anno e mezzo per l’interruzione e del termine di un anno e mezzo per la sospensione, prevista dall’art. 159 cod. pen., nel testo introdotto dall’art. 1 legge 23 giugno 2017, n. 103 (cosiddetta Riforma Orlando). Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 20989 del 12/12/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 288175 – 01, hanno chiarito che la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all’art. 159 cod. pen. si applica ai reati commessi nel tempo di vigenza della legge stessa, ovvero dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, non essendo stata abrogata con effetti retroattivi dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3, prima, e dalla legge 27 novembre 2021, n. 134, poi, mentre per i reati commessi dall’1 gennaio 2020 si applica la disciplina posta a sistema dalla legge n. 134 del 2021. I reati contravvenzionali di cui ai capi A), B) e C), invece, sono stati accertati come commessi i giorni 27, 28 e 29 settembre 2017, con l’ulteriore precisazione che i lavori erano in corso di esecuzione (così, già nei capi di imputazione). I Giudici di merito hanno accertato che, nonostante il sequestro del 27 settembre, poi convalidato il successivo 5 ottobre, gli imputati avevano proseguito i lavori nei giorni successivi, come da verbali di sopralluogo del 28 e del 29 settembre. La Corte territoriale, investita specificamente della questione, ha affermato che, al momento della sua decisione, non si era maturata alcuna prescrizione, perchØ i lavori erano proseguiti in violazione dei sigilli. I ricorrenti non hanno specificamente contestato tale affermazione, limitandosi a definirla apodittica, nØ hanno contestato i verbali di sopralluogo su cui era basata. Pertanto, la decisione Ł immune da censure sul punto.
La permanenza del reato urbanistico, di cui al capo A), cessa con l’ultimazione dei lavori del manufatto, in essa comprese le rifiniture, ovvero al momento della desistenza definitiva dagli stessi, da dimostrare in base a dati obiettivi ed univoci (tra le piø recenti, Sez. 3, n. 13607 del 08/02/2019, Martina, Rv. 275900 – 01), ciò che nella specie non Ł avvenuto; analogamente, la contravvenzione relativa all’esecuzione di lavori in cemento armato in assenza di un progetto esecutivo e della direzione di un tecnico abilitato, di cui agli art. 71 e 64 d.P.R. n. 380 del 2001 (capo B) ha natura di GLYPHreato permanente, con la conseguenza che il termine di GLYPHprescrizione decorre dal completamento dell’opera o dalla totale sospensione dei lavori a seguito di provvedimento autoritativo ovvero, ancora, dalla desistenza volontaria del soggetto agente, consistente in un comportamento inequivoco di definitiva cessazione della condotta antigiuridica (tra le piø recenti, Sez. 3, n. 9275 del 18/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275140 – 01), prove liberatorie non offerte nel giudizio; invece, la contravvenzione di cui all’art. 95 d.P.R. n. 380 del 2001, che ha ad oggetto l’omessa denuncia dei lavori e la presentazione dei progetti e l’inizio dei lavori senza previa autorizzazione, in violazione degli obblighi sanciti dagli art. 93 e 94 d.P.R. citato, costituisce fattispecie “a consumazione prolungata”, avente natura di reato permanente, la cui
consumazione perdura in ragione del protrarsi dell’offesa al bene tutelato della pubblica incolumità e cessa con l’adempimento dei suddetti obblighi di legge, da parte dell’interessato, ovvero con l’ultimazione RAGIONE_SOCIALE opere (Sez. 3, n. 19871 del 18/03/2025, Aliquò, Rv. 288104 – 01), condizioni non verificate.
1.2. Il secondo motivo, relativo all’accertamento di responsabilità con riguardo alla qualificazione dell’opera abusiva come pertinenza, Ł generico. Già nel motivo di appello, i ricorrenti si erano limitati a sostenere che i pilastri, siccome realizzati su un solaio preesistente, dovevano essere considerati una pertinenza, per la quale non era necessario il permesso a costruire. Nulla hanno allegato in ordine alle ridotte dimensioni dell’opera, anche rispetto all’opera principale, nØ si sono confrontati con il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo cui, ai fini della nozione di pertinenza, l’opera, non solo non deve superare il 20% del volume dell’edificio principale, ma dev’essere oggettivamente di dimensioni ridotte (Sez. 3, n. 342 del 25/10/2018, dep. 2019, Montanari, Rv. 275385 – 01). Nel caso in esame, gli imputati hanno realizzato ventotto pilastri della dimensione di cm 30×60, poggianti su un solaio preesistente di metri 25×16,20 circa, e i Giudici di merito hanno implicitamente ritenuto l’opera non di ridotte dimensioni. Ben vero, la
Corte di appello non ha risposto allo specifico motivo, ma, in tema di GLYPHmotivazione della sentenza, Ł necessario che il giudice indichi le emergenze processuali determinanti per la formazione del proprio convincimento, così da consentire l’individuazione dell’iter logicogiuridico che ha condotto alla soluzione adottata, essendo irrilevante il silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame ove essa sia disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, posto che non Ł necessaria l’esplicita confutazione RAGIONE_SOCIALE specifiche tesi difensive disattese, ma Ł sufficiente una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione GLYPHimplicita di tale deduzione, senza lasciare spazio a una valida alternativa (tra le piø recenti, Sez. 3, n. 3239 del 04/10/2022, dep. 2023, T., Rv. 284061 – 01).
1.3. La Corte di appello non ha risposto neanche allo specifico motivo di appello relativo all’applicazione dell’art. 131bis cod. pen. Ma, analogamente, si evidenzia un implicito rigetto, come già spiegato non censurabile, in conseguenza dell’accertamento di un fatto grave, quale la realizzazione di un’opera abusiva di rilevanti dimensioni, in violazione sia della normativa urbanistica che antisismica e, per il La COGNOME, anche in violazione dei sigilli (si vedano, in termini, Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, Lakrafy, Rv. 284096 – 01 e Sez. 4, n. 27595 del 11/05/2022, Omogiate, Rv. 283420 – 01). NØ, d’altra parte, il motivo di appello riprodotto nel terzo motivo di ricorso per cassazione Ł in sØ significativo, essendosi limitati i ricorrenti a richiamare l’assenza di precedenti penali e il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE generiche nonchØ a utilizzare mere formule di stile per la particolare tenuità del fatto. E’ pacifico in giurisprudenza che il giudizio sulla tenuità, nella prospettiva delineata dall’art. 131bis cod. pen., richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., RAGIONE_SOCIALE modalità della condotta, del grado di colpevolezza e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U., n 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590). Non Ł, tuttavia, necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 7, n. 10481 del 19/01/2022, COGNOME, Rv. 283044-01 e Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647 – 01), il che comporta, per converso, che basta anche un solo elemento, purchØ decisivo, quale a esempio la gravità del fatto, per escludere tale causa di proscioglimento (Sez. 3, n. 34151 del 18/06/2018, Foglietta, Rv. 273678 – 01). Anche il terzo motivo di ricorso va, pertanto, disatteso.
Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che i ricorsi
debbano essere dichiarati inammissibili, con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi Ł ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza ‘versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’, si dispone che i ricorrenti versino la somma determinata, in ragione della consistenza della causa di inammissibilità dei ricorsi, in via equitativa, di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Così deciso, il 25 settembre 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME