LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Abuso edilizio: no fiscalizzazione per opere senza permesso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso degli eredi di una persona condannata per un abuso edilizio, i quali chiedevano di sostituire la demolizione con una sanzione pecuniaria (fiscalizzazione). La Corte ha ribadito che tale procedura è applicabile solo in caso di parziale difformità da un permesso esistente e non per immobili costruiti in totale assenza di titolo abilitativo, anche se una parte è stata successivamente sanata.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Abuso Edilizio: La Fiscalizzazione Non Salva l’Immobile Senza Permesso

Affrontare le conseguenze di un abuso edilizio è una questione complessa, specialmente quando si eredita un immobile gravato da un ordine di demolizione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la cosiddetta “fiscalizzazione”, ovvero la possibilità di sostituire la demolizione con una sanzione pecuniaria, non è una via d’uscita per chi ha costruito in totale assenza di un permesso. Analizziamo insieme questo caso per capire le ragioni della Corte e le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Tutto ha origine da una sentenza di condanna, divenuta irrevocabile nel 1990, nei confronti della proprietaria originaria di un immobile per averlo realizzato senza alcun titolo abilitativo. La condanna includeva l’ordine di demolizione del manufatto. Anni dopo, gli eredi della donna, nel frattempo deceduta, hanno avviato un incidente di esecuzione presso il Tribunale di Trapani chiedendo la revoca di tale ordine. Il Tribunale ha respinto la loro richiesta, spingendoli a ricorrere in Cassazione.

I Motivi del Ricorso: L’abuso edilizio e la tesi della fiscalizzazione

I ricorrenti basavano la loro difesa su due argomenti principali. In primo luogo, sostenevano l’applicabilità dell’art. 34 del d.P.R. 380/2001, che disciplina la “fiscalizzazione dell’abuso”. A loro avviso, l’immobile non doveva essere considerato interamente abusivo, ma solo in “parziale difformità”. Questo perché, nel tempo, avevano ottenuto una concessione in sanatoria per il piano terra dell’edificio. Di conseguenza, la demolizione della restante parte (il piano seminterrato) non era più giustificata e doveva essere sostituita da una sanzione economica. In secondo luogo, lamentavano che il Tribunale non avesse considerato le dichiarazioni di un funzionario comunale, secondo cui l’immobile avrebbe potuto ottenere i necessari nulla osta paesaggistici, poiché il vincolo era stato apposto dopo la sua costruzione.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, fornendo una motivazione chiara e in linea con il suo orientamento consolidato. I giudici hanno sottolineato che la procedura di fiscalizzazione si applica esclusivamente alle opere realizzate in “parziale difformità” rispetto a un permesso di costruire regolarmente rilasciato. Questa norma è pensata per quelle situazioni in cui la demolizione della parte abusiva rischierebbe di compromettere la stabilità e l’integrità della parte legittimamente costruita.

Nel caso di specie, era pacifico che l’intero immobile fosse stato edificato originariamente in totale assenza di titoli abilitativi. La condanna del 1990 riguardava un abuso edilizio totale, non una semplice difformità. La successiva sanatoria ottenuta per una porzione dell’immobile (il piano terra) non può trasformare la natura dell’abuso originario da totale a parziale. La Corte ha chiarito che la fiscalizzazione non è applicabile a nuove unità abitative che comportano un aumento di volume e superficie, né tantomeno a fabbricati nati completamente illegali.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio cruciale in materia di edilizia: non si può invocare la fiscalizzazione per sanare un abuso edilizio commesso in assenza di qualsiasi permesso originario. La sanatoria a posteriori di una parte dell’edificio non cancella l’illiceità iniziale della costruzione nel suo complesso. Questa decisione serve da monito: la legge distingue nettamente tra chi costruisce con un permesso, discostandosene parzialmente, e chi costruisce senza alcun titolo. Per quest’ultima categoria, la demolizione rimane la conseguenza principale prevista dall’ordinamento, e la possibilità di sostituirla con una sanzione pecuniaria è preclusa.

È possibile sostituire un ordine di demolizione con una sanzione pecuniaria (fiscalizzazione) se l’immobile è stato costruito interamente senza permesso?
No, la sentenza chiarisce che la procedura di fiscalizzazione è prevista solo per le opere realizzate in parziale difformità da un permesso di costruire esistente. Non si applica agli immobili costruiti in totale assenza di titoli abilitativi.

Una sanatoria ottenuta successivamente per una parte dell’immobile abusivo permette di applicare la fiscalizzazione al resto della struttura?
No. Secondo la Corte, il fatto che una parte dell’edificio sia stata sanata in un momento successivo non cambia la natura originaria dell’abuso, che rimane totale. Di conseguenza, non è possibile invocare la fiscalizzazione per la parte non sanata.

Cosa si intende per “parziale difformità” ai fini dell’applicazione della fiscalizzazione dell’abuso edilizio?
Per parziale difformità si intendono opere realizzate in modo non conforme a un permesso di costruire regolarmente rilasciato, a condizione che non si tratti di nuove unità abitative o di aumenti di volume e superficie. È il caso, ad esempio, di modifiche interne o variazioni di prospetto non essenziali rispetto al progetto approvato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati