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Abuso edilizio: no al 131-bis se non è lieve

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per un abuso edilizio in area a vincolo paesaggistico. La Corte ha confermato che l’illecito non poteva essere considerato di particolare tenuità, data la natura dell’opera e il contesto. È stata inoltre ribadita la legittimità di subordinare la sospensione condizionale della pena alla demolizione del manufatto per ripristinare sia la legalità edilizia sia il paesaggio protetto.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Abuso Edilizio: Quando non si Applica la Particolare Tenuità del Fatto

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha chiarito importanti principi in materia di abuso edilizio, specialmente riguardo l’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e la legittimità di subordinare la sospensione della pena alla demolizione. Questa ordinanza offre spunti fondamentali per comprendere i limiti della tolleranza legale verso gli illeciti urbanistici, soprattutto in contesti di pregio ambientale.

I fatti del caso

Il caso ha origine dalla condanna di una signora per aver realizzato un manufatto abusivo, in violazione sia delle norme edilizie (D.P.R. 380/2001) sia di quelle a tutela del paesaggio (D.Lgs. 42/2004). La costruzione, nello specifico, consisteva in un nuovo volume chiuso su tre lati, con pavimentazione ancorata e collegato a una struttura preesistente. L’opera era stata realizzata in un’area sottoposta a vincolo ambientale e paesaggistico. Inoltre, l’immobile interessato era oggetto di una procedura esecutiva, rendendo l’abuso un ulteriore ostacolo per la soddisfazione dei creditori.

La Corte d’Appello aveva confermato la condanna a due mesi di arresto e 10.400 euro di ammenda, subordinando il beneficio della sospensione condizionale della pena all’effettiva demolizione dell’opera abusiva. L’imputata ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando due vizi principali: il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto e la carenza di motivazione sulla necessità della demolizione come condizione sospensiva.

La decisione sull’abuso edilizio della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che le censure sollevate dall’imputata non erano altro che una riproposizione di argomenti già valutati e respinti correttamente dalla Corte d’Appello. Il ricorso, infatti, mirava a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione, la quale si limita a un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge.

La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello congrua, logica e ben fondata sulle risultanze processuali, e quindi non criticabile in sede di legittimità.

Le motivazioni della decisione

Il cuore della pronuncia risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha respinto i due punti centrali del ricorso.

Perché l’abuso edilizio non è stato considerato di lieve entità?

La Corte ha confermato la valutazione dei giudici di merito: l’abuso edilizio in questione non poteva essere qualificato come di ‘particolare tenuità’. Diversi fattori sono stati considerati decisivi:

1. Caratteristiche strutturali: Non si trattava di un’opera minima, ma di un ‘volume nuovo chiuso su tre lati’, con una pavimentazione stabile e un collegamento alla struttura principale, indicando un intervento non trascurabile.
2. Contesto paesaggistico: La realizzazione in un’area sottoposta a vincolo ambientale-paesaggistico aggrava la condotta, poiché lede un bene giuridico di rilevanza costituzionale.
3. Contesto immobiliare: L’inserimento dell’opera in un immobile soggetto a procedura esecutiva è stato visto come un fattore aggravante, in quanto creava un ‘problema’ per la tutela dei diritti dei creditori.

La Corte ha sottolineato che argomentazioni basate sulle dimensioni dell’opera o sull’impatto sul carico urbanistico sono questioni di merito, non valutabili in Cassazione.

La demolizione come condizione per la sospensione della pena

Anche sul secondo punto, la Corte ha validato la decisione d’appello. La demolizione del manufatto non era solo una misura per eliminare le conseguenze del reato edilizio, ma anche uno strumento essenziale per tutelare il bene protetto dalla norma paesaggistica. La remissione in pristino dello stato dei luoghi è stata giudicata necessaria per una tutela completa ed effettiva del paesaggio. La Corte ha quindi respinto la censura di carenza di motivazione, ritenendo la scelta dei giudici di merito corretta e condivisibile.

Conclusioni e implicazioni pratiche

L’ordinanza della Cassazione ribadisce un principio di rigore nella lotta all’abuso edilizio, specialmente quando questo avviene in zone di particolare pregio ambientale. La decisione chiarisce che la ‘particolare tenuità del fatto’ non può essere invocata meccanicamente, ma richiede una valutazione complessiva che tenga conto della natura dell’opera, del contesto e dell’offesa arrecata ai beni giuridici protetti. Inoltre, viene confermata la piena legittimità dell’ordine di demolizione come condizione per la sospensione della pena, uno strumento potente per garantire il ripristino effettivo della legalità violata e la tutela del territorio.

Quando un abuso edilizio non può essere considerato di ‘particolare tenuità’ secondo l’art. 131-bis c.p.?
Un abuso edilizio non è considerato di particolare tenuità quando presenta caratteristiche strutturali rilevanti (come un nuovo volume), è realizzato in un’area soggetta a vincolo paesaggistico, o quando si inserisce in un contesto particolare, come un immobile sotto procedura esecutiva, creando ulteriori complicazioni giuridiche.

Perché la demolizione del manufatto può essere imposta come condizione per la sospensione della pena?
La demolizione viene imposta non solo per eliminare le conseguenze del reato edilizio, ma soprattutto per tutelare il bene protetto, come il paesaggio. È considerata una misura necessaria per un ripristino completo dello stato dei luoghi e per garantire una tutela effettiva del territorio violato.

Per quale motivo un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile in un caso di abuso edilizio?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se, invece di contestare errori nell’applicazione della legge, si limita a riproporre le stesse argomentazioni di merito già respinte nei gradi precedenti, chiedendo di fatto alla Corte di Cassazione una nuova valutazione dei fatti, compito che non le spetta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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