Abuso Edilizio: Quando non si Applica la Particolare Tenuità del Fatto
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha chiarito importanti principi in materia di abuso edilizio, specialmente riguardo l’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e la legittimità di subordinare la sospensione della pena alla demolizione. Questa ordinanza offre spunti fondamentali per comprendere i limiti della tolleranza legale verso gli illeciti urbanistici, soprattutto in contesti di pregio ambientale.
I fatti del caso
Il caso ha origine dalla condanna di una signora per aver realizzato un manufatto abusivo, in violazione sia delle norme edilizie (D.P.R. 380/2001) sia di quelle a tutela del paesaggio (D.Lgs. 42/2004). La costruzione, nello specifico, consisteva in un nuovo volume chiuso su tre lati, con pavimentazione ancorata e collegato a una struttura preesistente. L’opera era stata realizzata in un’area sottoposta a vincolo ambientale e paesaggistico. Inoltre, l’immobile interessato era oggetto di una procedura esecutiva, rendendo l’abuso un ulteriore ostacolo per la soddisfazione dei creditori.
La Corte d’Appello aveva confermato la condanna a due mesi di arresto e 10.400 euro di ammenda, subordinando il beneficio della sospensione condizionale della pena all’effettiva demolizione dell’opera abusiva. L’imputata ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando due vizi principali: il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto e la carenza di motivazione sulla necessità della demolizione come condizione sospensiva.
La decisione sull’abuso edilizio della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che le censure sollevate dall’imputata non erano altro che una riproposizione di argomenti già valutati e respinti correttamente dalla Corte d’Appello. Il ricorso, infatti, mirava a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione, la quale si limita a un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge.
La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello congrua, logica e ben fondata sulle risultanze processuali, e quindi non criticabile in sede di legittimità.
Le motivazioni della decisione
Il cuore della pronuncia risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha respinto i due punti centrali del ricorso.
Perché l’abuso edilizio non è stato considerato di lieve entità?
La Corte ha confermato la valutazione dei giudici di merito: l’abuso edilizio in questione non poteva essere qualificato come di ‘particolare tenuità’. Diversi fattori sono stati considerati decisivi:
1. Caratteristiche strutturali: Non si trattava di un’opera minima, ma di un ‘volume nuovo chiuso su tre lati’, con una pavimentazione stabile e un collegamento alla struttura principale, indicando un intervento non trascurabile.
2. Contesto paesaggistico: La realizzazione in un’area sottoposta a vincolo ambientale-paesaggistico aggrava la condotta, poiché lede un bene giuridico di rilevanza costituzionale.
3. Contesto immobiliare: L’inserimento dell’opera in un immobile soggetto a procedura esecutiva è stato visto come un fattore aggravante, in quanto creava un ‘problema’ per la tutela dei diritti dei creditori.
La Corte ha sottolineato che argomentazioni basate sulle dimensioni dell’opera o sull’impatto sul carico urbanistico sono questioni di merito, non valutabili in Cassazione.
La demolizione come condizione per la sospensione della pena
Anche sul secondo punto, la Corte ha validato la decisione d’appello. La demolizione del manufatto non era solo una misura per eliminare le conseguenze del reato edilizio, ma anche uno strumento essenziale per tutelare il bene protetto dalla norma paesaggistica. La remissione in pristino dello stato dei luoghi è stata giudicata necessaria per una tutela completa ed effettiva del paesaggio. La Corte ha quindi respinto la censura di carenza di motivazione, ritenendo la scelta dei giudici di merito corretta e condivisibile.
Conclusioni e implicazioni pratiche
L’ordinanza della Cassazione ribadisce un principio di rigore nella lotta all’abuso edilizio, specialmente quando questo avviene in zone di particolare pregio ambientale. La decisione chiarisce che la ‘particolare tenuità del fatto’ non può essere invocata meccanicamente, ma richiede una valutazione complessiva che tenga conto della natura dell’opera, del contesto e dell’offesa arrecata ai beni giuridici protetti. Inoltre, viene confermata la piena legittimità dell’ordine di demolizione come condizione per la sospensione della pena, uno strumento potente per garantire il ripristino effettivo della legalità violata e la tutela del territorio.
Quando un abuso edilizio non può essere considerato di ‘particolare tenuità’ secondo l’art. 131-bis c.p.?
Un abuso edilizio non è considerato di particolare tenuità quando presenta caratteristiche strutturali rilevanti (come un nuovo volume), è realizzato in un’area soggetta a vincolo paesaggistico, o quando si inserisce in un contesto particolare, come un immobile sotto procedura esecutiva, creando ulteriori complicazioni giuridiche.
Perché la demolizione del manufatto può essere imposta come condizione per la sospensione della pena?
La demolizione viene imposta non solo per eliminare le conseguenze del reato edilizio, ma soprattutto per tutelare il bene protetto, come il paesaggio. È considerata una misura necessaria per un ripristino completo dello stato dei luoghi e per garantire una tutela effettiva del territorio violato.
Per quale motivo un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile in un caso di abuso edilizio?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se, invece di contestare errori nell’applicazione della legge, si limita a riproporre le stesse argomentazioni di merito già respinte nei gradi precedenti, chiedendo di fatto alla Corte di Cassazione una nuova valutazione dei fatti, compito che non le spetta.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30150 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30150 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASTIGLIONE DELLA PESCAIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/09/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Premesso che con sentenza del 22/9/2023 la Corte di appello di Firenze confermava la pronuncia emessa il 14/11/2022 dal Tribunale di Livorno, con la quale NOME COGNOME era stata giudicata colpevole delle contravvenzioni di cui artt. 44, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, 181′ d. Igs. 22 gennaio 2004, n. condannata alla pena di due mesi di arresto e 10.400 euro di ammenda per ciascuno dei reati contestati.
Rilevato che propone ricorso per cassazione l’imputata, contestando, i primo luogo, il vizio di motivazione quanto al diniego della causa di esclusi della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. Ancora, è censurato – per di motivazione – il passo della sentenza con il quale il beneficio della sospen condizionale della pena è stato subordinato alla demolizione del manufatto.
Considerato che il ricorso è inammissibile, perché – riproponendo l medesime censure avanzate alla Corte di appello – tende ad ottenere in ques sede una nuova e non consentita lettura delle stesse emergenze istruttorie esaminate dai Giudici di merito, sollecitandone una valutazione diversa e favorevole invero preclusa alla Corte di legittimità.
Le doglianze, inoltre, trascurano che la Corte di appello – pronunciando proprio sulle questioni qui riprodotte – ha steso una motivazione del tutto cong fondata su oggettive risultanze dibattimentali e non manifestamente illogica; co tale, quindi, non censurabile.
4.1. La sentenza, in particolare, ha evidenziato che l’abuso edilizio non po essere definito come di particolare tenuità, alla luce delle caratteristiche st (volume nuovo chiuso su tre lati, con pavimentazione ancorata e collegamento con la struttura preesistente; realizzato in area sottoposta a vincolo ambien paesaggistico; inserito in un contesto immobiliare sottoposto a procedu esecutiva, così rappresentando un “problema” per la soddisfazione dei creditor tale da escludere l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. Il ricorso, p contesta queste valutazioni con argomenti di puro merito, non consentiti in que sede, richiamando le dimensioni dell’opera e la !:;ua incidenza sul carico urbanist
4.2. Quanto, poi, alla demolizione del manufatto come condizione per l sospensione condizionale della pena, la Corte d’appello – ancora con motivazion che non si presta a censura – ha sottolineato (con il primo Giudice) ch remissione in pristino risultava necessaria non solo per elidere le conseguenze reato edilizio, ma anche per tutelare il bene protetto dalla disposi paesaggistica, in una visione d’insieme giudicata dal Collegio di merito corret condivisibile. Non può essere accolto, pertanto, neppure il secondo motivo impugnazione, che lamenta una carenza di motivazione invero non ravvisabile.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve esser dichiarato inammissibile, condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma d tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.MI.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso in Roma, 21 giugno 2024
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Il Presidente