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Abuso edilizio boschivo: condanna anche senza prova

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per abuso edilizio boschivo. La creazione di piste da esbosco senza autorizzazione è reato, anche se si sostiene di aver solo sistemato tracciati esistenti. Gli indizi come le tracce del mezzo e i danni alla vegetazione sono sufficienti a provare la colpevolezza.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Abuso Edilizio Boschivo: La Difesa “Ma Era Già Così” Non Basta

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di reati ambientali e urbanistici: la mancanza di una prova documentale dello stato dei luoghi prima di un intervento illecito non è sufficiente a scagionare l’imputato. Questo caso di abuso edilizio boschivo dimostra come gli elementi indiziari, se gravi, precisi e concordanti, possano fondare una sentenza di condanna, respingendo la tesi difensiva basata sulla preesistenza delle opere contestate.

I Fatti del Processo

Un imprenditore è stato condannato in primo grado e in appello per aver commesso una serie di reati previsti dal Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. 380/01), dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.Lgs. 42/04) e dal codice penale. L’accusa era di aver realizzato, senza alcuna autorizzazione, strade e piste da esbosco all’interno di un’area boschiva in un comune ligure.

Utilizzando un escavatore di grandi dimensioni, l’uomo aveva causato una trasformazione permanente del suolo, con taglio di alberi, danneggiamento della vegetazione, movimento terra e demolizione di muretti a secco. La condanna prevedeva una pena di quattro mesi di arresto, un’ammenda di oltre 12.000 euro, l’ordine di remissione in pristino dello stato dei luoghi e la confisca del mezzo meccanico.

La Linea Difensiva in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello. La sua difesa si basava su un’argomentazione precisa: pur ammettendo di aver usato l’escavatore, sosteneva di non aver creato nuove strade, ma di essersi limitato a percorrere e sistemare tracciati già esistenti per trasportare legname che era stato autorizzato a tagliare.

Il nucleo centrale delle sue doglianze era l’assenza di prove sullo stato dei luoghi prima del suo intervento. Secondo la difesa, senza tale prova, non era possibile escludere che le modifiche contestate fossero preesistenti o ascrivibili a terzi.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la motivazione della sentenza d’appello logica e coerente. I giudici di legittimità hanno evidenziato come la Corte territoriale avesse correttamente valorizzato una serie di elementi probatori decisivi:

1. Testimonianze e Rilievi: La deposizione di un testimone e i rilievi degli operanti avevano messo in luce “strusciamenti e lacerazioni delle piante” e tracce evidenti sulle piste.
2. Incompatibilità del Mezzo: Le caratteristiche dell’escavatore trovato sul posto sono state ritenute incompatibili con l’ambiente boschivo preesistente. Le sue dimensioni provavano “inconfutabilmente” che i tracciati erano stati realizzati proprio dal suo passaggio.
3. Assenza di Prova Contraria: A fronte di questi indizi, la difesa non ha fornito alcun elemento che dimostrasse la preesistenza dei tracciati.
4. Ammissioni Parziali: Lo stesso imputato aveva ammesso in sede di esame di aver “tagliato piante oltre quelle per le quali era stato autorizzato”, un’ammissione che indeboliva ulteriormente la sua posizione.

La Corte ha inoltre richiamato un principio giurisprudenziale consolidato: qualsiasi intervento su un’opera abusiva, anche una semplice manutenzione, costituisce una ripresa dell’attività criminosa originaria, integrando un nuovo reato.

Le Conclusioni: Cosa Insegna Questa Sentenza sull’Abuso Edilizio Boschivo

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che in materia di abuso edilizio boschivo, la prova della colpevolezza può essere raggiunta anche per via indiziaria. Non è sempre necessario disporre di fotografie aeree o perizie che certifichino lo stato dei luoghi ante operam. Gli effetti visibili dell’azione illecita, come i danni alla vegetazione e le tracce lasciate da mezzi non idonei, possono essere sufficienti a fondare una condanna.

In secondo luogo, la decisione smonta la comune linea difensiva del “ma era già così”. Sostenere di aver semplicemente sistemato un’opera preesistente non esonera da responsabilità, soprattutto se quell’opera era essa stessa abusiva. La legge, infatti, considera anche la manutenzione di un illecito come una prosecuzione del reato. La sentenza, quindi, serve da monito: chi interviene su aree vincolate senza le dovute autorizzazioni lo fa a proprio rischio, e non potrà facilmente nascondersi dietro l’incertezza sullo stato precedente dei luoghi.

È possibile essere condannati per abuso edilizio boschivo se non c’è prova certa dello stato dei luoghi prima dell’intervento?
Sì. Secondo la Corte, la condanna può basarsi su elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, come le tracce lasciate da un escavatore incompatibile con l’ambiente, i danni alla vegetazione e le testimonianze, anche senza una documentazione fotografica o peritale dello stato precedente.

Sistemare una pista da esbosco già esistente ma abusiva è considerato reato?
Sì. La sentenza richiama un principio secondo cui qualunque tipo di intervento su un’opera abusiva, anche se qualificabile come manutenzione ordinaria, costituisce una ripresa dell’attività criminosa originaria e quindi è a sua volta un illecito penale.

Cosa rischia chi viene condannato per questo tipo di reati ambientali ed edilizi?
Oltre a una pena detentiva (in questo caso, l’arresto) e a una sanzione pecuniaria (ammenda), il condannato può essere obbligato a ripristinare lo stato dei luoghi a proprie spese (remissione in pristino) e subire la confisca del mezzo utilizzato per commettere il reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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