Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7989 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 7989 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE parte offesa nel procedimento
c/
COGNOME NOME nata a Milano il 28/06/1967
avverso l’ordinanza del 02/10/2024 del GIUDICE COGNOME di MILANO Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni rassegnate dal Sostituto Procuratore Generale, Dottor Dottor NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato; letta la memora a firma del difensore dell’imputata resistente, Avvocato NOME COGNOME che ha concluso per la d eclaratoria d’inammissibilità del ricorso o comunque per il rigetto dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Giudice di pace di Milano ha dichiarato la nullità del decreto di citazione a giudizio emesso nei confronti di NOME COGNOME chiamata a rispondere del delitto di cui all’art. 595 cod. pen., in ragione dell’indeterminatezza e della genericità del capo d’imputazione. Con lo stesso provvedimento il Giudice ha disposto la restituzione degli atti al Pubblico Ministero.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la parte civile costituita RAGIONE_SOCIALE tramite il difensore e procuratore speciale, chiedendone l’annullamento sulla base di un solo motivo.
Lumeggiato il proprio concreto interesse all’impugnazione, la ricorrente ha dedotto che il provvedimento impugnato sarebbe affetto da abnormità strutturale e funzionale: da abnormità strutturale, perché il Giudice, errando sulla natura della nullità determinata dal difetto del capo d’imputazione, ritenuta assoluta e, quindi, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, piuttosto che relativa e, come tale, neppure tempestivamente dalla difesa dell’imputata, con il restituire gli atti al Pubblico Ministero aveva esercitato il potere di rilevare le invalidità processuali «fuori dei confini segnati dalla legge»; da abnormità funzionale, perché disponendo la regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari, senza neppure previamente sollecitare il Pubblico Ministero ad esercitare i propri poteri integrativi e/o emendativi dell’imputazione, aveva determinato un’insanabile stasi del procedimento, in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Secondo il diritto vivente «È affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite. L’abnormità dell’atto processuale può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché l’atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo» (Sez. U, n. 26 del 24/11/1999, dep. 2000, COGNOME, Rv. 215094; conf. Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590).
Dando seguito a tale indicazione direttiva, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che «È affetto da abnormità il provvedimento con cui il giudice dell’udienza preliminare dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero per genericità o indeterminatezza dell’imputazione, senza avergli previamente richiesto di precisarla, poiché, alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, è configurabile il vizio dell’abnormità in ogni fattispecie di indebita regressione del procedimento in grado di alterarne l’ordinata sequenza logico-cronologica »(Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 238240) e le Sezioni semplici si sono espresse in maniera non univoca in ordine alla questione se il detto principio sia
estensibile al dibattimento: in alcune pronunce è stato, infatti, affermato che «È abnorme, per la sua attitudine a determinare un’indebita regressione del procedimento, l’ordinanza del giudice del dibattimento che, nel caso di genericità o d’indeterminatezza dell’imputazione, restituisce gli atti al pubblico ministero senza preventivamente sollecitarlo ad integrare o precisare la contestazione» (Sez. 2, n. 30440 del 14/03/2024, Rv. 286744), in altre che «In caso di genericità o indeterminatezza del fatto descritto nel capo di imputazione, il giudice del dibattimento deve dichiarare la nullità del decreto che dispone il giudizio, ai sensi dell’art. 429, comma 2, cod. proc. pen. (o del decreto di citazione a giudizio, ai sensi dell’art. 552, comma 2, dello stesso codice), senza alcuna previa sollecitazione, rivolta al pubblico ministero, ad integrare o precisare la contestazione, in quanto non è estensibile alla fase dibattimentale il meccanismo correttivo che consente al giudice dell’udienza preliminare di sollecitare il pubblico ministero alle opportune precisazioni e integrazioni, indicandogli, con ordinanza interlocutoria, gli elementi di fatto e le ragioni giuridiche alla base del rilevato difetto dell’imputazione» (Sez. 5, n. 22140 del 11/03/2022, Rv. 283221; Sez. 2, n. 23545 del 18/04/2019, Rv. 276105).
L’illustrato contrasto interpretativo non rileva, tuttavia, nel caso di specie. Risulta, infatti, dal verbale dell’udienza del 2 ottobre 2024, che il Giudice di pace, prima di dichiarare la nullità del capo d’imputazione per genericità e per indeterminatezza e di restituire gli atti al Pubblico Ministero, ha espressamente invitato le parti ad interloquire sul punto e ne ha raccolto le conclusioni: segnatamente, nel senso dell’adesione del difensore dell’imputata al rilievo di genericità ed indeterminatezza della contestazione ed, invece, nel senso del dissenso espresso dal Pubblico Ministero e dal difensore della parte civile.
Tale decisiva evidenza processuale rende, pertanto inammissibile il ricorso. Consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così è deciso, 14/02/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME