Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21594 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21594 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 08/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/03/2023 del TRIBUNALE di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
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RITENUTO IN Farro
Con ordinanza del 9 marzo 2023, il Tribunale di Napoli, all’esito dell’udienza camerale fissata a seguito di opposizione alla richiesta di archiviazione, ha disposto, ai sensi dell’art. 411, comma 1-bis, cod. proc. pen., l’archiviazione per particolare tenuità del fatto del procedimento nel quale la ricorrente NOME COGNOME era indagata per il reato di cui all’art. 4 legge n. 110 del 1975.
Osservava il Tribunale che:
-il P.M., il 02/07/2020, presentava al GI.P. richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto;
-l’indagata proponeva opposizione;
-all’esito di udienza camerale, il RAGIONE_SOCIALEP., con ordinanza 21/01/2021, rigettava la richiesta di archiviazione, disponendo un supplemento istruttorio;
-il P.M., dopo l’espletamento degli approfondimenti istrut:tori disposti dal G.I.P., il 25/02/2021 reiterava la richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto;
-l’indagata, con atto del 01/07/2021 presentava nuova opposizione;
-il RAGIONE_SOCIALE, con provvedimento del 01/09/2021, emetteva decreto di archiviazione per particolare tenuità del fatto, senza previa fissazione di udienza.
La Difesa dell’indagata proponeva quindi reclamo al Tribunale di Napoli lamentando che il giudice procedente non avesse tenuto contro dell’opposizione alla richiesta di archiviazione, in violazione del principio del contraddittorio.
Il Tribunale, con l’impugnata ordinanza, ha respinto il reclamo osservando come la seconda opposizione si fondasse sulle medesime argomentazioni svolte con la prima richiesta e che, in assenza di nuove deduzioni, il G.I.P. avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’opposizione procedendo de plano senza fissazione di camera di consiglio.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, con atto sottoscritto dal suo difensore AVV_NOTAIO, lamentando l’abnormità del provvedimento gravato, per avere il Tribunale deciso nel merito dell’opposizione proposta.
Con provvedimento eccentrico ed avulso dall’intero ordinamento processuale, il Giudice del reclamo l’aveva dichiarato inammissibile, censurando, nel merito, l’atto di opposizione proposto al G.I.P. (al quale, per mero disguido di cancelleria il secondo atto di opposizione non era stato trasmesso): operando in tal modo il Giudice del reclamo si era sostituito al G.I.P., entrando nel merito della questione, operazione che gli era invece inibita, avendo il reclamo la sola funzione di verifica della legittimità del provvedimento di archiviazione.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, intervenuto con requisitoria scritta ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
È noto come l’art. 410-bis cod. proc. pen., introdotto dall’art. 1, comma 33, legge 23 giugno 2017, n. 103 (che ha contestualmente abrogato il previgente comma 6 dell’art. 409 del medesimo codice), nel ridisegnare i possibili esiti definitori del procedimento di archiviazione, consenta – nei casi di nullità dettati dai precedenti commi primo e secondo – la presentazione di un reclamo al Tribunale in composizione monocratica, nei confronti del provvedimento di archiviazione adottato dal Giudice per le indagini preliminari; non è però poi prevista, avverso la relativa decisione assunta all’esito di tale reclamo, la proposizione del ricorso per cassazione. L’utilizzo di tale mezzo di impugnazione, quindi, è ipotizzabile esclusivamente al ricorrere di un profilo di abnormità dell’atto reclamato e non anche al fine di dedurne, impropriamente riconducendola alla categoria dell’abnormità, una pretesa illegittimità o erroneità aliunde ricavabile (Sez. 5, n. 40127 del 09/07/2018, P.O. in proc. Ferrari, Rv. 273875; Sez. 6, n. 12244 del 07/03/2019 Fascetto COGNOME NOME C/ COGNOME NOME, Rv. 275723; si veda anche Sez. 5, n. 44133 del 26/09/2019 COGNOME NOME C/ COGNOME NOME, Rv. 277433).
Non sussiste, nel caso di specie, la lamentata abnormità dell’impugNOME provvedimento, profilo eventualmente idoneo, come detto, a rendere la decisione assunta a seguito di reclamo ricorribile in sede di legittimità.
3.1. Si deve precisare come la categoria dogmatica dell’abnormità postuli la sussistenza di svariate classificazioni teoriche, in ordine al contenuto, alla struttura e alla funzione degli atti ad essa riconducibili. Sotto un primo profilo, è qualificabile in termini di abnormità il provvedimento che – in ragione della singolarità e stranezza del contenuto – risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, così come quello che, sebbene sia astrattamente da considerare alla stregua di una manifestazione di legittimo potere, vada ad esplicarsi all’esterno del perimetro dei casi consentiti e delle ipotesi previste, oltrepassando ogni ragionevole limite. Ulteriore differenziazione è quella che corre fra i concetti di abnormità strutturale e abnormità funzionale; la prima categoria ricorre allorquando l’atto si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, mentre la seconda si concretizza nel caso in cui l’atto stesso, seppur non intrinsecamente estraneo rispetto al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo, se non a prezzo o del compimento di un
atto nullo, rilevabile nel futuro iter procedimentale, o della realizzazione di una violazione di legge nell’esercizio dell’azione penale (tra le altre, Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, COGNOME, Rv. 243590; Sez. 5, n. 569 del 04/11/2016, dep. 2017, P.M. in proc. Cheptanaru, Rv. 268598) o, ancora, dell’indebita regressione del procedimento (Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 238239 – 01; nonché, ex multis, Sez. 5, n. 10531 del 20/02/2018, COGNOME, Rv. 272593 – 01; Sez. 3, n. 14012 del 14/12/2017, dep. 2018, Castaldi, Rv. 273651 – 01).
È stato quindi autorevolmente affermato che l’atto abnorme è quell’atto che, essendo frutto di sviamento di potere e fonte di un pregiudizio altrimenti insanabile, deve poter essere impugNOME per cassazione proprio perché si tratta di atto del tutto estraneo agli schemi legali e che comporta una stasi del procedimento altrimenti non emendabile (cfr. Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, Ksouri, Rv. 272715). Resta escluso, come precisato anche dalla dottrina, che possa invocarsi la categoria dell’abnormità per giustificare la ricorribilità immediata per cassazione di atti illegittimi, affetti soltanto da nullità o comunque sgraditi e non condivisi (ibidem; cfr. anche Sez. U, n. 33 del 22/11/2000, COGNOME, Rv. 217244), perché tanto si tradurrebbe nella non consentita elusione del regime di tassatività dei casi di impugnazione e dei mezzi esperibili, stabilito dall’art. 568, comma 1, cod. proc. pen.
3.2. Nella vicenda ora sottoposta al vaglio di questo Collegio, il provvedimento non presenta, nemmeno in astratto, profili di abnormità perché non è estranea alle facoltà decisorie dell’autorità giudiziaria, previste dall’ordinamento giuridico, atteso che rientra tra i poteri del giudice dell’impugnazione quello di valutare l’ammissibilità dell’impugnazione stessa; del pari il provvedimento non determina alcuna ipotesi di stallo processuale o di indebita regressione ad altra fase del procedimento penale.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone la declaratoria di inammissibilità del ricorso; tale decisione postula la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammendg .5)
Così deciso il 08/02/2024