LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Abnormità del provvedimento: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’indagata contro l’ordinanza del Tribunale che respingeva il suo reclamo. Il reclamo era stato presentato contro un decreto di archiviazione per particolare tenuità del fatto. La Corte ha chiarito che il ricorso per cassazione in questi casi è ammesso solo per abnormità del provvedimento, profilo non riscontrato nella decisione del Tribunale, che si era limitato a valutare l’ammissibilità del reclamo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 21 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abnormità del provvedimento: i confini del ricorso in Cassazione

Nel complesso scenario della procedura penale, i rimedi esperibili contro le decisioni del giudice sono tassativamente previsti dalla legge. La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 21594/2024 offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso contro le ordinanze che decidono sui reclami in materia di archiviazione, focalizzandosi sul concetto di abnormità del provvedimento come unica via di accesso alla Suprema Corte. Questo principio è fondamentale per garantire la certezza del diritto e l’ordinato svolgimento del processo.

I fatti del caso: dal reclamo al ricorso in Cassazione

La vicenda processuale ha origine da una richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto avanzata dal Pubblico Ministero. L’indagata si opponeva e il Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.), accogliendo l’opposizione, disponeva un supplemento di indagini. Al termine di queste, il P.M. reiterava la richiesta di archiviazione.

L’indagata presentava una nuova opposizione. Ciononostante, il G.I.P. emetteva un decreto di archiviazione de plano, cioè senza fissare un’udienza in contraddittorio. Contro questa decisione, la difesa proponeva reclamo al Tribunale, lamentando la violazione del diritto di essere sentita. Il Tribunale, tuttavia, respingeva il reclamo, sostenendo che la seconda opposizione fosse meramente ripetitiva della prima e che, pertanto, il G.I.P. avrebbe potuto legittimamente dichiararla inammissibile senza udienza. Avverso tale ordinanza, l’indagata ha proposto ricorso per cassazione, denunciandone l’abnormità.

La decisione della Corte e l’abnormità del provvedimento

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire i confini entro cui un provvedimento può essere definito ‘abnorme’ e, di conseguenza, impugnato direttamente davanti alla Suprema Corte.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte ha innanzitutto ricordato che, a seguito della riforma introdotta con la L. 103/2017, la legge non prevede un ricorso per cassazione avverso la decisione del Tribunale sul reclamo in materia di archiviazione. L’unico spiraglio è rappresentato dalla possibilità di denunciare un’eventuale abnormità del provvedimento impugnato.

Ma quando un atto è abnorme? La giurisprudenza ha delineato due categorie principali di abnormità:
1. Abnormità strutturale: si verifica quando l’atto, per la sua singolarità e stranezza, si pone completamente al di fuori del sistema organico della legge processuale.
2. Abnormità funzionale: ricorre quando l’atto, pur essendo previsto in astratto dalla legge, determina una stasi insuperabile del processo o un’indebita regressione a una fase precedente.

Nel caso di specie, la Cassazione ha escluso che l’ordinanza del Tribunale potesse rientrare in una di queste categorie. Il Tribunale, nel decidere il reclamo, ha esercitato un potere che gli è proprio: quello di valutare l’ammissibilità dell’impugnazione. Anche se la sua valutazione potesse essere considerata errata, ciò non rende l’atto abnorme. Un provvedimento semplicemente illegittimo o non condiviso non può essere impugnato per cassazione invocando l’abnormità, poiché ciò comporterebbe un’elusione del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione.

Il provvedimento del Tribunale non ha causato alcuna paralisi processuale né una regressione del procedimento. Si è limitato a confermare, seppur con una motivazione propria, la chiusura della fase delle indagini preliminari. Pertanto, in assenza di profili di abnormità, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le conclusioni

La sentenza in commento rafforza un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione è un rimedio straordinario e non uno strumento per contestare qualsiasi decisione ritenuta ingiusta. La categoria dell’abnormità deve essere invocata con cautela e solo in presenza di vizi talmente gravi da minare la struttura stessa del processo. La decisione del giudice del reclamo, che valuta l’ammissibilità dell’opposizione all’archiviazione, rientra nelle sue facoltà decisorie e, anche se contestabile nel merito, non può essere tacciata di abnormità, precludendo così la via del ricorso in Cassazione.

Quando è possibile ricorrere in Cassazione contro una decisione del Tribunale su un reclamo in materia di archiviazione?
Secondo la sentenza, il ricorso per cassazione è ammesso esclusivamente nel caso in cui la decisione del Tribunale presenti il profilo dell’abnormità, cioè quando l’atto si pone al di fuori del sistema processuale e provoca una stasi insanabile del procedimento.

Cosa si intende per ‘abnormità del provvedimento’?
Un provvedimento è definito abnorme quando, per la sua stranezza, risulta completamente avulso dall’ordinamento processuale (abnormità strutturale), oppure quando, pur essendo astrattamente previsto, determina una paralisi o un’indebita regressione del processo (abnormità funzionale).

Perché l’ordinanza del Tribunale non è stata considerata abnorme in questo caso?
La Corte ha stabilito che l’ordinanza non era abnorme perché il Tribunale ha esercitato un potere che gli è proprio, ovvero quello di valutare l’ammissibilità del reclamo. Tale atto rientra nelle facoltà decisorie del giudice dell’impugnazione e non ha determinato alcuna stasi processuale o regressione del procedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati