Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14729 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14729 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato a Trento il DATA_NASCITA, avverso il decreto del 07-09-2023 del G.I.P. del Tribunale di Bologna; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione avverso la richiesta di rinvio a giudizio del P.M. presso la D.D.A. di Bologna del 2 febbraio 2023 e il decreto del 7 settembre 2023, con cui il G.U.P. del Tribunale di Bologna ha fissato l’udienza del 23 novembre 2023 per la celebrazione dell’udienza preliminare.
Il ricorso è affidato a un unico motivo, con il quale la difesa deduce la inosservanza degli art. 22 e 30 cod. proc. pen., nonché 25, comma 1, e 111 Cost., evidenziando che, nello stesso atto in cui ha esercitato l’azione penale, il P.M. ha impropriamente denunciato un conflitto di competenza, sollevando in tal modo una questione che avrebbe dovuto essere posta mediante distinta e apposita richiesta, per cui in tal senso si denuncia l’abnormità sia della richiesta di rinvio a giudizio che dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare.
Tali atti, infatti, più che una situazione di stallo del procedimento penale, ne determinerebbero un’accelerazione indebita e contra legem, non risultando corretto chiedere e fissare l’udienza preliminare nella consapevolezza, sia del P.M. che del G.I.P., che la questione della competenza avrebbe dovuto essere risolta univocamente e una volta per tutte dal G.I.P. in camera di consiglio mediante sentenza ex art. 22, comma 3, cod. proc. pen., o mediante ordinanza di trasmissione alla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 30, comma 2, cod. proc. pen., o, come extrema ratio, previa discussione in apposita camera di consiglio, riservata alla partecipazione del P. M. e degli indagati con i rispettivi difensori.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
In relazione al concetto di abnormità, occorre richiamare, in via preliminare, i principi elaborati dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. sentenze n. 10728 del 16/12/2021, dep. 2022, Rv. 282807; n. 40984 del 22/03/2018, Rv. 273581; n. 20569 del 18/01/2018, Rv. 272715; n. 21243 del 25/03/2010, Rv. 246910; n. 25957 del 26/03/2009, Rv. 243590; n. 5307 del 20/12/2007, dep. 2008, Rv. 238240 e n. 22909 del 31/05/2005, Rv. 231163), secondo cui è affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di o ragionevole limite. Si è così precisato che l’abnormità dell’atto processuale può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché l’atto, per la sua singolarità,
ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo. Ciò premesso, si è rimarcata la necessità di interpretare restrittivamente il concetto di abnormità per non violare il principio della tassatività dei mezzi di impugnazione, per cui si è chiarito che l’atto può essere dichiarato abnorme quando concorrano almeno i seguenti requisiti: a) sia affetto da un vizio per il quale non sono previste cause di nullità o inutilizzabilità; b) non sia altrimenti impugnabile; c) non sia inquadrabile nella struttura procedimentale prevista dall’ordinamento, ovvero determini una stasi processuale non altrimenti superabile, essendosi altresì precisato che, alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, è configurabile il vizio dell’abnormità in ogni fattispecie di indebita regressione del procedimento in grado di alterarne l’ordinata sequenza logico-cronologica.
Ne consegue che la categoria dell’abnormità, proprio in ragione della sua eccezionalità e della sua funzione derogatoria rispetto al principio di tassatività dei mezzi d’impugnazione e al numero chiuso delle nullità deducibili secondo la previsione dell’art. 177 cod. proc. pen., è riferibile alle sole situazioni in c l’ordinamento non appresti altri rimedi idonei per rimuovere il provvedimento giudiziale, che sia frutto di sviamento di potere e fonte di un pregiudizio altrimenti insanabile per le situazioni soggettive delle parti. Da tale carattere di eccezionalità e residualità viene fatta discendere la necessità dì distinguerne l’ambito concettuale dalle anomalie irrilevanti perché innocue, in quanto l’atto, pur esorbitante dagli schemi legali o compiuto per finalità diverse da quelle che legittimano l’esercizio della funzione, sia superabile da una successiva corretta determinazione giudiziale che dia corretto impulso al processo o dalla sopravvenienza di una situazione tale da averne annullato gli effetti, averlo privato di rilevanza e avere eliminato l’interesse alla sua rimozione.
2. Orbene, alla luce di tale premessa interpretativa, deve senz’altro escludersi che gli atti su cui si incentrano le censure difensive siano abnormi. Se invero può concordarsi sul fatto che le considerazioni esposte nella parte iniziale della richiesta di rinvio a giudizio circa la competenza territoriale di alt Autorità giudiziaria siano del tutto ultronee, oltre che sostanzialmente irrilevanti, non essendo certo quella la sede per far valere eventuali eccezioni di incompetenza per territorio, deve altresì rilevarsi che ciò non vale a rendere abnorme né la richiesta di rinvio a giudizio, né la successiva fissazione dell’udienza preliminare, non essendosi verificata alcuna stasi o regressione del procedimento, tanto più ove si consideri che, per il resto, gli atti processuali in esame contenevano i loro requisiti tipici, per cui non vi è stato alcun ostacolo alla legittima prosecuzione delle attività processuali ordinariamente previste.
Alla stregua delle argomentazioni svolte e in sintonia con le considerazioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, il ricorso proposto nell’interesse di NOME deve essere dichiarato inammissibile, con onere per il ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone infine che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa e in ragione della peculiarità della vicenda, di duemila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/01/2024