Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16194 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16194 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12956-2024 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente principale –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1090/2023 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 21/02/2024 R.G.N. 464/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 21.2.2024, la Corte d’appello di Lecce ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva
Oggetto
Vittime del dovere
R.G.N. 12956/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 27/03/2025
CC
rigettato la domanda di NOME COGNOME volta al riconoscimento dello status di vittima del dovere in relazione alle lesioni riportate in data 9.4.2003, allorché, mentre provvedeva al servizio di scorta in motocicletta, era stato tamponato da un’automobile;
che avverso tale pronuncia NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura, successivamente illustrati con memoria;
che il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato, fondato su un motivo;
che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 27.3.2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, per non avere la Corte di merito considerato che le lesioni riportate nella caduta erano state determinate dalla difettosità del casco all’epoca in dotaz ione ai motociclisti appartenenti all’Arma dei Carabinieri, il quale, benché dotato di mentoniera di protezione e di spinotto di collegamento radio predisposto per il distacco automatico in caso di incidente, nella specie non aveva funzionato correttamente , determinando, a seguito dell’urto, il suo trascinamento per molti metri sul selciato della strada;
che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., per non avere la Corte territoriale pronunciato sulla sussistenza o meno del diverso fatto costitutivo addotto a fondamento della domanda, vale a dire sulla mancata adozione , al tempo dell’occorso, di dispositivi di
protezione individuale analoghi a quelli, più efficienti, successivamente resi disponibili ai motociclisti dell’Arma;
che, con il terzo motivo, le medesime censure di cui al primo motivo sono proposte sub specie di violazione dell’art. 1, comma 564, l. n. 266/2005;
che, con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato, il Ministero dell’Interno denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2934, 2935 e 2946 c.c. per avere la Corte di merito ritenuto che la condizione di vittima del dovere costituisse uno status e conseguentemente fosse imprescrittibile, salva nondimeno la prescrizione dei ratei delle singole prestazioni assistenziali ad essa correlate;
che i tre motivi del ricorso principale possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione dell’intima connessione delle censure;
che, al riguardo, va premesso che questa Corte ha da tempo consolidato il principio secondo cui, ai fini del riconoscimento dello status di vittima del dovere ai sensi dell’art. 1, comma 564, l. n. 266/2005, non è sufficiente che le lesioni riportate dall’istante dipendano da causa di servizio, occorrendo piuttosto che il loro verificarsi sia legato a particolari condizioni ambientali o ope rative implicanti l’esistenza, o anche il sopravvenire, di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto, di talché è necessario identificare, caso per caso, nelle circostanze concrete alla base di quanto accaduto all’invalido per servizi o, un elemento che comporti l’esistenza o il sopravvenire di un fattore di rischio maggiore rispetto alla normalità di quel particolare compito (così da ult. Cass. n. 287 del 2024, sulla scorta di Cass. S.U. n. 21969 del 2017);
che, tanto premesso, deve ritenersi che il malfunzionamento di un dispositivo di protezione individuale possa rilevare, ai fini in discorso, solo allorché si tratti di un difetto che concerna lo specifico dispositivo utilizzato dall’istante (ad es., per un difetto di manutenzione), non anche allorché riguardi la generalità dei dispositivi di protezione individuale in dotazione e disponibili in un dato momento storico;
che questa Corte, superando il diverso avviso di Cass. n. 4238 del 2019, ripetutamente citata negli scritti difensivi di parte ricorrente, ha infatti rilevato che la legge non consente di estendere il riconoscimento dello status di vittima del dovere ad ogni caso di prospettata violazione degli obblighi di sicurezza ex art. 2087 c.c., giacché ciò farebbe venir meno la linea di demarcazione con la dipendenza da causa di servizio, con cui finirebbe per concorrere quasi in via automatica, senza che sia chiaram ente individuato l’elemento specializzante, il quid pluris che, con tutta evidenza, l’art. 1, comma 564, l. n. 266/2005, richiede attraverso l’individuazione dello specifico requisito della particolarità delle condizioni ambientali ed operative (così Cass. nn. 29819 del 2022 e 8957 del 2023);
che, nel caso di specie, i giudici territoriali, oltre a rilevare che non era stato nemmeno allegato che ‘all’epoca dei fatti la dotazione obbligatoria per la guida dei motocicli fosse differente e più rigorosa, sotto il profilo della qualità e delle caratteristiche costruttive, rispetto al casco fornito dall’amministrazione’, hanno affermato che ‘per quanto attiene al presunto nesso di causalità fra le lesioni riportate e il mancato distacco dell’apparato ricetrasmittente, non vi è prova che all’epoca dei fatti esistesse una dotazione tecnologicamente più avanzata che impedisse il verificarsi dell’evento o che garantisse lo sganciamento dell’apparato’, escludendo conseguentemente
che ricorressero in specie ‘le particolari condizioni ambientali e operative in presenza delle quali può riconoscersi lo status di vittima del dovere’ (così la sentenza impugnata, pag. 7);
che tale accertamento resiste anche alla censura di omesso esame circa un fatto decisivo, leggendosi testualmente nella relazione del Comandante del Nucleo Provinciale di Roma del 14.9.2018 (debitamente trascritta a pag. 19 del ricorso per cassazione) che sia la mentoniera del casco che lo spinotto del cavo di collegamento con l’apparato ricetrasmittente erano normalmente soggetti l’una a sganciarsi in caso di urto e l’altro, viceversa, a non sganciarsi, ‘tanto è vero che alcuni militari motociclisti non collegavano il casco all’apparato radio’; che il ricorso principale, pertanto, va rigettato;
che, rimanendo necessariamente assorbito il ricorso incidentale condizionato, le spese del giudizio di legittimità vanno senz’altro compensate in ragione dell’avvenuto consolidamento in epoca successiva alla proposizione del ricorso per cassazione dei prin cipi di diritto cui qui s’è data continuità;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale. Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Dispone che, in caso di utilizzazione della presente decisione in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi di parte ricorrente.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 27.3.2025.