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Vittima del dovere: missione e rischio extra

La Cassazione conferma lo status di vittima del dovere a un militare per missioni svolte in condizioni ambientali estreme. Si chiarisce che il ‘rischio maggiore’ rispetto alle mansioni ordinarie, anche per truppe speciali, giustifica il riconoscimento. Decisive le ‘particolari condizioni ambientali’, come temperature a -40°C, che rappresentano un ‘quid pluris’ rispetto al servizio normale. Il ricorso del Ministero della Difesa è stato respinto.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Vittima del Dovere: Quando le Condizioni Estreme Superano il Rischio Ordinario

Il riconoscimento dello status di vittima del dovere è un tema cruciale che interseca diritto del lavoro e tutela del personale in divisa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: anche per un militare addestrato a operare in condizioni difficili, esistono limiti oltre i quali il rischio cessa di essere ‘ordinario’ e giustifica tutele speciali. Il caso analizzato riguarda un ufficiale delle truppe alpine reso inidoneo al servizio dopo missioni in condizioni ambientali estreme, gettando luce sul concetto di ‘particolari condizioni operative’.

I Fatti di Causa

Un ufficiale dell’esercito, dopo aver partecipato a missioni internazionali in Norvegia del Nord, Danimarca e Siria, si trovava costretto a lasciare il servizio attivo a soli quarant’anni a causa di un’inidoneità fisica. Le corti di merito, sia in primo grado che in appello, avevano attribuito questa inidoneità alle eccezionali condizioni di servizio affrontate. In particolare, veniva richiamata una missione svolta a -40°C, al buio costante, con turni di servizio all’esterno, pernottamento in tende piantate sulla neve e un’alimentazione limitata a solo latte condensato. Sulla base di questi elementi, i giudici avevano riconosciuto al militare lo status di vittima del dovere.

Il Ricorso del Ministero della Difesa

Il Ministero della Difesa ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che le missioni in questione rientrassero nelle mansioni ordinarie di un ufficiale delle truppe alpine, corpo specificamente addestrato per operare in ambienti ostili. Secondo la tesi del Ministero, la corte territoriale avrebbe errato nel non accertare se la missione avesse carattere di ‘specialità’ e se avesse esposto il lavoratore a un rischio concretamente maggiore rispetto a quello connaturato alla sua attività istituzionale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sul concetto di vittima del dovere

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del Ministero, confermando le decisioni dei gradi precedenti. La sentenza si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale che definisce i criteri per il riconoscimento dello status di vittima del dovere.

Il Principio del ‘Quid Pluris’

Il punto centrale della decisione è l’interpretazione delle ‘particolari condizioni ambientali od operative’ previste dalla legge. La Cassazione ha ribadito che la condizione ‘particolare’ è quella che si colloca al di fuori dello svolgimento ‘normale’ dell’attività. Non basta che il compito sia intrinsecamente rischioso; è necessario un quid pluris, ovvero l’esistenza o il sopravvenire di circostanze straordinarie che espongono il dipendente a rischi o fatiche maggiori rispetto a quelli ordinari per quel specifico compito.

La Valutazione dei Giudici di Merito

L’accertamento di questo ‘quid pluris’ è una valutazione di fatto che spetta ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Nel caso di specie, questi ultimi avevano correttamente identificato le condizioni estreme della missione (-40°C, buio perenne, alloggi precari) come un fattore di rischio eccedente la normalità, anche per un alpino. Il ricorso del Ministero, secondo la Cassazione, mirava a una rivalutazione dei fatti, inammissibile in sede di legittimità, specialmente a fronte di una doppia decisione conforme.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio di tutela: l’appartenenza a corpi speciali non implica un’accettazione illimitata di qualsiasi livello di rischio. La qualifica di vittima del dovere non dipende dalla mansione in astratto, ma dalle concrete condizioni operative e ambientali in cui essa viene svolta. Se queste condizioni presentano un’eccezionalità tale da aumentare significativamente il rischio rispetto allo standard previsto per quel ruolo, scatta il diritto alla tutela. Questa decisione rappresenta una garanzia fondamentale per tutto il personale che opera in contesti di elevata criticità, assicurando che il sacrificio richiesto dallo Stato trovi adeguato riconoscimento quando supera i confini del dovere ordinario.

Quando un militare può essere considerato ‘vittima del dovere’?
Un militare può essere considerato ‘vittima del dovere’ quando, a causa di ‘particolari condizioni ambientali o operative’, è esposto a maggiori rischi o fatiche rispetto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei suoi compiti, e da ciò deriva un’invalidità.

L’appartenenza a un corpo speciale, come le truppe alpine, esclude il riconoscimento dello status di vittima del dovere per missioni in ambienti difficili?
No. La sentenza chiarisce che anche per il personale di corpi speciali, addestrato a operare in condizioni ostili, il riconoscimento è possibile se la missione presenta un fattore di rischio maggiore (‘quid pluris’) rispetto alla normalità di quel particolare compito.

Cosa si intende per ‘particolari condizioni ambientali od operative’?
Si intende una condizione che si colloca al di fuori della modalità ‘normale’ di svolgimento dell’attività. Implica l’esistenza di circostanze straordinarie e fatti di servizio che espongono il dipendente a rischi o fatiche superiori a quelli ordinariamente previsti dal suo ruolo istituzionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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