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Violazione codice etico: licenziamento legittimo

Un responsabile della sicurezza è stato licenziato per aver coperto un furto e violato le procedure aziendali. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento, ritenendo la violazione codice etico una giusta causa, data la rottura irreparabile del rapporto di fiducia.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Violazione del codice etico: quando è giusta causa di licenziamento

La violazione codice etico aziendale può costare il posto di lavoro? La risposta è affermativa, come confermato da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso analizzato riguarda un responsabile della sicurezza licenziato per aver tenuto condotte contrarie ai principi di lealtà e correttezza, compromettendo irrimediabilmente il rapporto di fiducia con l’azienda. Questa decisione sottolinea l’importanza del codice etico come strumento giuridico vincolante nel rapporto di lavoro.

I fatti: le accuse al responsabile della sicurezza

Il caso ha origine dal licenziamento disciplinare di un lavoratore con la qualifica di Quadro e funzioni di responsabile del servizio di vigilanza e sicurezza. L’azienda gli contestava tre gravi addebiti:

1. Aver permesso l’uscita di materiale (fogli di lamiera) dal sito aziendale in violazione delle procedure di sicurezza, che miravano a proteggere il patrimonio della società.
2. Aver insabbiato e nascosto ai vertici aziendali il furto di un cavo di rame, comunicatogli da un suo sottoposto. Anziché denunciare il fatto, aveva dato istruzioni di non redigere alcun rapporto, di non informare la direzione e di sostituire il cavo rubato con altro materiale reperito all’interno del sito.
3. Aver intrattenuto contatti telefonici con soggetti individuati dalle autorità come autori di un ingente furto di gasolio ai danni di un’altra società operante nello stesso sito industriale.

Sulla base di queste accuse, l’azienda ha proceduto con il licenziamento per giusta causa.

Il percorso giudiziario: dal reintegro alla conferma del licenziamento

L’iter giudiziario è stato complesso. In primo grado, il Tribunale ha annullato il licenziamento, ordinando la reintegrazione del lavoratore e riconoscendogli un’indennità risarcitoria. La valutazione del primo giudice riteneva le condotte non abbastanza gravi da giustificare la massima sanzione espulsiva.

Di parere opposto la Corte d’Appello che, accogliendo il reclamo dell’azienda, ha riformato la sentenza e rigettato le domande del lavoratore. I giudici di secondo grado hanno ritenuto che le prime due condotte, da sole, fossero sufficienti a integrare la giusta causa. In particolare, hanno evidenziato come tali comportamenti costituissero una chiara violazione codice etico aziendale, espressamente richiamato dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di settore come causa di licenziamento.

Le motivazioni della Cassazione: la violazione codice etico è decisiva

La Corte di Cassazione, investita del ricorso del lavoratore, ha confermato la decisione della Corte d’Appello, rigettando le doglianze del ricorrente. Le motivazioni della Suprema Corte sono un punto di riferimento fondamentale per comprendere il peso del codice etico nelle relazioni lavorative.

I giudici hanno stabilito che la Corte d’Appello ha correttamente interpretato le norme, in particolare l’art. 54 del CCNL Energia e Petrolio, che include la “violazione del codice etico aziendale” tra le infrazioni che giustificano il licenziamento senza preavviso. Le condotte del lavoratore, soprattutto l’aver nascosto un furto e aver indotto un sottoposto a violare i suoi doveri primari, sono state considerate una grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro, in primis quello fiduciario.

La Cassazione ha sottolineato che il comportamento del dipendente denotava una consapevole e intenzionale volontà di violare le norme di sicurezza che egli stesso era chiamato a far rispettare. Questo aspetto è stato ritenuto decisivo, aggravando la sua posizione e rendendo la sanzione del licenziamento proporzionata alla gravità dei fatti. La Corte ha ribadito che la valutazione sulla rottura del vincolo fiduciario e sulla proporzionalità della sanzione è un giudizio di merito, non sindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, è supportato da una motivazione logica e coerente.

Le conclusioni: implicazioni per lavoratori e aziende

Questa ordinanza rafforza il valore giuridico del codice etico, che non è un semplice documento di intenti, ma un vero e proprio atto normativo interno all’azienda, la cui violazione può avere conseguenze disciplinari gravissime, fino al licenziamento. Per le aziende, emerge l’importanza di redigere codici etici chiari, di diffonderli adeguatamente e di richiamarli esplicitamente nei contratti di lavoro e nella contrattazione collettiva. Per i lavoratori, la decisione serve come monito: il rispetto dei principi di lealtà, onestà e correttezza non è una mera formalità, ma un obbligo fondamentale la cui violazione, specialmente per chi ricopre ruoli di responsabilità, può portare alla perdita del posto di lavoro.

La violazione del codice etico aziendale può da sola giustificare un licenziamento per giusta causa?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che, se il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro lo prevede espressamente, la violazione del codice etico è un’infrazione che può giustificare il licenziamento per giusta causa, in quanto integra una grave violazione dei doveri di disciplina e diligenza.

Perché il ruolo di responsabilità del lavoratore è stato decisivo in questo caso?
Il ruolo di Quadro e responsabile della sicurezza è stato un elemento aggravante. Essendo egli stesso preposto a osservare e far osservare le norme di sicurezza, la sua violazione consapevole di tali norme è stata considerata una negazione particolarmente grave degli elementi essenziali del rapporto di lavoro, compromettendo in modo irrimediabile il vincolo fiduciario.

Il fatto che il lavoratore non abbia tratto un vantaggio personale o causato un danno diretto all’azienda esclude la giusta causa di licenziamento?
No. La Corte ha ritenuto che le condotte, come l’insabbiamento di un furto e l’induzione di un sottoposto a commettere una violazione, costituissero di per sé una grave infrazione disciplinare e una rottura del vincolo fiduciario, indipendentemente dal conseguimento di un vantaggio personale o dalla quantificazione di un danno economico immediato per l’azienda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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