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Viaggio comandato: quando spetta la retribuzione

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto dei lavoratori di una società di trasporto pubblico a ricevere una retribuzione per il tempo impiegato a spostarsi quando il luogo di inizio e di fine del turno non coincidono. Tale spostamento, definito ‘viaggio comandato’, è considerato retribuibile quando è determinato da una necessità logistica aziendale e non da una scelta del dipendente, indipendentemente dal mezzo di trasporto utilizzato. Il ricorso dell’azienda è stato respinto, consolidando il principio che il disagio derivante dall’organizzazione del lavoro deve essere compensato.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Viaggio Comandato: La Cassazione Chiarisce il Diritto alla Retribuzione

Il tempo impiegato per spostarsi da o verso il luogo di lavoro è di norma a carico del dipendente. Esistono però delle eccezioni, come nel caso del cosiddetto viaggio comandato, una situazione particolare che riguarda soprattutto i lavoratori del settore trasporti. Con l’ordinanza n. 24169 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: se la necessità di spostarsi tra il luogo di inizio e quello di fine turno dipende dall’organizzazione aziendale, quel tempo deve essere retribuito.

I Fatti del Caso

La vicenda nasce dalla richiesta di alcuni lavoratori di un’azienda di trasporto pubblico di vedersi riconosciuta una retribuzione per il tempo impiegato a spostarsi tra il deposito aziendale e il luogo effettivo di inizio o fine del proprio turno di servizio. Spesso, infatti, un autista poteva iniziare il proprio turno in una determinata fermata della città e terminarlo in un’altra, trovandosi a dover raggiungere o rientrare dal deposito con mezzi propri. I lavoratori sostenevano che questo spostamento, non essendo una loro libera scelta ma una conseguenza dell’organizzazione dei turni, dovesse essere considerato a tutti gli effetti un viaggio comandato e, come tale, retribuito in base a una specifica normativa di settore (l’art. 17 del R.D.L. n. 2328/1923).

La Decisione nei Gradi di Giudizio

Inizialmente il Tribunale aveva respinto la richiesta dei lavoratori. La Corte d’Appello, tuttavia, ha riformato la decisione, dando ragione ai dipendenti. Secondo i giudici di secondo grado, la norma sul viaggio comandato si applica ogni qualvolta lo spostamento sia inevitabile per l’organizzazione dei turni decisa dall’azienda. Il presupposto chiave non è l’uso di un mezzo aziendale, ma la non coincidenza tra il luogo di inizio e quello di fine della prestazione, quando tale non coincidenza è frutto di una necessità logistica aziendale.

Il Ricorso dell’Azienda e la Difesa del Principio di Viaggio Comandato

L’azienda di trasporti ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che l’interpretazione della Corte d’Appello fosse errata. Secondo la società, non esisteva alcun obbligo o direttiva esplicita che imponesse ai lavoratori di passare dal deposito prima di iniziare il turno o dopo averlo concluso in linea. Mancando un ordine diretto, a suo avviso, non si poteva parlare di viaggio comandato. L’azienda contestava quindi che il semplice fatto di iniziare e finire il lavoro in luoghi diversi, per esigenze organizzative, potesse far scattare automaticamente il diritto alla retribuzione per il tempo di spostamento.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando in pieno la decisione della Corte d’Appello e consolidando un orientamento giurisprudenziale ormai stabile. I giudici supremi hanno chiarito che il concetto di viaggio comandato deve essere inteso in senso ampio. Il suo fondamento non risiede in un ordine formale di spostamento, ma nell’esigenza di compensare il lavoratore per un tempo che, di fatto, è funzionale all’organizzazione del datore di lavoro.

La Corte ha specificato che gli elementi chiave per il riconoscimento del diritto sono:
1. La non coincidenza tra il luogo di inizio e quello di cessazione del lavoro giornaliero.
2. La causa di tale non coincidenza, che deve risiedere esclusivamente in una necessità logistico-aziendale e non in una scelta del lavoratore.

Quando queste due condizioni si verificano, lo spostamento è indotto dall’organizzazione del lavoro e il tempo necessario per compierlo deve essere compensato. È irrilevante, ha sottolineato la Corte, se il lavoratore si sposta con un mezzo proprio, con mezzi pubblici o a piedi. Ciò che conta è il fatto oggettivo della separazione dei luoghi di inizio e fine turno, predeterminata dalla programmazione aziendale.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento stabilisce un principio di equità di grande importanza pratica. La Cassazione afferma che il disagio e il tempo impiegato da un lavoratore per spostarsi a causa di una specifica organizzazione del lavoro non possono ricadere interamente su di lui. Quando l’azienda, per proprie esigenze logistiche, stabilisce punti di inizio e fine turno diversi, si configura un viaggio comandato che dà diritto a un compenso. Questa decisione rafforza la tutela dei lavoratori del settore trasporti, chiarendo che il tempo speso per spostamenti funzionali all’attività d’impresa merita di essere riconosciuto e retribuito.

Quando il tempo di spostamento tra inizio e fine turno è considerato ‘viaggio comandato’?
Si considera ‘viaggio comandato’ quando la non coincidenza tra il luogo di inizio e quello di fine della prestazione lavorativa è determinata non da una scelta del lavoratore, ma in via esclusiva da una necessità logistica e organizzativa dell’azienda.

Per avere diritto alla retribuzione per viaggio comandato, è necessario usare un mezzo fornito dall’azienda?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il diritto alla retribuzione è indipendente dal mezzo utilizzato per lo spostamento (proprio, pubblico o anche a piedi). Ciò che rileva è la causa dello spostamento, che deve essere riconducibile all’organizzazione aziendale.

A chi spetta dimostrare le condizioni che danno diritto alla retribuzione per il viaggio comandato?
Spetta al lavoratore dimostrare le modalità della sua prestazione. In particolare, deve provare il tipo di turno praticato, gli spostamenti effettuati e la non coincidenza dei luoghi di inizio e fine del servizio per ottenere il riconoscimento del diritto. La successiva quantificazione dell’importo dovuto avverrà in un separato giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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