Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7672 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 7672 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/03/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 13645/2024 R.G. proposto da:
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME presso la quale è domiciliata come da pec registri di giustizia
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE E DEL MERITO, in persona del Ministro pro tempore, UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL VENETO -AMBITO TERRITORIALE PER LA PROVINCIA DI TREVISO -UFFICIO SCOLASTICO PROVINCIALE DI TREVISO -ISTITUTO PROFESSIONALE PER I SERVIZI COGNOME E DELLA RISTORAZIONE ‘NOME COGNOME‘ DI TREVISO, rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso la quale sono domiciliati ope legis in Roma, INDIRIZZO
– controricorrenti – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 370/2024, depositata il 11.6.2024, RG 367/2023;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 21.1.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME dopo essere stata iscritta nelle graduatorie di Istituto presso l’Istituto INDIRIZZO di Treviso ed aver anche ricevuto un incarico a tempo determinato come A.T.A. presso l’Istituto Nievo di Cordignano, è stata poi depennata, con risoluzione del rapporto, sul presupposto che il diploma di qualifica triennale rilasciato alla ricorrente -quale candidato esterno o c.d. ‘privatista’ -dall’Istituto Paritario Sannitico di Durazzano (di seguito, ‘Sannitico’) nell’anno 2012/2013 fosse invalido.
In proposito è accaduto che il diniego di riconoscimento della veste di scuola paritaria a l ‘Sannitico’ fosse stato annullato dal Consiglio di Stato nel 2015 ed all’esito l’Ufficio Scolastico Regionale (di seguito, anche USR) per la Campania avesse rilasciato il riconoscimento della parità con effetto retroattivo fin dal 2012/2013.
Tuttavia, l’Istituto COGNOME ha provveduto alla menzionata esclusione ex post dalle graduatorie in ragione dell’assenza di autorizzazione del ‘Sannitico’ allo svolgimento per il 2012/2013 di esami di qualifica triennale, nel regime transitorio che aveva caratterizzato il riordino dell’istruzione professionale, con ampliamento della durata dei corsi da triennale a quinquennale.
La ricorrente ha quindi agito per l’accertamento del proprio diritto al reinserimento in quelle graduatorie, al riconoscimento del servizio prestato ed al risarcimento del danno per perdita di chance da liquidarsi in via equitativa.
La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Treviso, con sentenza poi confermata dalla Corte d’Appello di Venezia, che è stata però
cassata da questa S.C., la quale ha evidenziato come non avesse senso scrutinare, come invece aveva fatto il giudice d’appello su richiesta dell’Amministrazione, se gli esami fossero o meno stati in concreto espletati nell’a.s. 2012/2013 conformemente all’o.m. n. 90/2001 (artt. 26-28), per poi tenere in non cale il conseguito diploma di qualifica triennale per presunte irregolarità e ciò avendo il decreto n. 360/11.1.2016 dell’U.S.R. per la Campania riconosciuto la parità ai sensi della legge n. 62/2000, a decorrere dall’a.s. 2012/13, il che non poteva che aver comportato l’abilitazione del ‘ Sannitico ‘ a rilasciare, già a far tempo da tale annualità, titoli di studio aventi lo stesso valore di quelli rilasciati dalle scuole statali, senza che potesse utilmente disquisirsi in sede giudiziale, su richiesta dell’Amministrazione, in merito « alle modalità di concreto svolgimento degli esami per l’acquisizione della qualifica e, a cascata, sulla validità del diploma conseguito », tenuto infine conto che la disapplicazione dell’atto amministrativo di riconoscimento retroattivo della parità non poteva avvenire in favore della P.A. che lo aveva posto in essere.
3. La Corte d’Appello di Venezia, in sede di riassunzione conseguente al rinvio, ha dato atto di non poter sindacare la validità del diploma per le modalità di concreto svolgimento degli esami, stante il vincolo derivante dalla sentenza rescindente, ma ha ritenuto che il diploma secondo il nuovo ordinamento dell’istruzione professionale dovesse essere quinquennale e non triennale. Ha quindi evidenziato che il ‘Sannitico’ non avrebbe potuto rilasciare il diploma triennale nel 2012/2013, pur se in forza della parità ottenuta per quell’anno scolastico, in quanto ciò essendo vietata la parificazione delle scuole per singole classi che non fossero quelle iniziali di un corso – sarebbe stato possibile solo se vi fossero state classi iniziate nel 2010/2011, per le quali il 2012/2013 era l’ultimo anno utile al rilascio di un diploma triennale, dopodiché potevano rilasciarsi solo diplomi quinquennali.
L’intento del ‘ Sannitico ‘ -rimarcava la Corte territoriale – era stato dunque quello di realizzare una sessione di esami per privatisti, non conseguenti ad un ciclo triennale di studi, nell’ultima occasione utile al rilascio da parte degli Istituti professionali di diplomi di qualifica triennale.
La Corte d’Appello riteneva quindi che la certificazione rilasciata dal ‘Sannitico’, pur in esito al decreto dell’USR di riconoscimento retroattivo della parità, non potesse qualificarsi in termini di diploma di qualifica idoneo all’iscrizione nelle graduatorie e che comunque, opinando diversamente, si sarebbe dovuto disapplicare il provvedimento di riconoscimento della parità scolastica ai sensi dell’art. 5 della legge n. 2248 del 1865 all. E, perché non conforme alla legge.
Infine, la Corte territoriale evidenziava la non veridicità della dichiarazione sostitutiva resa dalla Crispo in ordine ai requisiti per l’iscrizione nelle graduatorie, rispetto alla quale non poteva rilevare la buona fede della ricorrente, trattandosi di conseguenze oggettivamente conseguenti, ai sensi dell’art. 75 del d.p.r. n. 445 del 2000, dalla non conformità al vero della dichiarazione stessa.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, resistito da controricorso delle parti pubbliche.
La ricorrente ha anche depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) delle disposizioni di cui al decreto n. 360/11.1.2016 dell’U.S.R. per la Campania e delle disposizioni di cui all’articolo unico della legge n. 62 del 10.3.2000, nonché violazione e falsa applicazione degli art. 2697 e 2729 c.c.
Il motivo sostiene che il giudice del rinvio avrebbe prestato « serafica indifferenza al principio dettato da questa Suprema Corte » in sede rescindente, infondatamente ritenendo che quest’ultima non avesse risolto tutte le questioni sottese al contenzioso, tra cui quella della validità del titolo conseguito dalla ricorrente, per il quale era stato ritenuto insufficiente, nella sentenza qui impugnata, il riconoscimento della parità con decorrenza giuridica dall’anno scolastico 2012/2013 perché a tal fine sarebbe stato necessario conseguire il predetto status fin dall’anno scolastico 2010/2011.
Secondo la ricorrente, viceversa, a seguito del menzionato riconoscimento retroattivo della parità, non poteva non riconoscersi validità legale ai titoli di qualifica rilasciati dal ‘Sannitico’ nel 2012/2013, mentre la tesi del Ministero secondo cui vi sarebbe una non conformità degli esami di qualifica in regime privatistico non sarebbe fondata su alcuna valida argomentazione giuridica.
Infatti, in forza dell’articolo 1 della legge n. 62 del 2000, il riconoscimento dello status di scuola paritaria comportava quale effetto l’abilitazione al rilascio di titoli di studio aventi valore legale, come confermato dall’art. 2, co. 3, del D.M. 10.10.2008 n. 83, recante le Linee Guida attuative per il riconoscimento della parità scolastica, secondo cui il riconoscimento della parità abilita le stesse al rilascio di titolo aventi lo stesso valore di quelli rilasciati dalle scuole statali.
La ricorrente non negava (v. pag. 38 del ricorso per cassazione) che il ‘Sannitico’ nel 2012/2013 non avesse comunicato alcunché rispetto allo svolgimento degli esami presso di sé, in quanto al momento privo della parità negata con i decreti del 17.7.2012, né che lo stesso al momento era privo di autorizzazione a far sostenere gli esami di qualifica, ma sottolineava che era poi intervenuto il decreto dell’USR per la Campania che, riconoscendo la parità a decorrere dall’anno scolastico 2012/2013, non poteva
che avere comportato l’effetto di abilitazione al rilascio dei titoli di come di limiti o condizioni di sorta.
studio fin da quell’anno, anche per l’assenza in tale decreto ritenuto anche dal Consiglio di Stato -Del resto, quel decreto -sottolineava la ricorrente – prevedeva altresì l’obbligo per la scuola di inserire tutti i dati propri dell’anagrafe delle scuole paritarie anche degli esiti degli esami, dell’anagrafe degli alunni e ogni altra rilevazione di dati attivata.
Tale previsione, ricalcata sul disposto dell’art. 4, co. 5, del D.M. n. 83 del 2008, non essendo circoscritta temporalmente ad un determinato anno scolastico non poteva quindi che riguardare tutti gli anni scolastici, compreso il corso triennale decorrere dall’anno 2010/2011.
Il riconoscimento della parità riguardava quindi -secondo la ricorrente -l’intero corso triennale scolastico e non era limitato alle sole singole classi, sicché il diploma doveva essere considerato valido ed idoneo alla iscrizione nelle graduatorie.
Era privo di fondamento anche quanto sostenuto dalla Corte del rinvio a proposito di una supposta non veridicità del contenuto delle dichiarazioni rese dalla ricorrente al momento della sua iscrizione in graduatoria ed inoltre non si era tenuto conto, sotto il profilo della disapplicazione ai sensi dell’art. 5 della legge n. 2248 del 1865, all. E, dell’impossibilità di compierla su richiesta della P.A. che aveva dato corso alla presunta invalidità in spregio al diritto soggettivo della parte privata e con il risultato di premiare la scorrettezza dei pubblici poteri.
Il motivo non è fondato.
Secondo quanto emerge dalla sentenza rescindente, la Corte d’Appello, nella sua prima sentenza resa nella presenta causa, ritenne:
« a) invalido il diploma per carenze della procedura di svolgimento degli esami della COGNOME, quale candidata esterna, alla stregua degli artt. 26 e 28 dell’o.m. n. 90/2001, visto che non era documentata,
da un lato, l’esperienza lavorativa o la frequenza a un corso attinente alla qualifica in epoca pregressa e, dall’altro, che difettava la comunicazione al Provveditorato agli Studi dei componenti della commissione esaminatrice, (quest’ultima) non costituita peraltro regolarmente, perché avrebbe dovuto essere integrata dell’esperto esterno del settore ‘sala bar’ (c.d. materia professionalizzante);
insufficiente la certificazione del Coordinatore didattico dell’Istituto Sannitico attestante l’avvenuto conseguimento del titolo, non avendo la Crispo prodotto in atti anche il diploma in originale o in copia conforme;
irrilevante la pronuncia di riconoscimento, retroattivo, della natura di scuola paritaria dell’Istituto, da parte del Consiglio di Stato in relazione al profilo della legittimità della procedura di svolgimento degli esami e del conseguimento del diploma ».
La sentenza rescindente, decidendo sul corrispondente ricorso per cassazione, ha ritenuto che essendo « i ncontestato l’intervenuto riconoscimento ex tunc della natura di scuola paritaria del CSS a decorrere dall’anno scolastico 2012/2013, non è rinvenibile per la verità alcuna deroga a tale efficacia retroattiva del riconoscimento della parità scolastica nella menzionata sentenza del Consiglio di Stato, né nel provvedimento, ad essa conseguenziale, dell’Ufficio scolastico regionale della Campania n. 360/2016 citato dalla ricorrente, con ogni ulteriore effetto anche in ordine alla validità dei titoli scolastici rilasciati ».
Richiamando l’articolo unico della legge 10.3.2000, n. 62, si è aggiunto in quella sede che « effetto naturale del riconoscimento dello status di scuola paritaria è, per l’istituto CSS, l’abilitazione a rilasciare per l’appunto titoli di studio aventi valore legale, come del resto è espressamente confermato dall’art. 2, co. 3, del d.m. 10.10.2008 n. 83 ».
Ciò per desumerne che non si poteva scrutinare « se gli esami fossero o meno stati in concreto espletati nell’a.s. 2012/2013
conformemente all’o.m. n. 90/2001 (artt. 26 -28), per poi tenere in non cale il conseguito diploma di qualifica triennale per presunte irregolarità» e che il riconoscimento della parità «non può che aver comportato l’abilitazione del ‘Centro studi sannitici’ a rilasciare, già a far tempo da tale annualità, titoli di studio aventi lo stesso valore di quelli rilasciati dalle scuole statali, senza che possa utilmente disquisirsi in questa sede, su richiesta dell’Amministrazione, in merito «alle modalità di concreto svolgimento degli esami per l’acquisizione della qualifica e, a cascata, sulla validità del diploma conseguito» (così a pag. 8 della sentenza impugnata) ».
« Questo perché » – ha precisato ancora la S.C. – « l’art. 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. E », perseguendo la « tutela dei diritti soggettivi in ipotesi lesi dall’attività provvedimentale della P.A. », non poteva portare, nel giudizio avente ad oggetto il diritto ad utilizzare il titolo così conseguito per l’iscrizione nelle graduatorie, alla « disapplicazione, su richiesta dell’Amministrazione che vi ha dato causa, con il risultato di premiare la scorrettezza dei pubblici poteri ».
L’interpretazione della sentenza rescindente è premessa indispensabile per la decisione sul presente ricorso per cassazione, dovendosi stabilire la portata di essa e conseguentemente l’ambito dei vincoli posti al giudice del rinvio.
5.1 A tal fine è necessario riepilogare sul piano fattuale e giuridico alcuni passaggi della vicenda oggetto di giudizio.
I punti nodali consistono nell’essere stati svolti dal ‘Sannitico’, per l’anno scolastico 2012/2013, esami per la qualifica professionale.
A tali esami è seguito il rilascio alla ricorrente del conseguente titolo o diploma.
In esito a pronuncia del Consiglio di Stato di annullamento del provvedimento del 2012 di diniego della parità al ‘Sannitico’, è quindi sopravvenuto, nel 2016, decreto dell’USR per la Campania di
riconoscimento retroattivo, cioè dal 2012/2013, di tale parità scolastica.
5.2 La sentenza rescindente, affermando che dall’efficacia retroattiva del decreto di riconoscimento della parità derivasse non solo la possibilità per il ‘Sannitico’ di rilasciare titoli validi a partire dal 2012/2013, ma anche l’effetto di non potersi discutere « se gli esami fossero o meno stati in concreto espletati nell’a.s. 2012/2013 conformemente all’o.m. n. 90/2001», per desumerne l’eventuale invalidità , ha poi argomentato sul fatto che non si sarebbe potuto disapplicare l’atto amministrativo in favore dell’Amministrazione che lo aveva posto in essere.
5.3 Il senso complessivo della pronuncia rescindente -anche in ragione di quanto era stato oggetto di decisione dalla sentenza della Corte territoriale che veniva ivi esaminata e che si è sopra riepilogato al punto 3 – è quello per cui, una volta sussistente la parificazione, il titolo rilasciato è munito di valore legale, senza che quest’ultimo possa essere inficiato da valutazioni in ordine alle ‘modalità’ di svolgimento degli esami.
Vale a dire che l’attribuzione retroattiva della parità non consente di interrogarsi su profili di legittimità nei procedimenti di esame e poi di rilascio del titolo, che sono rimessi alla responsabilità della scuola che ha ottenuto il riconoscimento.
Quanto esaminato dal giudice del rinvio riguarda però un altro aspetto, ovverosia la validità ed efficacia dei diplomi di qualifica rilasciati dal ‘Sannitico’ nel 201 2/2013 sotto il profilo della possibilità stessa di svolgere quegli esami, secondo il regime delle scuole paritarie, ma più in generale anche secondo l’ordinamento scolastico dell’istruzione professionale.
La questione è diversa da quella su cui si è espressa la sentenza rescindente, la quale ha solo ritenuto che i vizi dei procedimenti di esame non possano comportare il disconoscimento del titolo da parte della P.A. presso la quale esso è fatto valere.
6.1 Il tema è qui allora quello in ordine alla possibilità che il decreto di riconoscimento retroattivo della parità comporti di per sé l’insindacabilità anche da questo punto di vista di quegli esami e titoli.
In proposito, è considerazione decisiva quella per cui la parificazione non è fonte di legittimazione al rilascio di qualsivoglia titolo, ma solo di quelli che la scuola parificata può formare in coerenza con le norme che regolano il corrispondente regime, sul piano della ‘parità’ e dell’ordinamento scolastico in generale.
6.2 D’altra parte, non vi è ragione per ritenere che il riconoscimento della parità, nello specifico decreto che viene qui in evidenza e che si caratterizza per l’essere intervenuto ex post , si discosti da tale assetto generale.
Quel decreto va infatti inteso in senso conforme alla legge e quindi come privo della capacità di avallare titoli che non fosse consentito rilasciare e del resto la sentenza impugnata, allorquando ha escluso che il riconoscimento di validità di quegli esami per la qualifica potesse « derivare automaticamente » da esso, lo ha anzi escluso, giustamente valutando l’atto in senso coerente e non dissonante con la normativa.
Né, sul punto, vi sono specifici elementi in senso contrario nella sentenza rescindente, la quale fa generico riferimento al l’assenza di deroghe alla portata retroattiva del decreto dell’USR di attribuzione della parità ed alla conseguente facoltà di rilasciare validi titoli, ma non che vi fosse un riconoscimento in concreto della possibilità di svolgere proprio di quegli esami di qualifica.
Analogamente, non è rilevante che quel decreto richiamasse il disposto dell’art. 4, co. 5, del D.M. 83/2008, in ordine alla gestione delle anagrafiche degli alunni e degli esiti degli esami, perché si tratta di disposizione generale di azione, da osservarsi da parte della scuola paritaria, che certamente può svolgere in generale esami, come previsto dalla normativa primaria e non è in
discussione, ma che non legittima lo svolgimento di esami che -in ipotesi -non potessero essere svolti o non potessero esserlo in quell’anno e per quel titolo.
6.3 Su tali premesse, non è sostenibile che la Pubblica Amministrazione -e tanto più l’Amministrazione scolastica che si trovi a gestire graduatorie o situazioni in cui vi è convergenza di interessi anche di altri sui medesimi beni della vita – non sia chiamata a verificare non solo l’astratta sussistenza della parità, ma anche dei presupposti di fondo per l’esercizio del potere di rilascio dei titoli e quindi il riguardare gli esami ipotesi in cui l’istituto paritario è realmente legittimato a provvedere in tal senso. Come si vedrà, del resto, anche il Consiglio di Stato nella pronuncia resa tra il ‘Sannitico’ ed il Ministero, non preclude per nulla lo spazio per tali verifiche officiose.
La conclusione deriva da lineari esigenze di legalità ed imparzialità, che consentono di valorizzare come equivalenti ai titoli della scuola statale soltanto quelli emessi in condizioni coerenti con l’esistenza in concreto del potere di formarli.
Il tema è quello dell’integrazione effettiva del valore ‘legale’ dei titoli -cui non a caso fa riferimento l’art. 1 , co. 2, della legge n. 62 cit. -il quale, al di là della eventuale natura amministrativa che si voglia attribuire alle certazioni rese dagli istituti privati paritari, discende non solo dalla parificazione dell’istituto, ma anche dalla ricorrenza dei presupposti previsti perché essa possa comportare la formazione del diploma.
Altrimenti si tratterrebbe di atti formati in mancanza dei presupposti per l’esercizio del corrispondente potere e dunque inidonei a realizzare il valore ‘legale’, che è quanto richiesto perché il diploma abbia effetto nei procedimenti in cui esso rileva.
6.4 Per quanto sopra detto, tutto ciò non contrasta con quanto affermato dalla sentenza rescindente, che si è occupata di altri vizi riguardanti le modalità di svolgimento degli esami, né viene in
gioco il tema della disapplicazione di un atto dello stesso Ministero ivi affrontato, perché qui la questione non riguarda il decreto di riconoscimento della parità, ma il potere di svolgere quelle specifiche prove di qualifica e il valore ‘legale’ dei titoli conseguentemente rilasciati.
Ciò posto e venendo alla questione giuridica sostanziale, va considerato che la vicenda oggetto di causa si colloca in concomitanza con il riordino del sistema dell’istruzione professionale ed il passaggio di essa da un regime triennale a quinquennale.
A tal fine il d.p.r. 15 marzo 2010, n. 87 aveva stabilito, all’art. 2, co. 2, la durata quinquennale dei percorsi formativi degli istituti professionali ed all’art. 8, co. 1 che gli istituti esistenti confluissero negli istituti professionali di cui al regolamento « a partire dall’anno scolastico 2010/2011, ferma restando la prosecuzione dei percorsi attivati, sino all’anno scolastico 2009/2010, secondo il previgente ordinamento ».
Peraltro, al co. 5 del medesimo art. 8, era previsto che « a
1, co. 4, lett. f, della legge n. 62 del 2000 cit., secondo cui l’attuazione della parità comporta « l’organica costituzione di corsi completi: non può essere riconosciuta la parità a singole classi, tranne che in fase di istituzione di nuovi corsi completi, ad iniziare dalla prima classe ».
La previsione è inequivocabile e non permette di ritenere possibile che la parità abbia effetto rispetto a classi successive alla prima di un nuovo corso completo, potendosi con il riconoscimento della parità soltanto dare corso a nuovi corsi completi a partire dalla prima classe.
Il complesso normativo di cui sopra è stato dapprima inteso dalla giurisprudenza amministrativa nel senso della piena legittimità del divieto di riconoscimento della parità a classi successive alla prima secondo un regime scolastico in via di esaurimento, ritenendosi che l’art. 1, co. 4, cit. « deve essere inteso nel senso che, in caso di istituzione di nuovi corsi completi per i quali sia richiesta per la prima volta la parità» , quest’ultima « non può, ma deve essere riconosciuta in modo limitato alla sola prima classe » e ciò anche in una logica di ‘organicità’ dell’evoluzione ordinamentale (Consiglio di Stato 12 luglio 2011, n. 4208 ed altre successive conformi).
Tale lettura è stata altresì avallata dalla Corte Costituzionale in sede di scrutinio di legittimità della norma (Corte Costituzionale 24 ottobre 2014, n. 242) e sempre sulla base del menzionato principio di ‘organicità’ espressamente sancito all’art. 4, cit. lett. f), che muove dall’esigenza di assicurare « il rispetto degli standard qualitativi » (Corte Costituzionale n. 242 cit), risultando evidente che ciò può derivare solo dalla conduzione di un corso completo rispettoso delle normative e dei criteri di tempo in tempo vigenti.
7.1 Il regime transitorio di cui all’art. 8, co. 5, cit., va dunque inteso nel senso che, nell’ordinamento scolastico, la gestione di percorsi triennali e la conseguente possibilità di svolgere i
conseguenti esami sussisteva solo per gli istituti che, nel 2010/2011, avessero iniziato una classe prima secondo il vecchio ordinamento e che nessun’altra scuola, statale o paritaria, che non fosse in quelle specifiche condizioni poteva procedervi (v. sull’estensione a tutte le scuole, anche Corte Costituzionale n. 242 cit., punto 6.1, terzo periodo).
7.2 Ciò non trova smentita, ma semmai ragioni di conferma ulteriori in considerazioni di sistema.
Può infatti dirsi che, almeno tendenzialmente, deve esservi un nesso tra didattica e verifiche degli esiti di essa.
Di ciò sono segno la partecipazione alle commissioni, destinate poi ad esaminare anche i candidati esterni, dei c.d. membri interni (art. 4, co. 1 della legge n. 425 del 1997; ora art. 16, co. 4, del d. lgs. n. 62 del 2017), nonché le norme (ora non più contenute ed anzi espressamente abrogate o rese inefficaci dal d. lgs. n. 62 del 2017, art. 26, co. 4 lett. a e co. 6, seconda parte lett. a) che, all’epoca, prevedevano possibilità di formare in via eccezionale commissioni ad hoc per esterni « soltanto » nel caso di « corsi di studio a scarsa o disomogenea diffusione sul territorio nazionale » (art. 4, co. 9, ultima parte, della legge n. 425 del 1997) o qualora il numero di candidati esterni fosse in numero tale da non consentire di operare altrimenti (art. 9, co. 3, ultima parte del d.p.r. n. 323 del 1998, in un contesto in cui comunque si parla di candidati destinati ad afferire a commissioni ‘statali’); così come può per certi versi dirsi adesso rispetto alla disciplina (art. 14, co. 2 del d. lgs. n. 62 cit) degli esami preliminari per i candidati esterni che provengano da un percorso scolastico incompleto, da svolgere davanti al consiglio della classe « dell’istituto, statale o paritario, collegata alla commissione alla quale il candidato è stato assegnato », in modo da ricondurre comunque le verifiche alle dinamiche della didattica scolastica concretamente attuate.
Del resto, è evidente che una ‘scuola’ non è tale per i titoli che rilascia, ma per il percorso formativo che la caratterizza, al cui esito si svolgono i corrispondenti esami, ai quali possono partecipare, insieme con i candidati interni, anche gli esterni.
Tale assetto di fondo vale anche per le scuole paritarie, ove il disposto dell’art. 1 della legge 10.3.2000, n. 62, al comma 2, fa certamente rientrare nella definizione stessa la capacità di operare « a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti, in particolare per quanto riguarda l’abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale », ma ciò in corrispondenza agli ordinamenti generali « dell’istruzione » ed in coerenza con la « domanda formativa » delle famiglie.
Tutto ciò giustifica la conclusione, già sul piano strettamente normativo (art. 8, co. 5, cit.), ma poi anche su quello sistematico, che nel 2012/2013 solo le scuole pubbliche o paritarie che avessero iniziato un corso nel 2010/2011 potevano svolgere esami di qualifica triennale, cui eventualmente potevano partecipare anche candidati esterni.
Il ‘Sannitico’, divenuto paritario dal 2012/2013, non poteva dunque, in quell’anno scolastico, gestire in regime di parità una classe terminale di un corso destinato al rilascio di diplomi di qualifica -e del resto la Corte territoriale neanche afferma che di fatto vi fosse stato un corso di tal fatta – e non poteva neanche realizzare una sessione di esami, per il rilascio di titoli con valore ‘legale’, ovverosia equipollenti ai diplomi di qualifica della scuola pubblica e ciò è esattamente quanto censurato dalla sentenza qui impugnata.
Non basta dunque che il diploma provenga dal ‘Sannitico’ e che quest’ultima fosse scuola paritaria per l’anno 2012/2013, in quanto i titoli non integrano la fattispecie necessaria per il riconoscimento ad essi del menzionato valore ‘legale’.
Già si è detto dell’irrilevanza in proposito del decreto di riconoscimento retroattivo della parità e dunque va ritenuta la piena legittimità del depennamento della ricorrente dalle graduatorie nelle quali non avrebbe potuto essere inserita e la parimenti legittima caducazione del rapporto di lavoro, consequenziale a quel posizionamento in graduatoria, che non avrebbe potuto essere instaurato.
11. In chiusura va peraltro portata l’attenzione sulla pronuncia del Consiglio di Stato 9 febbraio 2024, n. 1317 – resa in giudizio che coinvolgeva direttamente il ‘Sannitico’ e già in parte esaminata dalla Corte del rinvio -con cui è stato rigettato l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione e del Merito avverso la sentenza del T.A.R. Campania di annullamento dei provvedimenti dell’U.S.R. di quella stessa Regione dai quali emergeva -i virgolettati a seguire riportano i passaggi della pronuncia amministrativa in esame – che « con decorrenza dall’anno scolastico 2012- 2013 … l’ente gestore non risulta destinatario di alcuna autorizzazione allo svolgimento di esami di qualifica triennale ».
Il Consiglio di Stato ha precisato che « l’interesse dell’originaria ricorrente alla pronuncia del giudice amministrativo era da rintracciare in una statuizione che affermasse l’esistenza della parità scolastica nell’anno 2012/2013, ed in questi precisi limiti ha deciso il primo giudice, essendo pienamente condivisibile quanto statuito dal TAR adito circa l’affermato effetto retroattivo della sentenza del Consiglio di Stato n. 5211/2015 (si ripete, peraltro, “doppiato” dal decreto dell’USR Campania n. 360 del 11/01/2016 che aveva riconosciuto la parità scolastica in favore del “RAGIONE_SOCIALE” a far data dall’anno scolastico 2012/2013) », ritenendosi non convincente « al riguardo, quanto sostenuto dall’appellante circa la mancanza dell’autorizzazione a sostenere gli esami nell’anno scolastico 2012/2013, risultando evidente che era allora operativo il provvedimento che annullava la parificazione, poi
superato dagli effetti retroagenti della richiamata sentenza del Consiglio di Stato n. 5211/2015 », potendosi altrimenti rischiare che « tali effetti retroattivi» restassero «nei fatti tamquam non esset».
Il Consiglio di Stato aggiunge altresì che non « paiono significativi i dubbi manifestati nell’atto di appello sulla effettività e regolarità delle procedure di esame svolte nell’anno scolastico in questione, poiché tale motivazione non è mai stata sottesa ai provvedimenti impugnati, incentrati sulla carenza del requisito dell’autorizzazione » e conclude tuttavia nel senso che « le dedotte circostanze, comunque in questa sede non provate, lasciano in ogni caso ferme le possibili eventuali iniziative d’ufficio dell’amministrazione, laddove si acclari la carenza delle condizioni di regolare svolgimento degli esami », richiamando infine quanto deciso nella sentenza rescindente di questa S.C.
Il senso complessivo della pronuncia non è per nulla in contrasto con quanto qui si ritiene.
Infatti, in essa si afferma che il decreto di riconoscimento della parità era retroattivo e qui su questo profilo nulla quaestio , perché nella motivazione che precede si è data per appurata una tale retroattività.
Nella pronuncia del Consiglio di Stato si afferma poi, attraverso il richiamo alla sentenza rescindente di questa S.C., che non poteva discutersi delle « modalità di concreto svolgimento degli esami per l’acquisizione della qualifica e, a cascata, sulla validità del diploma conseguito » ed anche qui, su questo punto, nulla questio , per quanto detto al punto 5.3. e poi al punto 6.
Il tema della carenza di ‘autorizzazione’ allo svolgimento degli esami per il 2012/2013 è del resto coerentemente riportato dal Consiglio di Stato a quello della retroattività del decreto di riconoscimento della parità, nel senso che, a fronte di tale incontestata efficacia ex tunc , non vi erano da ottenere autorizzazioni, perché la parità legittima la scuola paritaria a
procedere ad esami ed a rilasciare titoli ed anche su questo punto nulla quaestio .
Significativamente però il Consiglio di Stato, pur dando atto dell’assenza di prova in quel giudizio di elementi sulla regolarità delle prove, espressamente fa salve le debite iniziative d’ufficio della P.A. ove « si acclari la carenza delle condizioni di regolare svolgimento degli esami ».
Tale salvezza ed espressa limitazione della pronuncia rende del tutto compatibile quanto in quella sede giudicato con quanto in questa sede affermato dalla Corte territoriale, perché appunto ciò che ha accertato il giudice del rinvio e che qui si conferma è la mancanza radicale delle condizioni derivanti dalla normativa, dalle quali dipende il riconoscimento del valore ‘legale’ dei conseguenti titoli.
12. Sulla base di quanto sopra, previa parziale integrazione della motivazione elaborata dalla Corte territoriale, il ricorso per cassazione va dunque rigettato.
Le spese del grado seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre spese prenotate e debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 21 gennaio 2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
La Presidente
NOME COGNOME