LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Uso personale macchinari: licenziamento sproporzionato

Un dipendente viene licenziato per aver utilizzato un macchinario aziendale per scopi privati. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici d’appello, ritenendo il licenziamento una sanzione sproporzionata. La valutazione ha tenuto conto di fattori cruciali come l’autorizzazione, seppur informale, da parte di un superiore, la natura episodica dell’evento e la lunga e corretta carriera lavorativa del dipendente. Questo caso sottolinea come, nell’ambito del diritto del lavoro, l’uso personale di macchinari non giustifichi automaticamente la massima sanzione disciplinare, ma richieda un’analisi bilanciata di tutte le circostanze specifiche.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Uso Personale Macchinari: Quando il Licenziamento è Illegittimo

L’uso personale macchinari aziendali da parte di un dipendente è una questione delicata che si colloca al confine tra la violazione disciplinare e la tollerabilità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali su come valutare la proporzionalità del licenziamento in questi casi. La Suprema Corte ha stabilito che, anche a fronte di una condotta teoricamente grave, il licenziamento può essere ritenuto eccessivo se circostanze specifiche, come l’autorizzazione di un superiore e la lunga anzianità di servizio, ne attenuano la gravità.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un lavoratore con 23 anni di anzianità di servizio licenziato per giusta causa. L’addebito era di essersi introdotto, al di fuori dell’orario di lavoro e senza autorizzazione formale, in un’unità produttiva diversa da quella in cui operava abitualmente. Qui, aveva utilizzato un tornio per svolgere una piccola lavorazione di natura personale. L’azienda contestava non solo l’utilizzo non autorizzato di beni aziendali, ma anche la violazione delle norme di sicurezza, sottolineando la pericolosità del macchinario e il rischio di infortuni.

Il lavoratore, tuttavia, si era difeso sostenendo di aver ricevuto il permesso dal responsabile della produzione, dal quale in passato aveva anche appreso le basi per l’uso del tornio. La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, aveva ritenuto il licenziamento sproporzionato, condannando l’azienda a un risarcimento del danno. L’azienda ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte: l’Uso Personale Macchinari e la Proporzionalità

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio cardine del diritto del lavoro: la valutazione sulla gravità di un’infrazione e sulla proporzionalità della sanzione è di competenza del giudice di merito. Tale valutazione è insindacabile in sede di Cassazione, a meno che non sia basata su una motivazione illogica o contraddittoria, cosa che in questo caso non è avvenuta.

La Corte ha ritenuto che i giudici d’appello avessero condotto un’analisi completa ed equilibrata di tutti gli elementi del caso concreto, giungendo a una conclusione logicamente fondata.

Le Motivazioni

Alla base della decisione vi è una valutazione complessiva che va oltre la mera constatazione dell’infrazione. I giudici hanno valorizzato diversi elementi attenuanti che hanno reso l’uso personale macchinari da parte del dipendente un fatto di ‘scarsa importanza’ ai fini della rottura del vincolo fiduciario. In primo luogo, l’autorizzazione, sebbene informale, ricevuta dal responsabile di produzione è stata considerata un fattore determinante. Sebbene tale responsabile potesse non avere il potere formale di autorizzare l’uso privato di attrezzature, il lavoratore poteva ragionevolmente ritenere sufficiente tale permesso. Questo aspetto ha significativamente affievolito l’elemento soggettivo dell’illecito, cioè la colpa del dipendente.
In secondo luogo, sono state considerate la natura meramente episodica della richiesta, la modestia della lavorazione e la sua esecuzione al di fuori dell’orario di lavoro, senza quindi intaccare la prestazione lavorativa. Infine, ha avuto un peso decisivo la lunga anzianità di servizio del lavoratore (23 anni) e la presenza di precedenti disciplinari minimi e molto risalenti nel tempo. Questi fattori hanno convinto i giudici che non sussistesse un fondato dubbio sulla futura correttezza degli adempimenti del lavoratore.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma che il licenziamento per giusta causa è un rimedio estremo, da applicare solo quando la condotta del lavoratore compromette in modo irreparabile e definitivo la fiducia del datore di lavoro. Non è sufficiente che un comportamento violi una norma aziendale o contrattuale per giustificare automaticamente la massima sanzione. È sempre necessario un giudizio di proporzionalità che tenga conto di ogni aspetto della vicenda, sia oggettivo che soggettivo. Per i datori di lavoro, la lezione è chiara: prima di procedere con un licenziamento, è indispensabile una valutazione attenta e ponderata di tutte le circostanze del caso, inclusa la storia lavorativa del dipendente e il contesto in cui si è verificata l’infrazione.

È sempre legittimo il licenziamento per l’uso personale di macchinari aziendali?
No, non sempre. La legittimità dipende da una valutazione complessiva della gravità del fatto, tenendo conto di circostanze attenuanti come l’eventuale autorizzazione di un superiore, la natura episodica del gesto, la sua esecuzione fuori dall’orario di lavoro e la lunga e corretta anzianità di servizio del lavoratore.

L’autorizzazione di un superiore a usare un macchinario per fini personali ha valore, anche se il superiore non ne avrebbe il potere formale?
Sì, ha un valore significativo nell’attenuare la colpa del lavoratore. La Corte ha ritenuto che il dipendente potesse ragionevolmente fare affidamento sul permesso ricevuto dal responsabile della produzione, un soggetto tecnicamente qualificato, affievolendo così l’elemento soggettivo dell’illecito disciplinare.

Quali elementi considera il giudice per valutare la proporzionalità di un licenziamento disciplinare?
Il giudice considera ogni aspetto concreto della vicenda, tra cui: la gravità oggettiva del fatto, la modestia del danno o del rischio creato, il contesto in cui è avvenuto (es. fuori orario di lavoro), l’elemento soggettivo (la colpa del lavoratore), la presenza di autorizzazioni, la lunga anzianità di servizio e l’assenza di precedenti disciplinari significativi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati