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Uso aziendale: quando la prassi diventa un diritto

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di un lavoratore a ricevere un’indennità forfettaria per straordinari, basandosi su un consolidato uso aziendale. Nonostante l’azienda sostenesse l’assenza di una prassi vincolante, i giudici hanno stabilito che un comportamento spontaneo, generalizzato e reiterato nel tempo, che offre un trattamento più favorevole rispetto al contratto collettivo, si trasforma in un obbligo per il datore di lavoro. Il ricorso dell’azienda è stato quindi respinto, consolidando il principio che la consuetudine aziendale è fonte di diritti quesiti per i dipendenti.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Uso Aziendale: Quando una Prassi Concessa dal Datore di Lavoro Diventa un Diritto Vincolante

Nel complesso mondo del diritto del lavoro, non sono solo le leggi e i contratti a definire i diritti e i doveri delle parti. A volte, una consuetudine, una prassi consolidata nel tempo, può assumere la stessa forza di un obbligo contrattuale. Questo è il principio cardine dell’uso aziendale, un concetto che la Corte di Cassazione ha recentemente ribadito in un’importante ordinanza. La decisione chiarisce come un comportamento spontaneo e generalizzato del datore di lavoro possa trasformarsi in un diritto acquisito per i dipendenti, specialmente in materia di retribuzione.

I Fatti del Caso: La Battaglia di un Lavoratore per il Riconoscimento dei Suoi Diritti

La vicenda ha origine dalla richiesta di un lavoratore, a cui era stata riconosciuta in sede giudiziale la qualifica superiore di ‘Quadro’ retroattivamente, di ottenere lo stesso trattamento economico garantito agli altri colleghi di pari livello. In particolare, il lavoratore rivendicava il pagamento di un emolumento retributivo integrativo e di un’indennità per straordinario forfettizzato, somme che l’azienda erogava costantemente ai dipendenti con quella qualifica. L’azienda si opponeva, sostenendo che tali elargizioni non derivassero da un obbligo, ma da una scelta discrezionale, e che non esistesse un vero e proprio uso aziendale vincolante.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione al lavoratore, condannando l’azienda al pagamento delle differenze retributive. I giudici di merito avevano accertato l’esistenza di una prassi reiterata e generalizzata, tale da costituire un uso aziendale che garantiva un trattamento di maggior favore rispetto a quello previsto dal contratto collettivo nazionale.

La Decisione della Corte: L’Uso Aziendale e il Suo Valore Contrattuale

L’azienda, non soddisfatta delle decisioni dei primi due gradi di giudizio, ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali: la presunta violazione delle norme che regolano gli usi aziendali, l’errata interpretazione delle clausole contrattuali collettive e una valutazione non critica delle prove.

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso. Gli Ermellini hanno confermato l’orientamento consolidato secondo cui un uso aziendale sorge quando esiste una prassi generalizzata, attuata attraverso la mera reiterazione di comportamenti spontanei (e non in adempimento di un obbligo preesistente), che si traduce in un trattamento più favorevole per i dipendenti. Una volta formatosi, tale uso agisce sul piano dei rapporti individuali con la stessa efficacia di un contratto collettivo.

L’impatto dell’uso aziendale sulla retribuzione

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente individuato la sussistenza di un uso aziendale relativo alla concessione di un’indennità forfettaria per lavoro straordinario a tutti i dipendenti con qualifica di Quadro. La circostanza che il contratto collettivo rimettesse alla ‘volontà datoriale’ il riconoscimento di tale compenso non impedisce che l’esercizio reiterato e generalizzato di tale volontà dia vita a una prassi vincolante.

Inoltre, la Corte ha chiarito che il fatto che il lavoratore, prima del riconoscimento della qualifica superiore, avesse ricevuto il pagamento per le singole ore di straordinario effettivamente svolte, non era di ostacolo al suo diritto. I giudici di merito avevano correttamente calcolato solo la differenza tra quanto dovuto in base all’uso aziendale e quanto già percepito.

le motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su principi giuridici consolidati. In primo luogo, l’uso aziendale è una fonte di obbligazione unilaterale e collettiva, che si integra nel contratto individuale di lavoro. Per la sua formazione è sufficiente un comportamento costante e generalizzato del datore di lavoro, non essendo richiesta una specifica volontà di obbligarsi. In secondo luogo, l’accertamento dell’esistenza di tale prassi è una valutazione di fatto, riservata al giudice di merito, che la Cassazione può sindacare solo in caso di vizio motivazionale grave, qui non riscontrato. Infine, la Corte ha ribadito che la valutazione delle prove è prerogativa del giudice di merito, il quale è libero di fondare il proprio convincimento sugli elementi che ritiene più attendibili, senza dover confutare esplicitamente ogni singola prova contraria.

le conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale a tutela dei lavoratori: le consuetudini favorevoli, una volta consolidate all’interno di un’azienda, non possono essere negate unilateralmente. Per i datori di lavoro, la decisione serve da monito sulla necessità di gestire con attenzione le politiche retributive e i benefit, poiché prassi inizialmente discrezionali possono evolvere in obblighi giuridici. Per i lavoratori, invece, rappresenta la conferma che i diritti possono nascere non solo dalla legge o dal contratto, ma anche dai comportamenti concreti e reiterati tenuti in azienda.

Quando una consuetudine in azienda si trasforma in un diritto per il lavoratore?
Quando il comportamento del datore di lavoro, che concede un trattamento più favorevole di quello previsto da legge o contratto, è spontaneo (non frutto di un obbligo preesistente), generalizzato a tutti i dipendenti o a una categoria di essi, e reiterato costantemente nel tempo.

Un uso aziendale può essere modificato o eliminato dal datore di lavoro?
L’ordinanza specifica che l’uso aziendale, avendo efficacia pari a un contratto collettivo, può essere modificato da un successivo accordo, anche in senso peggiorativo, ma devono essere salvaguardati i diritti già acquisiti (diritti quesiti) dai lavoratori fino a quel momento.

Il pagamento di straordinari specifici esclude il diritto a un’indennità forfettaria basata su un uso aziendale?
No. La Corte ha stabilito che è corretto calcolare la differenza tra l’indennità forfettaria spettante in base all’uso aziendale (legato alla qualifica superiore) e le somme già percepite dal lavoratore a titolo di lavoro straordinario effettivamente svolto nello stesso periodo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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