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Uso aziendale: la Cassazione fissa i limiti alla revoca

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12473/2025, ha stabilito che un’azienda non può revocare unilateralmente e implicitamente un uso aziendale favorevole ai dipendenti, come la prassi di non assorbire il superminimo. Per essere legittima, la revoca deve essere giustificata da un mutamento delle circostanze e comunicata formalmente a tutti i lavoratori, in ossequio ai principi di correttezza e buona fede.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Uso Aziendale: La Cassazione Stabilisce i Limiti alla Revoca Unilaterale

L’uso aziendale rappresenta una fonte non scritta di diritti per i lavoratori, capace di integrare e migliorare le condizioni previste dai contratti. Ma cosa succede quando un datore di lavoro decide di interrompere una prassi favorevole consolidata nel tempo? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, stabilendo che la revoca di un uso aziendale non può essere né implicita né arbitraria, ma deve seguire un percorso formale e giustificato.

Il Caso: Dal Superminimo Non Assorbito alla Controversia

La vicenda trae origine dalla decisione di una grande società di telecomunicazioni di modificare la propria politica retributiva. Per anni, l’azienda aveva costantemente evitato di ‘assorbire’ il superminimo individuale dei suoi dipendenti negli aumenti salariali derivanti dai rinnovi del contratto collettivo. Questo comportamento, ripetuto nel tempo e applicato a tutta la generalità dei lavoratori, aveva generato un uso aziendale che garantiva un trattamento di maggior favore.

Tuttavia, a fronte di un nuovo accordo collettivo, la società aveva cambiato rotta, iniziando ad operare l’assorbimento. I lavoratori si sono opposti, sostenendo che la prassi consolidata avesse creato un diritto acquisito. Mentre il tribunale di primo grado aveva dato loro ragione, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, ritenendo che l’azienda potesse legittimamente tornare sui suoi passi e applicare il principio generale dell’assorbibilità.

La Questione Giuridica sull’Uso Aziendale

La controversia è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, chiamata a rispondere a una domanda fondamentale: un datore di lavoro può unilateralmente e semplicemente smettendo di seguire una prassi, revocare un uso aziendale favorevole? Per i giudici di legittimità, la risposta è negativa.

I lavoratori hanno sostenuto che l’uso aziendale, una volta formatosi, non potesse essere revocato da un mero comportamento contrario, ma richiedesse un atto formale, come una disdetta esplicita o un nuovo accordo sindacale di pari livello. L’azienda, dal canto suo, sosteneva di aver semplicemente ripristinato una facoltà, quella dell’assorbimento, già prevista contrattualmente.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dei lavoratori, cassando la sentenza d’appello. Il ragionamento dei giudici si fonda sulla natura stessa dell’uso aziendale, qualificato come fonte sociale del diritto del lavoro, assimilabile per efficacia a un contratto collettivo aziendale. Sebbene un’azienda non sia vincolata ‘sine die’ (per sempre) a una prassi, non può liberarsene in modo arbitrario. La revoca di un uso aziendale, definita ‘disdetta’, deve rispettare i principi di correttezza e buona fede. Questo si traduce in due requisiti fondamentali:

1. Giustificazione: La disdetta deve essere fondata su un sopravvenuto e sostanziale mutamento delle circostanze rispetto al momento in cui l’uso si è formato. Un esempio potrebbe essere una significativa riorganizzazione del trattamento economico a seguito di un nuovo contratto collettivo.
2. Formalizzazione: La volontà di interrompere la prassi deve essere comunicata formalmente ed esplicitamente alla collettività dei lavoratori. Tale comunicazione deve essere tempestiva, inequivocabile e deve illustrare le ragioni alla base della decisione, per garantire trasparenza e controllo.

La Corte ha quindi stabilito che un comportamento concludente contrario, come quello tenuto dalla società, non è sufficiente per estinguere i diritti sorti dall’uso aziendale. La Corte d’Appello ha errato nel ritenere che l’azienda potesse semplicemente ‘ripristinare’ la regola dell’assorbimento senza un atto formale di recesso dalla prassi precedente.

Le Conclusioni: Maggiore Tutela per i Diritti dei Lavoratori

Questa pronuncia rafforza la tutela dei diritti acquisiti dai lavoratori attraverso le prassi aziendali consolidate. Il principio affermato è chiaro: i benefici derivanti da un uso aziendale non possono essere cancellati con un colpo di spugna silenzioso. Le aziende che intendono modificare tali prassi sono ora tenute a un onere di trasparenza e giustificazione, dovendo formalizzare la loro decisione e motivarla adeguatamente. Per i lavoratori, ciò significa una maggiore certezza giuridica e la garanzia che i trattamenti di maggior favore, una volta consolidati, non possano essere revocati se non attraverso un percorso chiaro e rispettoso dei principi di buona fede contrattuale.

Un’azienda può cambiare una prassi favorevole ai dipendenti (uso aziendale) in qualsiasi momento?
No. La Cassazione ha stabilito che un’azienda non può revocare un uso aziendale in modo unilaterale e implicito. Sebbene l’uso non sia vincolante per sempre, la sua revoca (‘disdetta’) deve essere giustificata da un mutamento delle circostanze e comunicata formalmente ai lavoratori.

Cosa deve fare un’azienda per revocare legittimamente un uso aziendale?
Deve dimostrare un mutamento sostanziale delle circostanze che giustifichi il cambiamento e deve comunicare formalmente la sua decisione di ‘disdettare’ l’uso alla collettività dei lavoratori, esplicitando le ragioni alla base della revoca. Un semplice comportamento contrario non è sufficiente.

La prassi di non assorbire il superminimo individuale può costituire un uso aziendale?
Sì. Secondo la Corte, la reiterazione costante e generalizzata di un comportamento favorevole al lavoratore, come il mancato assorbimento del superminimo in occasione di plurimi rinnovi contrattuali, integra un uso aziendale che genera diritti per i dipendenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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