Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12473 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12473 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12891-2024 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti principali –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
ricorrente incidentale –
Oggetto
R.G.N. 12891/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 18/03/2025
CC
avverso la sentenza n. 1136/2023 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 11/12/2023 R.G.N. 954/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
Il giudice di primo grado, in accoglimento della domanda proposta dai lavoratori, tutti dipendenti a tempo indeterminato di Telecom Italia s.p.a., i quali avevano lamentato la illegittima riduzione da parte della datrice di lavoro dei rispettivi superminimi individuali assorbibili a decorrere dal gennaio 2018, accertava l’illegittimità degli assorbimenti della voce superminimo individuale operata dalla società datrice in compensazione con gli aumenti dei minimi tabellari e dell’Elemento Retributivo Separ ato (ERS) di cui all’Accordo di programma del 23.11.2017 per il rinnovo del contratto collettivo Telecomunicazioni; per l’effetto condannava Telecom Italia s.p.a. alla ricostituzione della predetta voce goduta fino al gennaio 2018 ed alla restituzione delle somme indebitamente assorbite/trattenute dal febbraio 2018 nella misura per ciascuno in dispositivo quantificata.
La Corte d’appello di Milano, dichiarata cessata la materia del contendere in relazione alla posizione di
NOME COGNOME in accoglimento dell’appello di RAGIONE_SOCIALE ha respinto la domanda degli altri lavoratori.
Per la cassazione della decisione hanno proposto ricorso i lavoratori di cui in epigrafe sulla base di quattro motivi; Telecom Italia s.p.a. ha depositato controricorso con ricorso incidentale condizionato.
Entrambe le parti hanno depositato memoria
Considerato che
Motivi di ricorso principale
Con il primo motivo di ricorso principale parte ricorrente deduce nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c.; denunzia in particolare apparenza di motivazione sulla domanda di accertamento della esistenza di un comportamento concludente in capo a Telecom Italia s.p.a.; tale domanda era in sintesi intesa a far valere la configurabilità nella condotta di Telecom RAGIONE_SOCIALE di un comportamento concludente nel senso di una volontà aziendale intesa a modificare la iniziale natura assorbibile dei superminimi, rendendoli dunque non assorbibili ( v. in particolare ricorso, pag. 24)
Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 comma 2 c.p.c. censurando la sentenza impugnata per omesso rilievo del fatto che la iniziale volontà di Telecom RAGIONE_SOCIALE nel senso della non assorbibilità era stata superata dal successivo comportamento concludente di RAGIONE_SOCIALE nel
senso della volontà negoziale di modificare la iniziale clausola di assorbibilità.
Con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1373, 1374 e 1173 c.c. censurando la sentenza impugnata per avere affermato che l’uso aziendale era stato revocato dal comportamento della società la quale, successivamente all’aumento contrattuale del 2018 , aveva unilateralmente deciso di provvedere all’assorbimento dei superminimi sino ad allora mai assorbiti , senza che occorresse a tal riguardo una specifica previsione o un espresso recesso; ciò in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo la quale per la revoca dell’uso aziendale è necessario un accordo sindacale successivo di pari livello che disponga la revoca espressa dell’uso o una disdetta formale dell’uso da parte del datore di lavoro, non potendo la revoca dell’uso essere implicita o desunta da un comportamento di segno contrario unilateralmente adottato dal datore di lavoro.
Con il quarto motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione del c.c.n.l. 23.11.2017 censurando la sentenza impugnata per avere, in sintesi, affermata l’assorbibilità del superminimo individuale dell’importo corrispondente a ll’ERS , senza tener conto della diversità strutturale delle due voci, che le rendeva sostanzialmente non comparabili (in particolare per non essere l’ERS computabile ai fini del trattamento di fine rapporto e per
includere tale emolumento gli istituti diretti ed indiretti), con conseguente pregiudizio per i lavoratori.
Motivi di ricorso incidentale condizionato
Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato la società deduce violazione e falsa applicazione dei principi giurisprudenziali in tema di assorbimento dei superminimi ed in tema di uso aziendale: erroneo riconoscimento della sussistenza di un uso aziendale. Deduce inoltre violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, comma 2, 2078 e 2697 c.c.; la sentenza impugnata è censurata nella parte in cui ha dichiarato la esistenza d ell’uso aziendale di non assorbimento del superminimo, formatosi in conseguenza della condotta di Telecom. Richiama i consolidati principi giurisprudenziali in tema di generale assorbibilità del superminimo e sostiene che per escludere il meccanismo dell’assorbimento occorrerebbe un vero e proprio accordo novativo volto a derogare al principio generale, accordo novativo non allegato e non privato dai lavoratori. Assume che ad ogni nuovo accordo collettivo è data alla parte datoriale la possibilità in relazione all’assetto modificato di fare applicazione del principio di assorbimento.
Preliminarmente deve essere respinta la richiesta di trattazione in pubblica udienza formulata dalla società ed alla quale hanno aderito i lavoratori, rientrando la valutazione degli estremi per la trattazione del ricorso in udienza pubblica ex art. 375, u.c., c.p.c., e, specificamente, della particolare rilevanza della
questione di diritto coinvolta, nella discrezionalità del collegio giudicante (Cass. n. 5533 del 2017; Cass. n. 26480 del 2020); il collegio ben può escludere, nell’esercizio di tale valutazione discrezionale, la ricorrenza dei presupposti della trattazione in pubblica udienza proprio “in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da applicare al caso di specie” (cfr. Cass. SS.ÚU. n. 14437 del 2018), come nel caso di specie. Invero la presente fattispecie, secondo quanto si andrà ad evidenzi are nell’esame dei motivi di ricorso, principale ed incidentale, non richiede alcun intervento nomofilattico proprio della pubblica udienza ben potendo essere definita sulla base dell’applicazione di principi generali affermati da questa Corte.
Esame dei motivi di ricorso principale
I motivi di ricorso principale, che si esaminano congiuntamente per connessione, sono meritevoli di accoglimento nei limiti di cui in prosieguo non apparendo condivisibile in alcuni profili il ragionamento decisorio seguito dalla Corte di merito.
7.1. La sentenza impugnata, premesso essere incontroversa la natura assorbibile del superminimo individuale secondo quanto emergente dai contratti individuali ed essere altresì incontroverso il mancato assorbimento del superminimo individuale in occasione di plurimi rinnovi contrattuali, ha condiviso la valutazione di prime cure circa la configurabilità di un uso aziendale di ‘ non assorbimento’ che determinava un trattamento di miglior favore per i lavoratori; rilevato, quindi, essere
pacifico che nell’Accordo di programma non vi era alcun riferimento ad una volontà aziendale di assorbire gli aumenti contrattuali introdotti e che non vi era alcun riferimento ad una disdetta del contestato uso aziendale (sentenza, pag.10 ultimo capoverso), sul presupposto che l’ uso aziendale non implicava la perpetuità del vincolo obbligatorio da esso scaturente, ha ritenuto che ben poteva la società, a fronte degli aumenti salariali sanciti dall’ultimo contratto aziendale, decidere di disporre nuovamente della facoltà di assorbimento contrattualmente pattuita, senza che occorresse a riguardo una specifica previsione o un espresso recesso, operando la regola generale dell’assorbimento del superminimo nei miglioramenti contemplati dalla disciplina collettiva. In merito all’ERS ha rilevato che esso si configurava quale incremento retributivo a tutti gli effetti e che era incontroverso che a fronte del riconoscimento dell’ERS era stata assorbita una quota di superminimo esattamente corrispondente; la pretesa diversa incidenza o peso delle due voci economiche (per essere comprensiv o l’emolumento denominato ERS anche dei riflessi sugli istituti di retribuzione diretta e indiretta ad eccezione del trattamento di fine rapporto) prospettata dai lavoratori ma specificamente contestata da Telecom Italia s.p.a. non era stata supportata da idonea prova.
7.2. Tanto premesso, deve innanzitutto essere disattesa la denunzia di apparenza di motivazione avendo la Corte di merito argomentato in maniera articolata le ragioni alla base del ‘decisum’, sia in via
autonoma sia mediante rinvio, come consentito ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., a precedenti di merito trascritti nelle parti di pertinenza. Le ragioni esplicitate danno contezza in maniera chiara dei presupposti fattuali e giuridici che sorreggono la decisione di rigetto della pretesa dei lavoratori al non riassorbimento del superminimo in relazione ad ogni futuro aumento contrattuale, avendo, in sintesi, il giudice di appello, una volta dato atto del formarsi di un uso aziendale avente ad oggetto il mancato assorbimento del superminimo, assorbimento contemplato dal contratto individuale, ritenuto tale uso ‘disdettabile’ in via unilaterale dalla società sulla base di comportamento in tal senso concludente.
7.3. Venendo al merito della pretesa azionata, investita dagli ulteriori motivi di ricorso, occorre muovere dalla considerazione che, come noto, costituisce ‘ius receptum’ l’affermazione che il cosiddetto superminimo, ossia l’eccedenza retributiva rispetto ai minimi tabellari, individualmente pattuito tra datore di lavoro e lavoratore, è normalmente soggetto al principio dell’assorbimento nei successivi miglioramenti contemplati dalla disciplina collettiva, tranne che sia da questa diversamente disposto, o che le parti abbiano attribuito all’eccedenza della retribuzione individuale la natura di compenso speciale strettamente collegato a particolari meriti o alla speciale qualità o maggiore onerosità delle mansioni svolte dal dipendente e sia quindi sorretto da un autonomo titolo, alla cui dimostrazione, alla stregua dei principi generali
sull’onere della prova, è tenuto lo stesso lavoratore (Cass. n. 26017/2018, Cass. n. 14689/2012, Cass.19750/2008).
7.4. Non è revocabile in dubbio inoltre che la naturale assorbibilità del superminimo possa venir meno per effetto di diversa pattuizione, individuale o collettiva, o anche in conseguenza di un uso aziendale, vale a dire della reiterazione costante e generalizzata di un comportamento favorevole del datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti che si traduca in trattamento economico o normativo di maggior favore rispetto a quello previsto dai contratti (individuali e collettivi). L’uso aziendale -che per costante affermazione del giudice di legittimità appartiene al novero delle cosiddette fonti sociali, tra le quali vanno considerati sia i contratti collettivi, sia il regolamento d’azienda e che sono definite tali perché, pur non costituendo espressione di funzione pubblica, neppure realizzano meri interessi individuali, in quanto dirette a conseguire un’uniforme disciplina dei rapporti con riferimento alla collettività impersonale dei lavoratori di un’azienda -agisce sul piano dei singoli rapporti individuali allo stesso modo e con la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale. Ne consegue che ove la modifica “in melius” del trattamento dovuto ai lavoratori trovi origine nell’uso aziendale, ad essa non si applica né l’art. 1340 cod. civ. – che postula la volontà, tacita, delle parti di inserire l’uso o di escluderlo – né, in generale, la disciplina civilistica sui contratti – con esclusione, quindi, di un’indagine sulla volontà del datore di lavoro e dei
sindacati – né, comunque, l’art. 2077, comma secondo, cod. civ., con la conseguente legittimazione delle fonti collettive (nazionali e aziendali) di disporre una modifica “in peius” del trattamento in tal modo attribuito (Cass. n. 8342/2010, Cass. n. 5882/2010, Cass. n. 15489/2007); in conseguenza, salvaguardati i diritti quesiti, l’uso aziendale può essere modificato da un successivo accordo anche in senso peggiorativo per i lavoratori (Cass. n. 3296/2016).
7.5. In relazione a tale ultimo profilo, occorre considerare che la sentenza dà atto che nell’Accordo di programma difetta qualsiasi riferimento alla volontà aziendale di assorbire gli aumenti contrattuali e che non vi è alcun riferimento ad una disdetta del (contestato) uso aziendale ma ritiene comunque l’uso aziendale favorevole venuto meno con l’attuazione dell’Accordo di programma del 23.11.2017; il giudice di appello valorizza a tal fine la considerazione che l’uso aziendale non potrebbe comportare la vigenza ‘ sine die ‘ del trattamento migliorativo ‘rendendo perpetuo il vincolo obbligatorio, né cristallizzare il presunto diritto del lavoratore a mantenere invariato nel tempo l’emolumento speciale percepito <
> ( sentenza, pag.13).
7.6. In base al ragionamento decisorio seguito dalla Corte, quindi, la parte datoriale ben potrebbe, a fronte di una diversa modulazione del trattamento economico del dipendente stabilito in sede collettiva, decidere di sottrarsi all’obbligo scaturente dall’uso aziendale e quindi in via unilaterale ‘ripristinare’ la facoltà di avvalersi del principio della normale assorbibilità del superminimo.
7.7. Il Collegio non ritiene conforme a diritto l’approdo al quale è pervenuta la sentenza impugnata .
7.8. In linea di principio appare del tutto condivisibile l’affermazione che l’uso aziendale di non assorbibilità del superminimo non può vincolare ‘sine die’ la parte datoriale, impedendole a fronte di tutti i successivi rinnovi contrattuali l’esercizio d i una facoltà comunque prevista nel contratto individuale. A riguardo può farsi utile riferimento a quanto statuito da questa Corte in tema di contratto collettivo senza un termine predeterminato di efficacia. Il giudice di legittimità ha infatti affermato che esso non può vincolare per sempre le parti contraenti perché in tal caso finirebbe per essere vanificata la causa e la funzione sociale della contrattazione collettiva, la cui disciplina, da sempre modellata su termini temporali non eccessivamente dilatati, deve parametrarsi su una realtà socio economica in continua evoluzione, sicché a tale contrattazione va estesa la regola, di generale applicazione nei negozi privati, secondo cui il recesso unilaterale rappresenta
una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, che risponde all’esigenza di evitare – nel rispetto dei criteri di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto la perpetuità del vincolo obbligatorio (così Cass. 23105/2019).
7.9. Invero, anche nel caso dell’uso aziendale, la cristallizzazione del vincolo da esso scaturente finirebbe per non essere funzionale alle esigenze di una realtà socio economica sulla quale l’uso aziendale è destinato ad incidere, per definizione mutevole nel tempo. Va quindi affermata, in linea di principio, la possibilità per la parte datoriale di ‘disdettare’ l’uso aziendale.
7.10. Tale possibilità, onde evitare che essa si traduca nella sottrazione al vincolo scaturente dall’uso, rimessa alla sostanziale arbitrarietà del datore di lavoro, deve essere esercitata in conformità del principio di correttezza e buona fede ed in coerenza con le caratteristiche di fonte sociale, pacificamente riconosciuta a tale strumento destinato ad operare quale fonte eteronoma di regolazione del rapporto di lavoro. Ciò implica, innanzitutto la necessità che la disdetta sia giustificata, vale a dire fondata su un sopravvenuto sostanziale mutamento di circostanze rispetto all’epoca di formazione dell’uso aziendale quali, ad esempio, una rimodulazione del trattamento economico dei dipendenti per effetto di successivo contratto collettivo; implica, inoltre, la necessità di una sua formalizzazione, mediante dichiarazione della parte datoriale che espliciti le ragioni alla base della ‘disdetta’ medesima, diretta
alla collettività dei lavoratori. Viene qui in rilievo la considerazione della natura di fonte sociale dell’uso aziendale, destinata ad avere ricadute su interessi di carattere collettivo riferiti alla generalità dei lavoratori, i quali, per un’elementare esigenza di trasparenza e controllo, come proprio del fisiologico esplicarsi delle relazioni aziendali, devono avere tempestiva, inequivoca ed adeguata conoscenza della volontà datoriale di ‘recedere’ dall’uso e delle ragioni che la sorreggono; ciò analogamente a quanto avviene di regola in ipotesi di disdetta del contratto collettivo realizzata mediante dichiarazione formale alla controparte sociale, contratto cui l’uso aziendale è assimilato quale fonte di regolazione della generalità dei rapporti di lavoro.
7.11. In base alle considerazioni che precedono il ricorso principale deve essere accolto per quanto di ragione.
L’accoglimento del ricorso principale comporta la necessità di esame del motivo di ricorso incidentale condizionato proposto da Telecom Italia s.p.a. .
8.1. Il motivo è infondato. Si premette che l’accertamento fattuale della reiterazione costante e generalizzata del comportamento favorevole del datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti, consistito nel mancato assorbimento del superminimo individuale in occasione di plurimi rinnovi contrattuali, non risulta investito da specifica censura, del resto preclusa dal disposto dell’art. 360, comma 5, c.p.c. in tema di <>. Ciò posto, l’assunto dell’odierna
ricorrente incidentale secondo la quale l’esclusione dell’assorbibilità richiedeva una comune volontà delle parti in tal senso, derogatoria alla naturale assorbibilità del superminimo, risulta privo di pregio alla luce della condivisibile giurisprudenza di legittimità che al fine della configurazione dell’uso aziendale esclude rilievo all’elemento volontaristico, ritenendo sufficiente il fatto oggettivo della reiterazione costante e generalizzata di un comportamento favorevole del datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti che si traduca in trattamento economico o normativo di maggior favore dovuto ai lavoratori ( Cass. n. 8342/2010, 5882/2010, Cass. n. 15489/2007 cit.).
In conclusione, in base a tutte le considerazioni che precedono, in accoglimento per quanto di ragione del ricorso principale, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio – per il riesame della fattispecie alla luce delle ragioni cassatorie – alla Corte di appello di Milano in diversa composizione. Alla Corte di rinvio è altresì demandato il regolamento delle spese di lite del giudizio di legittimità.
Al rigetto del ricorso incidentale consegue, la condanna della parte ricorrente incidentale al raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma quater d.p.r. n. 115/2002, nella sussistenza dei relativi presupposti processuali.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale. Cassa la
sentenza impugnata e rinvia anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione .
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 18 marzo