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Uso aziendale: come si revoca? La Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha stabilito che un datore di lavoro non può revocare un uso aziendale favorevole ai dipendenti, come la non assorbibilità del superminimo, semplicemente smettendo di applicarlo. Analizzando il caso di alcuni lavoratori di una società di telecomunicazioni, la Corte ha chiarito che per la revoca è necessario un atto formale, una “disdetta” giustificata da un mutamento di circostanze e comunicata esplicitamente a tutti i dipendenti. La sentenza di appello, che aveva dato ragione all’azienda, è stata annullata con rinvio.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Uso aziendale e superminimo: quando il datore di lavoro può cambiare le regole?

L’ordinanza in esame affronta una questione cruciale nel diritto del lavoro: i limiti e le modalità con cui un datore di lavoro può modificare un uso aziendale favorevole ai dipendenti. In particolare, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla legittimità della revoca di una prassi consolidata di non assorbimento del superminimo individuale, stabilendo principi chiari sulla necessità di un atto formale e motivato. Questa decisione offre importanti spunti di riflessione sia per le aziende che per i lavoratori.

I Fatti: la controversia sul superminimo assorbibile

Un gruppo di lavoratori dipendenti di una grande società di telecomunicazioni aveva citato in giudizio l’azienda. Il motivo del contendere era la decisione unilaterale del datore di lavoro di modificare la gestione di una parte della loro retribuzione, il cosiddetto “superminimo individuale”. Per anni, l’azienda aveva seguito la prassi di non “assorbire” questo superminimo con gli aumenti salariali previsti dai rinnovi del contratto collettivo nazionale. In pratica, ogni aumento si sommava alla paga esistente, garantendo un reale incremento economico.

A partire da gennaio 2018, a seguito di un nuovo accordo collettivo, l’azienda aveva interrotto questa prassi, iniziando ad assorbire gli aumenti nel superminimo. Di conseguenza, la retribuzione di fatto di molti dipendenti non era aumentata come in passato, dando origine alla vertenza legale.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

In primo grado, il tribunale aveva dato ragione ai lavoratori, riconoscendo l’esistenza di un uso aziendale consolidato e dichiarando illegittima la nuova pratica di assorbimento. Aveva quindi condannato l’azienda a ripristinare la voce retributiva e a restituire le somme indebitamente trattenute.

La Corte d’Appello, tuttavia, aveva ribaltato la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, l’azienda aveva il diritto di riprendere ad applicare la regola generale dell’assorbimento del superminimo, senza che fosse necessario un recesso formale o una previsione specifica nel nuovo accordo collettivo. La semplice adozione di un comportamento diverso era stata ritenuta sufficiente per interrompere l’uso aziendale precedente.

L’uso aziendale e le condizioni per la sua revoca

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dei lavoratori, cassando la sentenza d’appello e stabilendo un principio di diritto fondamentale. I giudici hanno affermato che un uso aziendale, in quanto fonte di obbligazioni che migliora il trattamento dei lavoratori, non può essere revocato da un mero comportamento contrario e unilaterale del datore di lavoro. Sebbene un uso aziendale non sia destinato a durare in eterno, la sua cessazione deve seguire regole precise che tutelino l’affidamento dei dipendenti e la stabilità dei rapporti.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando la natura dell’uso aziendale come “fonte sociale” di regolamentazione del rapporto di lavoro, assimilabile per efficacia a un contratto collettivo aziendale. Di conseguenza, la sua revoca non può essere lasciata alla piena discrezionalità del datore di lavoro. Per essere legittima, la revoca, definita come “disdetta”, deve possedere specifici requisiti:

1. Giustificazione: Deve essere fondata su un sopravvenuto e sostanziale mutamento delle circostanze rispetto al momento in cui l’uso si è formato (ad esempio, una significativa riorganizzazione aziendale o una rimodulazione complessiva del trattamento economico).
2. Formalizzazione: Deve avvenire tramite una dichiarazione esplicita e formale, diretta alla collettività dei lavoratori.
3. Trasparenza: La dichiarazione deve esplicitare le ragioni alla base della disdetta, per consentire ai lavoratori di comprendere la decisione e per garantire un controllo sulla sua correttezza.

In sostanza, la Corte ha stabilito che un comportamento implicito non è sufficiente. È necessario un atto formale che, analogamente a quanto accade per i contratti collettivi, comunichi in modo chiaro e motivato la volontà di porre fine alla prassi consolidata.

Le Conclusioni

La pronuncia della Cassazione rafforza la tutela dei diritti acquisiti dai lavoratori tramite prassi aziendali consolidate. Per le aziende, ciò significa che la modifica di trattamenti di miglior favore derivanti da un uso aziendale richiede un percorso formale e trasparente, non essendo sufficiente un semplice cambiamento di rotta non comunicato. Per i lavoratori, questa ordinanza rappresenta un importante riconoscimento del valore vincolante delle prassi aziendali e offre uno strumento di tutela contro modifiche unilaterali e immotivate delle condizioni retributive. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare la questione attenendosi a questi principi.

Un datore di lavoro può eliminare un uso aziendale favorevole ai dipendenti semplicemente smettendo di applicarlo?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un comportamento contrario non è sufficiente per revocare un uso aziendale. La revoca richiede un atto formale, esplicito e motivato.

Quali sono le condizioni necessarie per revocare legittimamente un uso aziendale?
La revoca deve essere giustificata da un mutamento sostanziale delle circostanze, deve essere formalizzata tramite una dichiarazione esplicita (una “disdetta”) diretta a tutti i lavoratori e deve spiegare le ragioni alla base della decisione, nel rispetto dei principi di trasparenza e correttezza.

Un uso aziendale è vincolante per sempre per l’azienda?
No, l’uso aziendale non crea un vincolo perpetuo. Tuttavia, la sua modifica o revoca non può essere arbitraria ma deve seguire una procedura formale e motivata, simile a quella prevista per la disdetta di un contratto collettivo, per tutelare la stabilità dei rapporti e l’affidamento dei lavoratori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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