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Uso aziendale: come revocarlo? La Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha stabilito che un’azienda non può revocare unilateralmente un uso aziendale favorevole ai dipendenti, come la prassi di non assorbire i superminimi, semplicemente adottando un comportamento contrario. La revoca, sebbene possibile, richiede un atto formale, giustificato da un mutamento delle circostanze e comunicato in modo trasparente a tutti i lavoratori. La sentenza di appello, che aveva permesso la revoca implicita, è stata annullata con rinvio.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Uso Aziendale: Non Basta un Comportamento Contrario per Revocarlo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito i limiti e le modalità con cui un datore di lavoro può modificare un uso aziendale favorevole ai dipendenti. Il caso, che ha visto contrapposti un gruppo di lavoratori e una grande società di telecomunicazioni, verteva sulla legittimità della revoca di una prassi consolidata, quella del non assorbimento del superminimo individuale. La Suprema Corte ha stabilito che non è sufficiente un mero comportamento contrario per cancellare un beneficio entrato nella consuetudine; serve un atto formale, giustificato e trasparente.

I Fatti del Caso: La Prassi e il Cambiamento

Per anni, una nota azienda aveva seguito la prassi di non assorbire i superminimi individuali dei suoi dipendenti con gli aumenti salariali derivanti dai rinnovi contrattuali. Questo comportamento, reiterato nel tempo e applicato alla generalità dei lavoratori, aveva generato un vero e proprio uso aziendale, ossia un trattamento di maggior favore consolidato.

Tuttavia, a seguito di un nuovo accordo collettivo nel 2017, la società aveva cambiato rotta, iniziando ad assorbire i superminimi. I lavoratori hanno quindi agito in giudizio, sostenendo l’illegittimità di tale assorbimento. Mentre il tribunale di primo grado aveva dato loro ragione, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, ritenendo che l’azienda potesse legittimamente ripristinare il principio generale dell’assorbibilità, revocando di fatto l’uso precedente.

L’Uso Aziendale e la sua Revoca secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dei lavoratori, cassando la sentenza d’appello. Il punto centrale della decisione è che l’uso aziendale, pur non essendo un vincolo perpetuo e immutabile (“sine die”), non può essere revocato in modo implicito o unilaterale.

La Suprema Corte equipara l’efficacia dell’uso aziendale a quella di un contratto collettivo aziendale. Di conseguenza, la sua modifica o revoca non può essere lasciata all’arbitrio del datore di lavoro. Sebbene l’azienda possa “disdettare” una prassi consolidata, tale atto deve rispettare precise condizioni per essere legittimo.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha delineato un percorso chiaro per la revoca di un uso aziendale. La decisione datoriale deve essere:

1. Giustificata: Deve fondarsi su un sopravvenuto e sostanziale mutamento delle circostanze, come ad esempio una significativa riorganizzazione economica introdotta da un nuovo contratto collettivo.
2. Formalizzata: La volontà di recedere dall’uso deve essere manifestata attraverso una dichiarazione esplicita e formale, diretta alla collettività dei lavoratori. Non è sufficiente un semplice comportamento concludente di segno opposto.
3. Trasparente: La dichiarazione deve esplicitare le ragioni alla base della “disdetta”, in ossequio ai principi di correttezza e buona fede che devono governare i rapporti di lavoro e le relazioni aziendali.

In sostanza, i lavoratori devono essere messi a conoscenza in modo inequivocabile della volontà del datore di lavoro di interrompere la prassi e delle motivazioni che sorreggono tale scelta. Questo garantisce trasparenza e permette un controllo sulla legittimità dell’operato aziendale.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela dei diritti quesiti dei lavoratori derivanti da prassi aziendali consolidate. Per i datori di lavoro, essa rappresenta un monito importante: le pratiche favorevoli, una volta divenute uso aziendale, acquisiscono una forza vincolante che non può essere eliminata con un semplice cambio di rotta. La revoca è possibile, ma solo attraverso un percorso formale che rispetti i principi di giustificazione, comunicazione esplicita e trasparenza. La decisione della Cassazione, annullando la sentenza precedente, ha quindi rinviato il caso alla Corte d’Appello di Milano, che dovrà riesaminare la fattispecie attenendosi a questi fondamentali principi di diritto.

Un datore di lavoro può unilateralmente modificare un uso aziendale favorevole per i dipendenti?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la revoca di un uso aziendale non può avvenire con un semplice comportamento contrario. Anche se non è un vincolo perpetuo, la sua modifica richiede un atto formale, giustificato da mutate circostanze e comunicato in modo trasparente alla collettività dei lavoratori.

Cosa si intende per ‘uso aziendale’ in questo contesto?
Si intende la reiterazione costante e generalizzata di un comportamento favorevole del datore di lavoro, come il mancato assorbimento del superminimo individuale in occasione di aumenti contrattuali. Tale prassi si traduce in un trattamento economico di maggior favore rispetto a quello previsto dai contratti individuali o collettivi.

Quali condizioni sono necessarie per revocare legittimamente un uso aziendale?
La revoca (‘disdetta’) deve essere giustificata da un sostanziale mutamento delle circostanze (es. un nuovo contratto collettivo), formalizzata con una dichiarazione esplicita del datore di lavoro diretta ai lavoratori, e deve spiegare le ragioni della decisione in conformità ai principi di correttezza e buona fede.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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