Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6661 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6661 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 16740 -2019 R.G. proposto da:
COGNOME -c.f. CODICE_FISCALE -rappresentato e difeso in virtù di procura speciale a margine del ricorso dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME.
RICORRENTE
contro
MINISTERO dell ‘ AGRICOLTURA, della SOVRANITA’ ALIMENTARE e delle FORESTE -c.f. NUMERO_DOCUMENTO -in persona del Ministro pro tempore , COMMISSARIO ad acta -GESTIONE ex ASMEZ, in persona del commissario pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla INDIRIZZO, domiciliano per legge.
CONTRORICORRENTI Corte d’Appello di Salerno, avverso la sentenza n. 1771/2018 della
udita la relazione nella camera di consiglio del 7 febbraio 2025 del consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con atto notificato in data 2/4.4.2005 NOME COGNOME citava il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali nonché il Commissario ad acta della Gestione Commissariale dell’ ex Agensud a comparire dinanzi al Tribunale di Salerno (cfr. ricorso, pag. 3) .
Esponeva che in data 10.1.2005 gli era stato notificato il decreto n. 358 del 3.11.2004 del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, Gestione Commissariale ex Agensud.
Esponeva che all’art. 1 del decreto n. 358/2004 era stata disposta la revoca: a) del decreto commissariale di concessione n. 1889 del 26.2.1987, relativo al progetto ‘ PS 33/C/3226/AG ‘, concernente interventi da svolgersi da parte della ‘RAGIONE_SOCIALE a resp. lim.;
b) dei decreti commissariali di liquidazione n. 224 del 30.6.1998 e n. 305 del l’ 1.10.1998, con i quali era stata approvata in favore della ‘ RAGIONE_SOCIALE la liquidazione in conto capitale del contributo di complessive lire 889.363.200, pari ad euro 459.317,76.
Esponeva che all’art. 2 del decreto n. 358/2004 era stata disposta la ripetizione in favore del bilancio dello Stato delle somme già erogate alla ‘B ussento Cooperazione Agricola ‘.
Chiedeva revocare e/o annullare il decreto n. 358 del 3.11.2004 e dichiarare non dovuta la restituzione della somma indicata nello stesso decreto, in quanto
non riguardante egli attore bensì una società cooperativa (cfr. ricorso, pagg. 3 -4) .
Resistevano il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali nonché il Commissario ad acta – Gestione ex Asmez.
Con sentenza n. 2066/2012 il Tribunale di Salerno, ritenuta la propria giurisdizione, ‘dichiarava il difetto di legittimazione attiva di Bove Ciro (…), poiché il decreto di revoca (…) risultava emesso nei confronti della società cooperativa RAGIONE_SOCIALE mentre la notifica del medesimo, nonché dell’istanza di rimborso (…) , veniva effettuata ad un diverso soggetto, ovvero a Bove Ciro (…)’ (così sentenza d’appello, pagg. 1 – 2) .
Proponevano appello il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali nonché il Commissario ad acta – Gestione ex Asmez.
Resisteva NOME COGNOME.
Con sentenza n. 1771/2018 la Corte d’Appello di Salerno accoglieva parzialmente il gravame e, per l’effetto, in riforma dell’appella ta sentenza, condannava NOME COGNOME alla restituzione in favore degli appellanti delle somme quali indicate nel decreto n. 358 del 3.11.2004 ; condannava l’appellato alle spese del doppio grado.
Evidenziava la Corte di Salerno, in punto di legittimazione dell’appellato, che la posizione giuridica di NOME COGNOME era sostanzialmente coincidente con quella della società RAGIONE_SOCIALE, indicata come destinataria delle somme nel decreto di revoca n. 358/2004 (cfr. sentenza d’appello, pag. 4) .
Evidenziava segnatamente che dagli accertamenti eseguiti in sede penale era emerso che l’appellato aveva preso parte alla commissione del reato contestato,
quale asserito legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE società risultata tuttavia inesistente ed indicata al solo scopo del subentro nella procedura di finanziamento (cfr. sentenza d’appello, pag. 4) .
Evidenziava segnatamente che, in ordine alla destinazione delle somme di cui ai decreti commissariali menzionati nel decreto di revoca, nulla NOME COGNOME aveva addotto in comparsa di costituzione (cfr. sentenza d’appello, pag. 4).
Evidenziava dunque che, alla stregua del comportamento processuale nonché degli esiti dell ‘ accertamento operato in sede penale, l’appellato ‘ non che ritenersi l ‘ effettivo destinatario del finanziamento, quindi, il titolare della posizione giuridica per cui si richiedeva tutela in primo grado ‘ (così sentenza d’appello, pag. 4) , il che rendeva ampiamente superabile il difetto formale circa l ‘ indicazione del destinatario nel provvedimento di revoca.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME ne ha chiesto sulla scorta di sei motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.
Il ricorrente ha fatto luogo alla rinnovazione della notifica del ricorso conformemente all’ordinanza interlocutoria dei 10.4/27.6.2024 di questa Corte.
Il Ministero dell ‘Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste nonché il Commissario ad acta -Gestione ex RAGIONE_SOCIALE hanno depositato controricorso; hanno chiesto rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo i l ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione o falsa applicazione de ll’art. 81 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità
del procedimento o dell’impugnata sentenza per assenza d i motivazione e/o per motivazione apparente; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio .
Deduce che la Corte di Salerno non ha per nulla esplicitato ovvero ha solo ‘apparentemente’ esplicitato le ragioni per le quali ha reputato sussistente la sua legittimazione e ha identificato la sua posizione con quella della società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. ricorso, pag. 7) .
Il primo motivo di ricorso va respinto.
Alla stregua dell’enunciazione – dapprima operata e per quel che qui rileva -dei passaggi motivazionali dell’impugnato dictum la Corte di Salerno, in relazione alla legittimazione dell’appellato, ha evidentemente esplicitato le sue ragioni.
Cosicché la motivazione vi è e non può dirsi ‘apparente’ (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16762; Cass. 24.2.1995, n. 2114) .
In pari tempo, ad integrare il denunciato vizio non basta il rilievo per cui la corte d’appello ha erroneamente – correlato i suoi riscontri alla ‘ legitimatio ad causam ‘ (cfr. Cass. 6.3.2008, n. 6132, secondo cui la legittimazione ad agire e contraddire deve essere accertata in relazione alla coincidenza, dal lato attivo, tra il soggetto che propone la domanda ed il soggetto che nella domanda stessa è affermato titolare del diritto e, da quello passivo, tra il soggetto contro il quale la domanda è proposta e quello che nella domanda è affermato soggetto passivo del diritto o comunque violatore di quel diritto) .
Invero, nella specie è venuto in evidenza, propriamente, il profilo della effettiva ascrivibilità a NOME COGNOME della posizione soggettiva passiva correlata ai
decreti commissariali menzionati nel decreto n. 358 del 3.11.2004, profilo senza dubbio attinente al ‘merito’ della lite (cfr. Cass. 23.5.2012, n. 8175, secondo cui non attiene alla ‘ legitimatio ad causam’, ma al merito della lite, la questione relativa alla titolarità, attiva o passiva, del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, risolvendosi nell’accertamento di una situazione di fatto favorevole all’accoglimento o al rigetto della pretesa azionata. Cfr. Cass. sez. un. 16.2.2016, n. 2951, secondo cui (Rv. 638371 – 01) la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto; e secondo cui (Rv. 638373 – 01) la carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso è rilevabile di ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa).
Invano, poi, il ricorrente adduce che la Corte di Salerno ha apoditticamente affermato che la società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ è stata accertata come inesistente e che ‘ha omesso di considerare che nell’indicato decreto si parla solo di società cooperativa e non di ditta individuale’ (così ricorso, pag. 10) .
Difatti, con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404. Cfr., altresì, Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 19.7.2021, n. 20553) .
15. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione o falsa applicazione dell’art. 115, 1° co., cod. proc. civ.
Deduce che non aveva ragione alcuna per contestare di aver personalmente ricevuto i contributi (cfr. ricorso, pag. 12) , siccome aveva impugnato il decreto n. 358 del 3.11.2004, adducendo che non ne era il destinatario e quindi che gli era stato erroneamente notificato (cfr. ricorso, pag. 11) .
Deduce inoltre che la previsione di cui alla seconda parte del 1° co. dell’art. 115 cod. proc. civ. aggiunta dall’art. 45 della legge n. 69/2009 – si applica, ai sensi dell’art. 58 della medesima legge , ai giudizi che hanno avuto inizio in primo grado in epoca successiva al 4.7.2009 e viceversa, nella specie, il giudizio è iniziato in prime cure nel 2005 (cfr. ricorso, pag. 12) .
Il secondo motivo di ricorso del pari va respinto.
Il presente giudizio ha avuto inizio in primo grado nel corso dell’anno 2005 (cfr. sentenza d’appello, pag. 1, ove si dà atto che il giudizio era stato iscritto in primo grado, innanzi al Tribunale di Salerno, al n. 2666/2005 r.g.) .
E senza dubbio la Corte di Salerno ha fatto esplicito riferimento al testo novellato dell’art. 115, 1° co., cod. proc. civ. ( cfr. sentenza d’appello, pag. 4 ) , che, invece, si applica ai giudizi che in prime cure hanno avuto inizio successivamente al 4.7.2009.
D’altra parte, a i sensi del combinato disposto degli artt. 115, 1° co., e 167, 1° co., cod. proc. civ., l ‘ onere di contestazione specifica dei fatti posti dall ‘ attore a fondamento della domanda opera unicamente per il convenuto costituito e nell ‘ ambito del solo giudizio di primo grado, nel quale soltanto si definiscono
irretrattabilmente ‘ thema decidendum ‘ e ‘ thema probandum ‘ , sicché non rileva a tal fine la condotta processuale tenuta dalle parti in appello (cfr. Cass. (ord.) 4.11.2015, n. 22461) .
Ci ò nonostante, l’ ‘ error ‘ in cui la corte distrettuale è incorsa, non è decisivo, non è rilevante, siccome il riscontro -attinente, si è detto, al ‘merito’ della lite -per cui NOME COGNOME non poteva ‘che ritenersi l’effettivo destinatario del finanziamento’, è stato dalla stessa corte territoriale ineccepibilmente e congruamente operato sulla scorta di una più ampia valutazione, ossia pur ‘alla luce dell’accertamento operato in sede penale’ (così sentenza d’appello, pag. 4) , accertamento mercé il quale si era acclarato, appunto, c he la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ era inesistente.
E, beninteso, il giudice civile può utilizzare come fonte del proprio convincimento anche gli elementi probatori raccolti in un giudizio penale (cfr. Cass. 2.7.2010, n. 15714) .
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione o falsa applicazione degli artt. 100 e 345 cod. proc. civ.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio.
Premette che il Tribunale di Salerno aveva dichiarato il suo difetto di legittimazione attiva ed in tal modo aveva accolto l’eccezione sollevata dalle P.A. convenute di difetto di interesse ad agire (cfr. ricorso, pag. 13) .
Premette che nell’atto di appello le P.A. hanno concluso perché fosse dichiarata la sua legittimazione attiva (cfr. ricorso, pag. 13) .
Premette che con la comparsa di costituzione in grado d’appello ha eccepito l’inammissibilità delle conclusioni delle P.A. appellanti, nella parte in cui avevano chiesto, appunto, che fosse dichiarata la sua legittimazione, siccome il primo giudice aveva accolto l’eccezione delle P.A., le quali perciò non potevano ‘ritornare sui propri passi’ (cfr. ricorso, pag. 14) .
Indi deduce che la Corte di Salerno ha omesso di pronunciarsi e sulla propria eccezione e sulla novità delle conclusioni rassegnate in appello dalle P.A. (cfr. ricorso, pag. 14) .
Il terzo motivo di ricorso parimenti va respinto.
Si è premesso e ribadito che attiene al ‘merito’ della lite il profilo della effettiva ascrivibilità a NOME COGNOME della posizione soggettiva passiva connessa ai decreti commissariali menzionati nel decreto n. 358 del 3.11.2004.
Sovviene pertanto l’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte in precedenza richiamato (cfr. Cass. sez. un. n. 2951/2016, cit.) , secondo cui (Rv. 638372 – 01) le deduzioni relative alla titolarità del rapporto controverso hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, e secondo cui (Rv. 638373 – 01) i profili concernenti la titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso sono rilevabili di ufficio dal giudice se risultanti dagli atti di causa.
In questi termini invano il ricorrente adduce che la Corte salernitana ha omesso di pronunciarsi e sulla propria eccezione e sulla novità delle conclusioni rassegnate in appello dalle P.A.
Tanto, più esattamente, alla stregua del rilievo per cui il mancato esame da parte del giudice di una questione puramente processuale non è suscettibile di dar luogo al vizio di omissione di pronuncia – il quale si configura esclusivamente
nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito – ma può configurare un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall ‘ art. 112 cod. proc. civ., se ed in quanto si manifesti erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata -il che non è nella specie alla luce dei riscontri, ancorati alla pronuncia n. 2951/2016 delle sezioni unite, dapprima svolti – la soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica prospettata dalla parte (cfr. Cass. 12.1.2016, n. 321) .
22. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione o falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio.
Premette che le P.A. appellanti hanno nell’atto d’appello chiesto dichiarare dovuta da parte di egli ricorrente la restituzione della somma di cui al decreto di revoca n. 358/2004 (cfr. ricorso, pag. 14) .
Premette che con la comparsa con cui ha provveduto a costituirsi in grado d’appello, ha eccepito l’inammissibilità di tale domanda, per la quale non ha accettato il contraddittorio, siccome ‘ non proposta in primo grado’ (cfr. ricorso, pag. 15) .
Deduce quindi che la Corte di Salerno ha omesso di pronunciarsi al riguardo.
23. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e la nullità dell’impugnata sentenza.
Premette che le P.A. appellanti hanno nell’atto d’appello chiesto dichiarare dovuta da parte di egli ricorrente la restituzione della somma di cui al decreto di revoca n. 358/2004 (cfr. ricorso, pag. 15) .
Premette dunque che le P.A. hanno formulato domanda di accertamento e non già domanda di condanna alla restituzione della somma (cfr. ricorso, pag. 16) e tuttavia la Corte di Salerno ha pronunciato la sua condanna alla restituzione in favore delle P.A. appellanti delle somme di cui al decreto n. 358/2004 (cfr. ricorso, pag. 15) .
Deduce quindi che vi è stata violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (cfr. ricorso, pag. 16) .
Con il sesto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e la nullità dell’impugnata sentenza; altresì la violazione dell’art. 91 cod. proc. civ.
Premette che le P.A. appellanti hanno nell’atto d’appello chiesto ‘vinte le spese’ e dunque hanno chiesto la condanna alla rifusione delle sole spese di secondo grado, non anche la condanna alla rifusione delle spese di primo grado, che il tribunale aveva compensato (cfr. ricorso, pag. 16) .
Premette che la Corte di Salerno lo ha condannato alla rifusione delle spese e di secondo grado e di primo grado (cfr. ricorso, pag. 16) .
Deduce quindi che vi è stata violazione -pur in parte qua – del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (cfr. ricorso, pag. 16) .
Il quarto motivo ed il quinto motivo di ricorso sono da esaminare congiuntamente, siccome all’evidenza connessi ; in ogni caso, il quarto motivo è
da respingere ed il quinto motivo è da accogliere; nell’accoglimento del quinto motivo resta assorbita la disamina del sesto motivo.
Effettivamente non si ha riscontro della proposizione in prime cure da parte delle P.A. allora convenute, poi appellanti ed in questa sede controricorrenti, di domanda riconvenzionale volta ad ottenere la declaratoria dell’obbligo di NOME COGNOME di far luogo alla restituzione della somma di cui ai decreti commissariali poi richiamati nel decreto di revoca n. 358/2004 nonché volta alla condanna di NOME COGNOME alla restituzione delle medesime somme (‘si conclude perché la domanda venga dichiarata improponibile ed infondata ‘: così comparsa di costituzione in primo grado delle P.A. appellanti) .
Del resto, le P.A. hanno in controricorso confermato di aver domandato il rigetto della domanda attorea esperita da NOME COGNOME ‘stante la natura del provvedimento ministeriale -revocatoria e restitutoria -(…)’ (così controricorso, pag. 7) .
Ciò nondimeno , allorché le P.A. hanno chiesto in appello che ‘venisse accertato il proprio diritto ad ottenere la restituzione di quanto erogato’ (così sentenza d’appello, pag. 2) , non hanno esperito una domanda ‘ nuova ‘, giacché non proposta in prime cure, e dunque inammissibile ex art. 345 cod. proc. civ.
Invero, questa Corte spiega che la domanda proposta in grado d ‘ appello per sentir dichiarare, in riforma della decisione di primo grado, il diritto al rimborso dell ‘ i.v.a. sulle fatture emesse in relazione alle prestazioni eseguite nell ‘ ambito del rapporto dedotto in giudizio non introduce un nuovo tema di indagine rispetto alla pretesa della controparte di accertamento negativo dell ‘ obbligo di
rimborsare l ‘ i.v.a., ma si contrappone specularmente a quest ‘ ultima volta a paralizzarla (cfr. Cass. 22.12.1994, n. 11063) .
E, ben vero, nella specie, NOME COGNOME aveva in primo grado chiesto dichiarare non dovuta la restituzione della somma indicata nel decreto n. 358 del 3.11.2004.
28. Al contempo, inutilmente il ricorrente si duole del fatto che la Corte di Salerno ha omesso di pronunciarsi sull’eccezione di novità ex art. 345 cod. proc. civ. della domanda di accertamento.
Si è precedentemente richiamato l’insegnamento n. 321/2016 di questa Corte (il mancato esame da parte del giudice di una questione puramente processuale può configurare un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall ‘ art. 112 cod. proc. civ. se, ed in quanto, si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica prospettata dalla parte) .
Evidentemente, alla luce del premesso rilievo, ancorato alla pronuncia n. 11063/1994 di questa Corte, il dictum della Corte salernitana non si palesa erroneo in rapporto all’art. 345 cod. proc. civ.
Con la pronuncia n. 11063 del 22.12.1994 questo Giudice ha tuttavia soggiunto che la sentenza d ‘ appello che condanna al rimborso dell’i.v.a. , non accoglie una domanda nuova, ma sostituendo all ‘ azione di accertamento esperita una diversa azione di condanna, avente distinti presupposti ed oggetto, integra una pronunzia ‘ ultra petita ‘ .
Ebbene, innegabilmente la domanda esperita in appello dalle P.A. appellanti era di mero accertamento (‘il Ministero chiedeva, nel merito, venisse accertato
il proprio diritto ad ottenere la restituzione di quanto erogato’: così sentenza d’appello, pag. 2) .
In tal guisa, allorché ha pronunciato ‘condanna COGNOME NOME alla restituzione delle somme, in favore degli appellati, così come indicate nel decreto di revoca n. 358 del 03.11.2004′ , la Corte campana ha statuito ‘ ultra petita ‘ .
30. In accoglimento e nei limiti dell’accoglimento del quinto motivo di ricorso la sentenza n. 1771/2018 della Corte d’Appello di Salerno va cassata.
Non si prospetta la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, sicché nulla osta, ai sensi dell’art. 384, 2° co., ultima parte, cod. proc. civ., a che la causa sia decisa nel merito, ossia -ferma ed impregiudicata la riforma della sentenza di primo grado, nella parte in cui il tribunale aveva dichiarato il difetto di legittimazione di NOME COGNOME con eliminazione della ‘condanna COGNOME alla restituzione delle somme, in favore degli appellati, così come indicate nel decreto di revoca n. 358 de l 03.11.2004′ .
I l parziale buon fondamento dell’appello esperito dalle P.A. (la Corte di Salerno aveva fatto luogo alla reiezione della questione di giurisdizione sollevata dalle P.A. appellanti) giustifica l’integrale compensazione delle spese del giudizio di appello (resta quindi ferma la condanna di NOME COGNOME alle spese del giudizio di primo grado, come liquidate dalla Corte salernitana) .
Il parziale buon fondamento del ricorso per cassazione giustifica l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
In dipendenza del parziale buon esito del ricorso non sussistono i presupposti processuali perché, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115/2002, il ricorrente sia tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del comma 1 bis dell’art. 13 del medesimo d.P.R.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
accoglie il quinto motivo di ricorso, cassa in relazione e nei limiti del medesimo motivo l a sentenza della Corte d’Appello di Salerno n. 1771/2018 e, decidendo nel merito – ferma ed impregiudicata la riforma della sentenza di primo grado, nella parte in cui il tribunale aveva dichiarato il difetto di legittimazione di NOME COGNOME e ferma la condanna di NOME COGNOME alle spese del giudizio di primo grado, come liquidate dalla Corte salernitana -elimina (dalla sentenza della Corte d’Appello di Salerno n. 1771/2018) la ‘condanna COGNOME NOME alla restituzione delle somme, in favore degli appellati, così come indicate nel decreto di revoca n. 358 del 03.11.2004′ ;
compensa integralmente le spese del giudizio di appello; compensa integralmente le spese del presente giudizio di legittimità;
rigetta il primo motivo, il secondo motivo, il terzo motivo ed il quarto motivo di ricorso; dichiara assorbito nell’accoglimento del quinto motivo il sesto motivo di ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte