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Turni di reperibilità: risarcimento per stress

Un dirigente medico, costretto per un decennio a svolgere un numero eccessivo di turni di reperibilità, ha ottenuto il risarcimento del danno. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’abuso sistematico da parte del datore di lavoro, che causa stress psicofisico, costituisce un illecito distinto dalla mera prestazione lavorativa extra. Tale illecito, fondato sulla violazione dell’obbligo di tutela del lavoratore, è soggetto a prescrizione decennale e dà diritto a un risarcimento del danno separato dall’indennità contrattuale.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Turni di Reperibilità: Oltre l’Indennità, il Diritto al Risarcimento per Stress

La gestione dei turni di reperibilità nel settore sanitario rappresenta un punto nevralgico, spesso al centro di contenziosi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su una questione fondamentale: cosa accade quando il ricorso a tali turni diventa sistematico e smodato? La risposta dei giudici è chiara: oltre all’indennità prevista dal contratto, può sorgere un autonomo diritto al risarcimento del danno per lo stress psicofisico subito dal lavoratore. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un dirigente medico di un’Azienda Sanitaria Provinciale si è trovato, per un decennio, a dover effettuare un numero di turni di pronta disponibilità largamente superiore al limite di dieci mensili previsto dal Contratto Collettivo Nazionale (CCNL). Nello specifico, il medico aveva accumulato ben 906 turni eccedenti nell’arco di dieci anni. A fronte di questa situazione, il lavoratore ha adito le vie legali non solo per ottenere il compenso per le ore extra, ma per richiedere un risarcimento per il danno da stress psicofisico derivante da un carico di lavoro logorante e continuativo.

Il Limite dei Turni di Reperibilità è Invalicabile?

Uno dei punti centrali del dibattito legale riguardava l’interpretazione della norma contrattuale che fissa un tetto ai turni mensili. L’Azienda Sanitaria sosteneva che il superamento di tale limite fosse legittimo e già compensato da una specifica indennità. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha offerto una lettura più approfondita.

I giudici hanno chiarito che la dicitura “di regola non potranno essere previste… più di dieci turni” indica una previsione di natura programmatica e non un limite temporale invalicabile. Ciò significa che è possibile superare la soglia dei dieci turni, ma questa flessibilità non può tradursi in un abuso. Il ricorso sistematico e sproporzionato a turni eccedenti, come nel caso di specie, trasforma una possibilità eccezionale in una prassi ordinaria che viola i principi di correttezza e buona fede nel rapporto di lavoro.

La Decisione della Corte: Danno da Stress e Abuso Datoriale

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Azienda Sanitaria, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il principio cardine affermato è che lo svolgimento sistematico per anni di turni di reperibilità in misura smodatamente eccedente la regola ordinaria può comportare una notevole stress psicofisico. Questo pregiudizio non è una semplice conseguenza del lavoro straordinario, ma un vero e proprio danno alla salute, che deve essere risarcito autonomamente.

La richiesta del medico è stata correttamente inquadrata non come una pretesa di differenze retributive (soggetta a prescrizione di cinque anni), ma come una domanda di risarcimento del danno per la violazione, da parte del datore di lavoro, dell’obbligo di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, come sancito dall’art. 2087 del codice civile. Per tale tipo di azione, si applica la prescrizione ordinaria decennale.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione distinguendo nettamente due piani: quello della retribuzione e quello del risarcimento. L’indennità prevista dal CCNL per i turni di reperibilità eccedenti remunera la maggiore disponibilità richiesta al lavoratore. Il risarcimento del danno, invece, compensa il pregiudizio alla salute e alla qualità della vita (privata e di relazione) derivante da una condotta datoriale che, per la sua sistematicità e sproporzione, si configura come un abuso. I giudici hanno ritenuto che l’imposizione di 906 turni extra in dieci anni, riconosciuta dalla stessa Azienda, fosse prova sufficiente sia dell’inadempimento colpevole del datore di lavoro sia del danno subito dal dipendente, data la natura continuativa ed ininterrotta dell’adibizione a tali mansioni e la specificità dell’attività medica.

Le Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione stabilisce un importante precedente a tutela dei lavoratori, in particolare nel settore sanitario. Le aziende non possono considerare il limite dei turni di reperibilità come una formalità da aggirare sistematicamente, pensando di risolvere la questione solo con un’indennità economica. Un carico di lavoro eccessivo e prolungato nel tempo, che lede il benessere psicofisico del dipendente, costituisce un illecito e genera l’obbligo di un risarcimento del danno. Per i datori di lavoro, emerge la necessità di una gestione più attenta e rispettosa dei carichi di lavoro, per non incorrere in pesanti conseguenze legali. Per i lavoratori, si rafforza la consapevolezza che il diritto alla salute e a condizioni di lavoro sostenibili è tutelato anche al di là delle specifiche previsioni contrattuali sulla retribuzione.

Il limite di dieci turni di reperibilità al mese per un medico è un tetto massimo invalicabile?
No, la Corte chiarisce che il limite previsto dal CCNL è una regola programmatica (“di regola”) e non un divieto assoluto. Superarlo è possibile, ma deve essere compensato con la specifica indennità retributiva prevista dal contratto stesso.

Superare il limite di turni dà automaticamente diritto a un risarcimento del danno oltre all’indennità?
No, non automaticamente. Il diritto al risarcimento del danno sorge quando il superamento del limite è sistematico, smodato e prolungato nel tempo (in questo caso, per dieci anni), configurando un abuso da parte del datore di lavoro che causa uno stress psicofisico al dipendente, in violazione dei canoni di correttezza e buona fede.

Che tipo di prescrizione si applica alla richiesta di risarcimento del danno per stress da superlavoro?
La Corte ha confermato che, trattandosi di una richiesta di risarcimento del danno per violazione dell’obbligo di tutela del lavoratore (art. 2087 c.c.), si applica la prescrizione ordinaria decennale e non quella quinquennale, tipica delle controversie relative a differenze retributive.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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