Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30305 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 30305 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17619/2019 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO , con domicilio digitale presso l’indirizzo di posta elettronica certificata de l difensore ex art. 16sexies del d.l. n. 179 del 2012 conv. con modif. dalla legge n. 221 del 2012;
-ricorrente-
contro
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall ‘AVV_NOTAIO;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecc e n. 390/2019 depositata il 15/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Lecce, adita in sede di rinvio a seguito dell’ordinanza n. 28100 del 24/11/2017 di questa Corte, ha respinto l’appello proposto da NOME COGNOME nei confronti della Regione Puglia, in
tal modo confermando il rigetto della domanda avanzata per ottenere l’accertamento del diritto ad essere trattenuto in servizio come dipendente della Regione in qualità di dirigente fino al compimento del 67° ovvero del 70° anno di età, con conseguente con danna dell’ente convenuto a richiamarlo in servizio con ogni effetto giuridico ed economico, anche ai fini pensionistici.
Nella sentenza impugnata si premette che questa Corte, mentre aveva dichiarato inammissibili le domande risarcitorie perché formulate solo nel corso del giudizio di primo grado, aveva cassato la sentenza con cui la domanda era stata respinta per sopravvenuto difetto di interesse per avere il dirigente raggiunto il 70° anno di età nel corso del giudizio, sul rilievo che la sopravvenuta impossibilità dell’esecuzione della prestazione non determina la cessazione della materia del contendere, né fa estinguere l’interesse ad agire. La Corte territoriale ha, quindi, ricostruito i fatti come segue:
NOME COGNOME – che avrebbe compiuto 65 anni il 21 aprile 2005 con domanda del 26/27 settembre 2004, esercitava la facoltà di prolungare la permanenza in servizio per altri due anni, ai sensi dell’art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992;
-la domanda veniva respinta dal dirigente dell’ufficio del personale della Regione con provvedimento del 4 febbraio 2005, richiamando l’art. 29, comma 2, della legge regionale n. 7 del 21 maggio 2002, che recitava: « 1. Fino all’adozione di una nuova organizzazione amministrativa regionale, ai dipendenti regionali, ivi compresi quelli appartenenti all’area della dirigenza, non si applica l’art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 e i medesimi sono collocati a riposo d’ufficio. 2. E’ fatta salva, in ogni caso, la facoltà di richiedere il mantenimento in servizio comunque non oltre il sessantasettesimo anno di età, per tutti coloro che non abbiamo maturato i trentacinque anni di contribuzione comunque maturati .»; nel respingere la domanda, si faceva presente che nel caso di specie l’interessato al compimento del 65° anno avrebbe maturato 36 anni, 7 mesi e 26 giorni di anzianità contributiva, circostanza non contestata;
in data 18 marzo 2005 NOME COGNOME aveva ricevuto la notifica del riconoscimento della prima qualifica dirigenziale e, in data 15 aprile 2005, aveva chiesto di rimanere in servizio fino al 70° anno di età.
Tanto premesso in fatto, la Corte di merito ha osservato in diritto:
la mancata risposta della Regione Puglia alla richiesta di permanenza in servizio fino al compimento del 70° anno non poteva comportare le conseguenze invocate dal l’odierno ricorrente in ordine alla permanenza in servizio fino alla risposta, considerato che, in base alla normativa in materia, la permanenza in servizio non costituiva un diritto potestativo del dipendente pubblico per essere, invece, soggetta alla discrezionalità dell’amministrazione, potendosi comunque ritenere che il rigetto (implicito) trovasse fondamento nel richiamato disposto della legge regionale;
la richiamata legge regionale era in vigore al momento del pensionamento del l’odierno ricorrente , disposto a decorrere dal 1° maggio 2005 con la determina del 24 febbraio 2005;
la legge regionale, come indicato nella sentenza di primo grado, era costituzionalmente legittima come da decisione n. 162 del 1997 della Corte cost., richiamata sul punto della derogabilità per legge regionale anche da precedenti pronunce di questa Corte;
pertanto, era legittima la decisione di limitare il trattenimento in servizio per il biennio solo a coloro che si trovassero nelle condizioni indicate dalla legge regionale.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione NOME COGNOME articolando due motivi, cui resiste la Regione Puglia con controricorso.
Le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 16 d.lgs. n. 502 del 1992, anche in relazione all’art. 29 legge Regione Puglia n. 7 del 2002, all’art. 2, comma 3, legge Regione Puglia n. 7 del 2005, all’art. 1 -quater del d.l. n. 136 del 2004, conv. con modif. dalla legge n. 186 del 2004, nella parte in cui si modifica il comma 1 dell’art. 16
del d.lgs. n. 503 del 1992, nonché v iolazione dell’art. 33 della legge n. 248 del 2006 di conv. del d.l n. 223 del 2006. Ancora, si censura la sentenza impugnata per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, con riguardo al mancato esercizio del potere discrezionale sul mantenimento in servizio fino al 70° anno di età da parte della Regione Puglia, ai sensi dell’art. 360 , primo comma, n. 3 e n. 5 cod. proc. civ.
La censura reitera la doglianza relativa al carattere doveroso del trattenimento in servizio sino al 67° anno di età, insistendo altresì sull’assenza di determinazioni da parte del l’amministrazione in ordine a ll’istanza successivamente presentata di trattenimento sino al 70° anno di età. Dal silenzio dell ‘amministrazione sull’istanza conseguirebbe anche l’ illegittimità del provvedimento con il quale la stessa Regione Puglia aveva intimato al ricorrente di lasciare il posto di lavoro, occupato anche dopo il compimento del 65° anno di età.
Con il secondo mezzo s i deduce l’o messo esame di un fatto decisivo attinente alla circostanza, non rispondente al vero, che il ricorrente, in data 1° maggio 2005, non fosse più in servizio, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 16 d.lgs. n. 503 del 1992, come modificato dall’art. 1 -quater del d.l. n. 136 del 2004, conv. dalla legge n. 186 del 2004, oltre alla vio lazione degli artt. 97 e 117 Cost., ai sensi dell’art. 360 , primo comma, n. 3 e n. 5 cod. proc. civ.
Il ricorrente sostiene che il rapporto di lavoro non poteva considerarsi cessato alla data del compimento del 65° anno di età perché l’amministrazione non aveva ancora provveduto sulla seconda istanza ; di conseguenza, non poteva farsi applicazione dell’art. 29 della legge regionale n. 7 del 2002, che era stata abrogata dall’art. 2, comma 3, della legge regionale n. 7 del 4 agosto 2005.
Le censure, che vanno valutate congiuntamente in quanto convergenti nel reiterare le doglianze relative al mancato trattenimento in servizio, non possono trovare accoglimento, anche a non voler considerare i diversi profili di inammissibilità che inficiano gli stessi motivi.
3.1. In primo luogo, occorre precisare che, alla data di presentazione della prima istanza di trattenimento in servizio (nel settembre 2004), l’art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992, come modificato dalla legge n. 186 del 24 luglio 2004, di conversione del d.l. 28 maggio 2004, n. 136, prevedeva che: « E ‘ in facoltà dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio, con effetto dalla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi previsti. È inoltre data facoltà ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all ‘ articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, con esclusione degli appartenenti alla carriera diplomatica e prefettizia, del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento militare e ad ordinamento civile, del personale del RAGIONE_SOCIALE, di richiedere il trattenimento in servizio fino al compimento del settantesimo anno d’età. In tal caso è data facoltà all ‘ amministrazione, in base alle proprie esigenze, di accogliere la richiesta in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti, in funzione dell ‘ efficiente andamento dei servizi e tenuto conto delle disposizioni in materia di riduzione programmata del personale di cui all ‘ articolo 39, comma 2, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, nonché all ‘ articolo 34, comma 22, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ed all ‘ articolo 3, commi 53 e 69, della legge 24 dicembre 2003, n. 350. Le amministrazioni, inoltre, possono destinare il dipendente trattenuto in servizio a compiti diversi da quelli svolti. I periodi di lavoro derivanti dall ‘ esercizio della facoltà di cui al secondo, terzo e quarto periodo del presente comma non danno luogo alla corresponsione di alcuna ulteriore tipologia di incentivi al posticipo del pensionamento né al pagamento dei contributi pensionistici e non rilevano ai fini della misura del trattamento pensionistico. ».
A tale epoca, n ella Regione Puglia, peraltro, trovava applicazione l’art. 29 della legge regionale n. 7 del 21 maggio 2002, che prevedeva: « 1. Fino all ‘ adozione di una nuova organizzazione amministrativa regionale, ai dipendenti regionali, ivi compresi quelli appartenenti all’area della dirigenza, non si applica l ‘ articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 e i medesimi sono collocati a riposo d ‘ ufficio. 2. È fatta salva, in ogni caso, la facoltà di richiedere il mantenimento in servizio, comunque non oltre il sessantasettesimo anno di età, per tutti coloro che non abbiano maturato i trentacinque anni di contribuzione comunque maturati ».
Tale disposizione è stata abrogata con legge regionale 4 agosto 2005 n. 7 (art. 2, comma 3), e, pertanto, in epoca successiva al 21 aprile 2005, data del raggiungimento da parte del ricorrente del limite massimo di età ordinamentale; pacifico che, alla predetta data, il dirigente possedesse un’anzianità contributiva superiore a 35 anni.
La legge regionale, emanata in data antecedente alle modifiche apportate dalla legge n. 186 del 2004, escludeva l’applicazione dell’art. 16 della legge statale n. 503 del 1992; in ragione di tale disposizione, si deve ritenere che l’esclusione che -all’epoca dell’emanazione della legge regionale – riguardava il trattenimento obbligatorio per la P.A., a maggior ragione si riferisse anche a quello discrezionale, sia perché è apprezzabile la medesima ratio , mirante ad escludere i trattenimenti con la sola e ccezione di quelli finalizzati al raggiungimento dell’anzianità contributiva, sia perché, in assenza di indicazioni, il rinvio si deve intendere dinamico e non statico.
3.2. La limitazione disposta dalla legge regionale è stata ritenuta conforme ai parametri costituzionali.
Infatti, il giudice di legittimità delle leggi, nell’esaminare analoga legge regionale (Corte Cost. n. 434 del 2000, concernente la Regione Veneto), ha affermato che non è possibile ricavare dalla legislazione statale un principio fondamentale in base al quale vi sarebbe un diritto incondizionato del dipendente pubblico al mantenimento in servizio per un biennio (richiamando, in proposito, le precedenti pronunce n. 113 del 1999
e n. 162 del 1997); infatti, il principio fondamentale della legislazione statale, che si desume dall ‘ art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992, « è quello secondo il quale il trattenimento in servizio oltre i limiti di età può avvenire solo su istanza dell’interessato ». In questo senso, la « prosecuzione del rapporto di impiego è configurata dal legislatore statale come eccezione alla regola dei limiti di età per il servizio (rimasti, si noti, immodificati) ed, anche se introdotta con finalità di contenimento della spesa pubblica previdenziale e di quiescenza (permanendo tuttavia il carico del trattamento di servizio attivo e degli oneri riflessi complessivamente maggiore rispetto a quello di nuove assunzioni meramente eventuali, anche in relazione a ricorrenti blocchi), non è incompatibile con le disposizioni normative che prevedono la sussistenza dei requisiti per la continuazione del rapporto di impiego con un soggetto pubblico (come l ‘ idoneità fisica, l ‘ assenza di incompatibilità, la persistenza del posto ecc.) (sentenza n. 162 del 1997). Né la suddetta norma può valere a comprimere le attribuzioni del legislatore regionale nella materia degli ordinamenti degli uffici e di provvista e status del relativo personale, compresi i limiti di età e il trattenimento in servizio. In detti ultimi specifici campi di regolamentazione non esiste un obbligo per la Regione di conformarsi pedissequamente alle singole disposizioni statali e tantomeno all’intero contenuto dell’art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992 (sentenza n. 162 del 1997), essendo vincolata dai principi fondamentali della legislazione dello Stato. ».
Ne consegue che, come pure affermato dalla Corte cost., al legislatore regionale va riconosciuta l’ anzidetta discrezionalità, senza che la scelta negativa adottata nel caso esaminato in quella sede potesse ritenersi manifestamente irragionevole o palesemente arbitraria, in attesa della adozione di una nuova organizzazione amministrativa regionale, cui la Regione aveva deciso di subordinare la valutazione in ordine al prolungamento biennale a domanda dei limiti di età per tutte le categorie dei propri dipendenti. Viene, inoltre, escluso che la scelta così compiuta dal legislatore regionale « possa contrastare con i principi di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione), essendo anzi
confliggente con detti principi la pretesa di un indiscriminato trattenimento in servizio, indipendente da una valutazione necessaria al fine di verificare l’esigenza di personale e la persistenza di posti di organico da parte della amministrazione. ».
3.3. Questa Corte, come indicato nella sentenza impugnata, si è già espressa in ordine alla costituzionalità delle leggi regionali che escludono il diritto al trattenimento previsto dalla legge statale (Cass., Sez. L., 06/05/2014, n. 9639, relativa ad una legge della Regione Umbria), con interpretazione condivisa dal Collegio, in quanto pienamente coerente anche con le valutazioni espresse dalla Corte cost., come sopra richiamate.
3.4. Pertanto, nel caso di specie, alla data del compimento del 65° anno di età, il ricorrente non rientrava nelle condizioni per essere trattenuto in servizio, irrilevanti -di conseguenza – le considerazioni esposte sulla prosecuzione di fatto del rapporto e sulla mancanza di un provvedimento esplicito di rigetto della seconda istanza di trattenimento.
Assume, infatti, rilievo assorbente il principio affermato da questa Corte, cui va dato ulteriore seguito, in virtù del quale, in materia di collocamento a riposo d ‘ ufficio nel pubblico impiego, la cessazione del rapporto di lavoro per raggiunti limiti di età, prevista per il lavoro pubblico sulla base di disposizioni di legge non derogabili dalla contrattazione collettiva, avviene in via automatica, non avendo la comunicazione di risoluzione del rapporto natura provvedimentale o negoziale, ma di mera notizia e ricognizione dell ‘ effetto ricollegato dalla legge all’evento; ne consegue che, trattandosi di una causa di risoluzione diversa e distinta dal licenziamento, ad essa non è applicabile la disciplina della decadenza dettata dall ‘ art. 6 della legge n. 604 del 1966, che il legislatore, anche a seguito delle modifiche apportate dalla legge n. 183 del 2010, ha circoscritto a specifiche ipotesi normative non suscettibili di interpretazione estensiva o analogica (Cass., Sez. 6-L, 05/05/2022, n. 14236).
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato; le spese di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che liquida in euro 4.500,00 per compensi, oltre agli esborsi liquidati in euro 200,00, al rimborso delle spese generali al 15%, ed accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 ottobre 2024.