Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5492 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5492 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 14076/2021 proposto da:
NOME COGNOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso l’Avv. NOME COGNOME ;
-ricorrenti –
contro
Università degli Studi di Siena, in persona del legale rappresentate p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avv. NOME COGNOME ;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Firenze n. 651/2020 pubblicata il 12 novembre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Siena, con sentenza n. 109 del 2019, ha accolto in parte il ricorso di NOME COGNOME e NOME COGNOME, dipendenti dell’Università di Siena, avente a d oggetto il preteso diritto degli stessi a essere inquadrati nel medesimo livello goduto sin dal 2010, ossia nella categoria D, posizione economica D3 e a ottenere l’indennità equiparativa prevista dall’art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979, con richiesta di pagamento delle differenze retributive e del risarcimento del danno.
Il contenzioso in esame era sorto perché i due lavoratori, assegnati sin dal 2001, in virtù di apposita convenzione, al Centro Risonanza Magnetica dell’Ospedale di Siena e inquadrati come dirigenti biologi, erano rientrati in servizio, alla cessazione di t ale convenzione, presso l’Università di Siena, senza più svolgere attività assistenziale né beneficiare dei meccanismi di equiparazione e garanzia previsti negli accordi sindacali per l’ipotesi in esame.
I due dipendenti avevano proposto un precedente ricorso al Tribunale di Siena che, con sentenza n. 105/2013, ormai passata in giudicato, aveva accertato il loro diritto ‘alla attuazione di un meccanismo perequativo e rideterminativo della propria posizione giuridicoeconomica ad esito dello sconvenzionamento subito’.
Il Tribunale di Siena, con la sentenza n. 109 del 2019, aveva riconosciuto ai ricorrenti un inquadramento giuridico ed economico da D3 a D7 dal 1° ottobre 2010 al 30 aprile 2018, con progressione da D7 a D8 dal 1° maggio 2018 al 31 gennaio 2019, con condan na dell’Università degli Studi di Siena alla conseguente attuazione conformativa e al pagamento delle correlate differenze retributive corrispondenti all’ipotesi 1, e allegate tabelle, della consulenza tecnica d’ufficio, e rigetto delle domande risarcitorie.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto appello che la Corte d’appello di Firenze, con sentenza n. 651/2020, ha rigettato.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
L’Università degli Studi di Siena si è difesa con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione de ll’ art. 31 d.P.R. n. 761 del 1979, in relazione al verbale di concertazione del 6 febbraio 2007 relativo a una prima applicazione degli artt. 28, 29 e 30 CCNL 27 gennaio 2005 e successivo atto integrativo del 7 agosto 2008, contrattazione decentrata, dai giudici dei due gradi ritenuta fonte regolatrice della materia, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
Essi contestano la pronuncia d’appello in quanto avrebbe negato loro il trattamento perequativo consistente in un assegno a titolo d’indennità ex art. 31 d.P.R. n. 761 del 1979 in aggiunta alle progressioni economiche che avrebbero potuto ottenere qualora fossero rimasti in servizio presso l’Università di Siena nel periodo durante il quale avevano lavorato presso l’Ospedale (aprile 2011 – dicembre 2015) sul presupposto che detta indennità fosse strettamente collegata allo svolgimento di mansioni assistenzia li in seno all’Azienda Ospedaliera.
Al contrario, secondo i ricorrenti, la contrattazione decentrata, consistente nel verbale di concertazione del 6 febbraio 2007 relativo a una prima applicazione degli artt. 28, 29 e 30 CCNL 27 gennaio 2005 e successivo atto integrativo del 7 agosto 2008, avrebbe stabilito che, in caso di cessazione non volontaria del convenzionamento, dovesse operare la clausola di garanzia per i lavoratori, secondo la quale nessuna penalizzazione dovesse esservi a loro carico, dovendosi integrare la progressione di carriera con un assegno perequativo ad personam idoneo a coprire il differenziale retributivo mancante.
Il giudice di appello avrebbe errato, poi, nel sostenere che l’indennità ex art. 31 d.P.R. n. 761 del 1979 fosse strettamente legata allo svolgimento di mansioni assistenziali presso l’Azienda ospedaliera , dipendendo questa, al contrario, dalla prestazione di servizio presso la struttura ospedaliera in quanto tale, come avvenuto nella specie, in cui essi ricorrenti, dopo lo ‘ sconvenzionamento ‘
dell’aprile 2011 , erano stati lasciati in servizio presso l’Azienda ospedaliera fino al 2015.
Ulteriore contestazione riguarda il richiamo, contenuto nella sentenza impugnata, al precedente della Corte d’appello di Firenze, rappresentato dall’ordinanza del 23 luglio 2015.
La doglianza è inammissibile, anche se la relativa motivazione deve essere corretta, ai sensi dell’art. 384 , u.c., c.p.c.
Infatti, diversamente da quanto affermato dal giudice di appello, l’ indennità di perequazione spettante al personale universitario non medico in servizio presso strutture sanitarie (c.d. indennità COGNOME), riconosciuta dagli artt. 1 della legge n. 200 del 1974 e 31 del d.P.R. n. 761 del 1979, è legata all ‘ esecuzione del servizio presso le strutture de quibus e, pertanto, spetta anche per l ‘ attività di natura tecnica o amministrativa, comunque funzionale all ‘ attività sanitaria di assistenza e cura, dovendosi ritenere che essa non abbia una funzione corrispettiva dell ‘ attività propriamente assistenziale, ma una funzione meramente perequativa, che rende superflua l ‘ indagine sulla natura dell ‘ attività svolta (Cass., Sez. L, n. 16858 del 13 giugno 2023).
Peraltro, si evidenzia che la censura è, nel complesso, inammissibile, in quanto i ricorrenti lamentano, sostanzialmente, l’erronea o mancata applicazione del la contrattazione decentrata, consistente nel verbale di concertazione del 6 febbraio 2007 relativo a una prima applicazione degli artt. 28, 29 e 30 CCNL 27 gennaio 2005 e successivo atto integrativo del 7 agosto 2008.
Davanti a questa S.C., però, non è consentito denunciare ex art. 360 n. 3 c.p.c. la violazione o falsa applicazione di un contratto integrativo ( cfr. fra le tante Cass., Sez. L., n. 3829 del 15 febbraio 2021 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione).
In aggiunta a ciò, si sottolinea che non sono stati assolti gli oneri formali previsti dall’art. 366, n. 6, c.p.c.
Inoltre, si rileva che la Corte d’appello di Firenze ha affermato che ‘la precedente ordinanza di questa Corte d’Appello esclude espressamente che tali indennità possano essere prese a riferimento per determinare il trattamento spettante agli odierni appel lati’ e che i ricorrenti, al riguardo, non hanno allegato
nulla nel loro atto d’impugnazione che autorizzi a ritenere che la corte territoriale e il Tribunale di Siena, con sentenza n. 105/2013, avessero prescritto di riconoscere loro, sulla base della menzionata contrattazione integrativa, l’indennità qui reclamata.
Con il secondo motivo i ricorrenti contestano la violazione e falsa applicazione dell’art. 31 d.P.R. n. 761 del 1979, in relazione al verbale di concertazione del 6 febbraio 2007 relativo a una prima applicazione degli artt. 28, 29 e 30 CCNL 27 gennaio 2005 e successivo atto integrativo del 7 agosto 2008, contrattazione decentrata, dai giudici dei due gradi ritenuta fonte regolatrice della materia, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
Essi criticano l’affermazione della corte territoriale per la quale il meccanismo di cui al verbale di concertazione del 7 agosto 2008 consentirebbe al lavoratore che rientra all’Università di mantenere le progressioni economiche che avrebbe conseguito presso la stessa nel periodo durante il quale aveva lavorato presso l’Azienda ospedaliera , atteso che la qualifica di dirigente non prevedeva progressioni.
Infatti, gli accordi collettivi decentrati sarebbero stati l’unica fonte regolatrice della fattispecie e, invero, avrebbero previsto che nessuna penalizzazione dovesse verificarsi in danno dei dipendenti universitari convenzionati per lo svolgimento di attività assistenziale per i quali la convenzione fosse cessata.
La censura è inammissibile, in quanto contesta la violazione e falsa applicazione della menzionata contrattazione decentrata, vizio che, in questa sede, non è prospettabile.
Con il terzo motivo i ricorrenti contestano la violazione e falsa applicazione dell’art. 64 CCNL 2018 in riferimento agli artt. 2, 3 e 97 Cost., l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in quanto il regime di equiparazione da loro richiesto sarebbe stato normalizzato dal menzionato art. 64.
Essi lamentano che la corte territoriale avrebbe ritenuto di non applicare loro il citato art. 64 perché avrebbe riguardato i soli trasferimenti d’ufficio disposti
dall’Università mentre, nella specie, vi sarebbe stata una revoca della convenzione disposta dall’Azienda Ospedaliera.
La censura è infondata.
Innanzitutto, si osserva che l’art. 2, commi 1 e 2, parte prima, del CCNL relativo al personale del comparto Istruzione e ricerca triennio 2016-2018 prescrive che ‘ Il presente contratto concerne il periodo 1° gennaio 2016 – 31 dicembre 2018 sia per la parte giuridica che per la parte economica.
Gli effetti decorrono dal giorno successivo alla data di stipulazione, salvo diversa prescrizione del presente contratto ‘ .
Pertanto, il detto CCNL non può trovare applicazione per il periodo oggetto di causa, antecedente a quello di sua vigenza.
Inoltre, si evidenzia che l’art. 64, comma 4, del CCNL 2018 citato dispone che ‘ Il personale delle Aziende Ospedaliere Universitarie di categoria B, C o D che torni a prestare servizio presso le Università, per effetto di trasferimento d’ufficio disposto da queste ultime, conserva la posizione economica acquisita presso l’Azienda, con onere a carico del Fondo di cui al presente articolo’ .
Nella specie, però, formalmente non si è avuto un trasferimento d’ufficio disposto dall’Università degli Studi di Siena, ma una cessazione della convenzione grazie alla quale i ricorrenti prestavano servizio presso l’Azienda ospedaliera per volontà dell’Az ienda medesima.
Con il quarto motivo i ricorrenti contestano l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti ove la corte territoriale ha negato il danno per prospettazione generica.
La censura è inammissibile poiché il giudice di appello ha fornito una ragionevole motivazione, chiarendo che le allegazioni dei ricorrenti in ordine ai danni subiti erano eccessivamente generiche.
Il ricorso è rigettato in applicazione del seguente principio di diritto:
‘L’art. 64, comma 4, del CCNL relativo al personale del comparto Istruzione e ricerca triennio 2016-2018 si applica al personale delle Aziende Ospedaliere
Universitarie di categoria B, C o D che torni a prestare servizio presso le Università, per effetto di trasferimento d’ufficio disposto da queste ultime, e non nell’ipotesi in cui la convenzione con le menzionate Aziende Ospedaliere cessi di avere efficacia su iniziativa esclusiva delle medesime Aziende ‘.
Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti a rifondere le spese di lite, che liquida in € 8.000,00 per compenso professionale e in € 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge e alle spese generali nella misura del 15%;
-ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 23