LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Trattamento perequativo: no a CCNL se cessa convenzione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di due dipendenti universitari che, al termine di una convenzione con un’azienda ospedaliera, chiedevano un trattamento perequativo. L’ordinanza chiarisce che le tutele previste dal CCNL 2018 per i trasferimenti d’ufficio non si applicano se il rientro in ateneo è causato dalla cessazione della convenzione per volontà dell’ente esterno, e non da un trasferimento disposto dall’università stessa. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile la contestazione sull’interpretazione della contrattazione decentrata.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Trattamento Perequativo Dipendenti Universitari: la Cassazione Fa Chiarezza

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è intervenuta su un’importante questione relativa al trattamento perequativo dei dipendenti universitari. Il caso riguarda personale che, dopo aver lavorato per anni presso un’azienda ospedaliera in virtù di una convenzione, è rientrato in servizio presso l’ateneo di appartenenza a seguito della cessazione di tale accordo. La decisione offre chiarimenti fondamentali sull’applicabilità delle tutele contrattuali in scenari di mobilità complessi.

I Fatti del Caso: Dalla Convenzione Ospedaliera al Rientro in Ateneo

La vicenda ha origine dalla richiesta di due dipendenti di un’università italiana. Assegnati per anni a un centro specialistico di un’azienda ospedaliera grazie a un’apposita convenzione, al termine di quest’ultima sono rientrati nei ranghi dell’ateneo. I lavoratori hanno quindi avviato un’azione legale per ottenere il riconoscimento di un inquadramento giuridico ed economico superiore, il pagamento di differenze retributive e un risarcimento danni, sostenendo di aver subito una penalizzazione economica a causa del rientro.

I tribunali di merito avevano parzialmente accolto le loro richieste, riconoscendo una certa progressione di carriera ma rigettando altre pretese. I dipendenti hanno quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando una non corretta applicazione delle norme e degli accordi collettivi che, a loro dire, avrebbero dovuto garantire una piena equiparazione economica.

Le Doglianze dei Ricorrenti e il Trattamento Perequativo Richiesto

I motivi del ricorso si concentravano principalmente su due aspetti:

1. L’interpretazione della contrattazione decentrata: I lavoratori sostenevano che gli accordi integrativi locali prevedessero una ‘clausola di garanzia’ per proteggerli da qualsiasi penalizzazione economica, integrando la loro progressione di carriera con un assegno perequativo ad personam.
2. L’applicazione del CCNL 2018: Ritenevano che l’articolo 64 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del comparto Istruzione e Ricerca 2016-2018 dovesse essere applicato al loro caso, normalizzando il regime di equiparazione richiesto.

In sostanza, i ricorrenti chiedevano che il loro trattamento economico fosse allineato a quello che avrebbero percepito se fossero sempre rimasti in servizio presso l’università, comprensivo di indennità specifiche.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo motivazioni precise per ciascuno dei punti sollevati.

Innanzitutto, la Corte ha dichiarato inammissibile la censura relativa alla violazione degli accordi di contrattazione decentrata. È stato ribadito un principio consolidato: l’errata interpretazione di un contratto collettivo integrativo non costituisce un vizio che può essere fatto valere in sede di legittimità. Tale valutazione spetta esclusivamente ai giudici di merito.

Il punto cruciale della decisione riguarda però l’inapplicabilità dell’art. 64 del CCNL 2018. La norma stabilisce che il personale delle Aziende Ospedaliere Universitarie che torna a prestare servizio presso le Università “per effetto di trasferimento d’ufficio disposto da queste ultime” conserva la posizione economica acquisita. La Corte ha evidenziato due ragioni ostative all’applicazione di tale articolo:

1. Ragione temporale: Il CCNL in questione non era in vigore nel periodo oggetto della causa.
2. Ragione sostanziale: La norma si applica esplicitamente solo ai casi di “trasferimento d’ufficio” disposto dall’Università. Nel caso di specie, il rientro dei dipendenti non è avvenuto per un atto unilaterale dell’ateneo, ma come conseguenza della cessazione della convenzione per volontà dell’Azienda Ospedaliera. Si tratta quindi di una fattispecie diversa da quella tutelata dalla norma contrattuale.

Infine, anche il motivo relativo al risarcimento del danno è stato giudicato inammissibile, in quanto la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e sufficiente nel ritenere le allegazioni dei ricorrenti eccessivamente generiche.

Le Conclusioni: Il Principio di Diritto e le Implicazioni Pratiche

La Corte ha cristallizzato la sua decisione nel seguente principio di diritto: “L’art. 64, comma 4, del CCNL relativo al personale del comparto Istruzione e ricerca triennio 2016-2018 si applica al personale delle Aziende Ospedaliere Universitarie di categoria B, C o D che torni a prestare servizio presso le Università, per effetto di trasferimento d’ufficio disposto da queste ultime, e non nell’ipotesi in cui la convenzione con le menzionate Aziende Ospedaliere cessi di avere efficacia su iniziativa esclusiva delle medesime Aziende“.

Questa ordinanza delinea un confine netto: le tutele economiche previste per i trasferimenti d’ufficio non possono essere estese automaticamente a situazioni diverse, come il rientro in servizio a seguito della scadenza o revoca di una convenzione da parte di un ente terzo. Per i lavoratori, ciò significa che la natura e la causa del rientro in servizio sono determinanti per stabilire il diritto a specifiche forme di trattamento perequativo previste dalla contrattazione collettiva.

Un dipendente universitario che rientra in servizio dopo la cessazione di una convenzione con un’azienda ospedaliera ha diritto alle tutele del CCNL 2018 per i trasferimenti d’ufficio?
No. Secondo la Corte, l’art. 64 del CCNL 2018 si applica solo in caso di trasferimento d’ufficio disposto dall’Università e non quando il rientro è una conseguenza della cessazione della convenzione per iniziativa dell’azienda ospedaliera.

È possibile contestare in Cassazione l’interpretazione di un accordo di contrattazione decentrata?
No. La Corte ha dichiarato inammissibile tale motivo, poiché la violazione o falsa applicazione di un contratto integrativo non è un vizio che può essere denunciato in sede di legittimità, essendo la sua interpretazione riservata ai giudici di merito.

L’indennità perequativa prevista dall’art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 è legata solo allo svolgimento di mansioni assistenziali dirette?
No. La Cassazione, pur dichiarando il motivo inammissibile per altre ragioni formali, ha colto l’occasione per correggere l’impostazione del giudice d’appello, chiarendo (in linea con un suo precedente) che tale indennità ha una funzione meramente perequativa ed è legata al servizio prestato presso strutture sanitarie in generale, non necessariamente a un’attività propriamente assistenziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati