Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1853 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 1853 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 5652/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE ), in persona del Ministro pro tempore , domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale RAGIONE_SOCIALE Stato, dalla quale è difeso ex lege
– ricorrente e controricorrente incidentale –
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende
– controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza n. 2532/2020 della CORTE D ‘ APPELLO di ROMA, depositata l’11 /1/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME;
Oggetto
Dipendenti ex
IPI.
Trasferimento a ruoli MISE.
Trattamento economico.
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 22/11/2023
CC – Aula B
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Roma, pronunciando sull’appello del RAGIONE_SOCIALE, ha riformato solo parzialmente la sentenza del Tribunale di Roma che aveva accertato il diritto del l’attuale controricorrente , dipendente dell’RAGIONE_SOCIALE -transitata nei ruoli del RAGIONE_SOCIALE ai sensi del d.l. n. 78/2010, convertito dalla legge n. 122/2010, al riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata nell’ente di provenienza e all’inclusione nell’assegno personale riassorbibile del la quota del 50% premio di produttività, dei versamenti effettuati dal datore al RAGIONE_SOCIALE , del premio annuale COGNOME , del controvalore della polizza per il caso di morte nonché di quella per infortuni professionali ed extralavorativi;
la Corte territoriale ha evidenziato che al momento della soppressione l’I.P.I. aveva acquisito la personalità giuridica di diritto pubblico, sicché il passaggio dedotto in causa trova la sua disciplina nell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001, rispetto al q uale nessun elemento di specialità presenta l’art. 7 del d.l. n. 78/2010, che conferma la continuazione del rapporto e garantisce, al pari della disposizione di carattere generale, la conservazione del trattamento economico goduto fino al momento della sop pressione dell’ente di provenienza;
da ciò il giudice d’appello ha tratto la conseguenza che alla lavoratrice dovesse essere riconosciuta l ‘ anzianità di servizio;
quanto al trattamento retributivo, la Corte distrettuale ha:
escluso la conservazione nell’assegno ad personam della quota del 50% del premio di produttività legata all’effettiva
presenza in servizio, trattandosi di voce retributiva priva dei necessari requisiti di fissità e di continuità che devono congiuntamente ricorrere;
parimenti escluso dal computo dell’assegno personale i versamenti effettuati al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , in ragione della natura previdenziale e non retributiva della quota versata, da cui deriva al lavoratore la titolarità di una mera aspettativa al trattamento pensionistico;
incluso, invece, il controvalore RAGIONE_SOCIALE polizze assicurative e il premio annuale COGNOME, in quanto i fringe benefit hanno natura retributiva e non costituiscono atto di liberalità;
5. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi, ai quali ha opposto difese la lavoratrice, che ha notificato controricorso con ricorso incidentale affidato a due censure; il RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso incidentale e memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
1. il ricorso principale, con il primo motivo formulato ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010, dell’art. 2112 cod. civ., dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 e reitera la tesi, non condivisa dalla Corte territoriale, della inapplicabilità dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 2112 cod. civ., al quale la prima disposizione rinvia, in ragione della natura privatistica dell’I.P.I. nonch é della specialità della disciplina dettata dal citato art. 7;
ne trae la conseguenza che ha errato il giudice di merito nel riconoscere l’anzianità di servizio e nel non considerare che ai dipendenti dell’ente soppresso transitati nei ruoli ministeriali era stata garantita solo la conservazione RAGIONE_SOCIALE
voci fisse e continuative del trattamento fondamentale ed accessorio;
la seconda censura del ricorso principale deduce, sotto altro profilo, la violazione dell’art. 7 del d.l. n. 78/2010 e addebita alla sentenza gravata di avere erroneamente incluso nell’assegno personale i premi RAGIONE_SOCIALE polizze assicurative, che non costituiscono retribuzione in quanto non si pongono in nesso di corrispettività con la prestazione lavorativa;
il ricorso incidentale denuncia, con il primo motivo ricondotto al vizio di cui all’art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c., in combinato disposto con l’art. 7 comma 20 del d.l. n. 78/2010;
la ricorrente incidentale censura il capo della decisione che ha escluso il carattere fisso e continuativo del premio di produttività, RAGIONE_SOCIALE polizze assicurative e contribuzione integrativa al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e dei buoni pasto (dei quali ultimi, però, nulla dice la sentenza impugnata);
la seconda critica è formulata ai sensi dell’art. 360 , comma 1, n. 5 c.p.c. e con la stessa la ricorrente incidentale censura l’omesso esame del fatto che le voci rivendicate venivano erogate in modo fisso e continuativo dal precedente datore di lavoro;
i due motivi del ricorso principale, da trattare congiuntamente in ragione della loro connessione logica e giuridica, sono fondati, perché la sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto applicabile l’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 e riconosciuto l’anzianità di servizio, a prescindere da qualsiasi incidenza sulla conservazione del trattamento economico in precedenza goduto, non è
conforme all’orientamento già espresso da questa Corte nelle motivazioni RAGIONE_SOCIALE pronunce con le quali si è osservato che, seppure al momento della soppressione l’I.P.I. ave sse già acquisito la personalità di diritto pubblico (per le ragioni indicate da Cass. nn. 28409, 28624 del 2020 e da Cass. n. 40399 del 2021), nondimeno al fenomeno successorio che viene in rilievo non è applicabile l’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001, bensì l’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010, che costituisce norma speciale, e che garantisce la sola conservazione del trattamento retributivo fondamentale ed accessorio, caratterizzato da fissità e continuità;
si è detto, in particolare, che la disposizione richiama una distinzione tipica dell’impiego pubblico contrattualizzato (art. 45 d.lgs. n. 165 del 2001) nel cui ambito il trattamento fondamentale è quello diretto a retribuire la prestazione base del dipendente, ossia la prestazione corrispondente all’orario ordinario di lavoro ed alla professionalità media della qualifica rivestita, mentre quello accessorio si pone in nesso di corrispettività con la performance individuale, con quella organizzativa e con lo svolgimento di attività «particolarmente disagiate, ovvero pericolose o dannose per la salute» (art. 45, comma 3, del d.lgs. n. 165/2001 nel testo applicabile ratione temporis );
la distinzione fra le componenti non riposa sui requisiti di fissità e continuità in quanto gli stessi, connaturati al trattamento fondamentale, possono ricorrere anche per quelle voci del trattamento accessorio che siano correlate non al conseguimento di specifici obiettivi, bensì al profilo professionale o alle peculiarità dell’amministrazione di appartenenza;
se ne è tratta la conseguenza che in tutte quelle fattispecie nelle quali venga in rilievo il principio della irriducibilità della retribuzione è necessario accertare se la voce che il dipendente rivendica in relazione al divieto di reformatio in peius , abbia carattere retributivo e sia certa nell’ an e nel quantum ;
6 .1. quanto all’anzianità di servizio è stato osservato che anche nei casi di applicazione dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 (non invocabile nella fattispecie per le ragioni già dette) e di trasferimento di azienda, la stessa non costituisce un diritto che il lavoratore possa fare valere nei confronti del nuovo datore di lavoro e deve essere salvaguardata in modo assoluto solo ove ad essa si correlino benefici economici ed il suo mancato riconoscimento comporti un peggioramento del trattamento retributivo in precedenza goduto dal lavoratore trasferito;
l ‘ anzianità pregressa, invece, non può essere fatta valere per rivendicare ricostruzioni di carriera sulla base della diversa disciplina applicabile al cessionario, né può essere opposta al nuovo datore di lavoro per ottenere un miglioramento della posizione giuridica ed economica, perché l ‘ ordinamento garantisce solo la conservazione dei diritti già entrati nel patrimonio del lavoratore alla data della cessione del contratto, non RAGIONE_SOCIALE mere aspettative (cfr. Cass. n. 641 del 2022 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione);
6.2. la sentenza impugnata non è conforme all’orientamento espresso, che va qui ribadito, perché, oltre a ritenere applicabile l’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001, pur confrontandosi anche con la disciplina dettata dall’art. 7 del d.l. n. 78/2010, ha incluso n ell’assegno personale il premio
corrisposto per le polizze assicurative e il contributo COGNOME , desumendone il carattere retributivo dalla sola assenza di liberalità, senza considerare il complesso della disciplina legale e contrattuale e senza tener conto della espressa limitazione della conservazione alle voci del trattamento fondamentale ed accessorio, da intendere nei termini sopra precisati;
il ricorso incidentale è inammissibile in tutte le sue articolazioni perché sotto l’apparente denuncia di errori di diritto, nella sostanza si limita a denunciare la violazione diretta della contrattazione aziendale nonché l’errata valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali;
secondo il costante insegnamento di questa Corte quando nel ricorso per cassazione è denunziata violazione e falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto dall ‘ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere dedotto non solo mediante la puntuale indicazione RAGIONE_SOCIALE norme asseritamente violate, ma anche per mezzo di specifiche argomentazioni intese a dimostrare, motivatamente, in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l ‘ interpretazione RAGIONE_SOCIALE stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina; diversamente il motivo è inammissibile, richiedendo un inesigibile intervento integrativo della Corte che, per giungere alla compiuta formulazione del motivo, dovrebbe individuare per ciascuna RAGIONE_SOCIALE doglianze lo specifico vizio di violazione di legge (cfr. fra le tante Cass. n. 30107/2023; Cass. n. 30823/2023; Cass. n. 31434/2023);
nella specie, in sostanza, come già detto, i motivi denunciano la violazione diretta della contrattazione aziendale ed anche sotto tale profilo sono inammissibili in quanto nel giudizio di cassazione la denuncia ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. è circoscritta ai soli contratti collettivi nazionali (equiparati quanto al regime processuale alle norme di diritto) mentre per la contrattazione aziendale nonché, nell’impiego pubblico contrattualizzato, per la contrattazione integrativa decentrata, il sindacato di legittimità può essere esercitato soltanto con riguardo ai vizi di motivazione del provvedimento impugnato, nei limiti della disciplina processuale ratione temporis applicabile, ovvero ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, per violazione RAGIONE_SOCIALE norme di cui agli artt. 1362 e segg. c.c., a condizione, per detta ipotesi, che i motivi di ricorso non si limitino a contrapporre una diversa interpretazione rispetto a quella del provvedimento gravato ma individuino i canoni interpretativi violati e le ragioni in iure di detta violazione; i motivi, oltre a non fare neppure cenno ai canoni di ermeneutica contrattuale, inammissibilmente sollecitano una diversa valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali e denunciano più che la mancanza della motivazione l’insufficienza della stessa, non più rilevante all’esito RAGIONE_SOCIALE modifiche apportate al codice di rito dal d.l. n. 83/2012;
è ius receptum l’orientamento inaugurato da Cass. S.U. n. 8053/2014 secondo cui nel nuovo assetto processuale l ‘ anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità, quale violazione di legge costituzionalmente rilevante, attiene solo all ‘ esistenza della motivazione in sé, prescinde dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l ‘ aspetto materiale
e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili», nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile»;
il difetto del requisito di cui all’art. 132 cod. proc. civ. si configura, quindi, solo qualora la motivazione o manchi del tutto -nel senso che alla premessa dell ‘ oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l ‘ enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione -ovvero esista formalmente come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum ;
esula, invece, dal vizio di violazione di legge la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti , implicante un raffronto tra le ragioni del decidere adottate ed espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito;
è evidente che nella fattispecie non sussiste il vizio motivazionale nei termini sopra intesi perché la Corte territoriale ha dato conto RAGIONE_SOCIALE ragioni per le quali andavano esclusi in relazione agli emolumenti in contestazione (quota del 50% del premio di produttività, versamento al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ) i requisiti di fissità e continuità;
in conclusione, il ricorso principale deve essere accolto, nei limiti precisati nei punti che precedono, mentre va dichiarato inammissibile il ricorso principale;
la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi ed al ricorso accolto con rinvio alla Corte d’Appello indicata in dispositivo che procederà ad un nuovo esame
attenendosi ai principi di diritto enunciati nel punto 6 e provvedendo anche al regolamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di cassazione;
10. ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza RAGIONE_SOCIALE condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dalla ricorrente incidentale.
P.Q.M.
la Corte:
accoglie il ricorso principale nei limiti indicati in motivazione e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, alla