Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11064 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11064 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 30112/2021 proposto da:
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME ed elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso l’Avv. NOME COGNOME;
-ricorrenti –
contro
Ente Sviluppo Agricolo Regione Siciliana (ESA);
-intimato- avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Palermo n. 373/2021 pubblicata il 31 maggio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 25 febbraio 2016 gli odierni ricorrenti hanno dedotto di essere stati assunti alle dipendenze dell’ESA come dirigenti, qualifica mantenuta fino al momento del collocamento a riposo.
Hanno anche allegato che l’ESA non avrebbe dato applicazione al contratto di lavoro del comparto Ministeri relativo al periodo 2006/2009 per la loro posizione economica, non essendo state tempestivamente approvate le tabelle di equiparazione ex art. 31 della legge Regione Sicilia n. 6 del 1997.
Essi hanno domandato, quindi, che fosse accertato il loro diritto all’applicazione del contratto menzionato, con condanna dell’ESA a pagare le differenze di trattamento economico dovute.
Il Tribunale di Palermo, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 90/2019, ha rigettato le domande.
Gli odierni ricorrenti hanno proposto appello che la Corte d’appello di Palermo, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 373/2021, ha rigettato.
Gli odierni ricorrenti hanno, quindi, proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
L’ESA non ha svolto difese .
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione o falsa applicazione degli artt. 45 d.lgs. n. 165 del 2001, 3, 117, comma 2, lett. l), Cost., 28 legge Regione Sicilia n. 21 del 1965, 31 legge Regione Sicilia n. 6 del 1997 e 17, lett. f), Statuto della Regione siciliana.
Essi sostengono che il trattamento economico del personale ESA sarebbe quello relativo agli impiegati civili dello Stato ai sensi dell’art. 28 legge Regione Sicilia n. 21 del 1965 e 15 dello Statuto ESA, tanto che, ogni volta che era stato stipulato un CCNL per il personale area 1 dirigenti, l’ESA ne aveva deliberato l’applicazione in favore dei suoi dipendenti .
L’ESA, però, non avrebbe dato applicazione al contratto di lavoro della dirigenza del comparto Ministeri relativo al periodo 2006/2009, stipulato il 12 febbraio 2010, così violando l’art. 45 d.lgs. n. 165 del 2001, che prevede una riserva in favore della contrattazione collettiva in ordine alla determinazione del trattamento economico dei dipendenti pubblici.
Non sarebbe stato possibile, peraltro, per la Regione Sicilia, adottare disposizioni che paralizzino i rinnovi del CCNL di comparto applicato dall’ESA .
In particolare, la corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che la delibera dell’ente di recepimento del CCNL comparto Ministeri fosse la fonte del loro diritto a ricevere il trattamento retributivo spettante in base alla contrattazione collettiva.
Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione o falsa applicazione degli artt. 45 del d.lgs. n. 165 del 2001 e 36 Cost., atteso che la sentenza di appello avrebbe comportato il mancato conseguimento di una retribuzione proporzionata.
Con il terzo motivo i ricorrenti contestano la violazione o falsa applicazione dell’art. 4 del d.P.Reg. n. 70 del 1979 e dell’art. 22 della legge Regione Sicilia n. 21 del 1965, in quanto la mancata applicazione della contrattazione collettiva in occasione dei suoi rinnovi contrattuali avrebbe reso inadeguata la sua retribuzione.
Con il quarto motivo i ricorrenti contestano la violazione o falsa applicazione dell’art. 31 della legge Regione Sicilia n. 6 del 1997 e dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, in quanto la corte territoriale avrebbe errato nell’affermare che la delibera ESA n. 28 del 2011 non sarebbe stata esecutiva, in assenza del visto regionale.
Le censure, che, in ragione della stretta connessione, possono essere trattate insieme, non meritano accoglimento.
L’art. 28, comma 1, della legge Regione Sicilia n. 21 del 1965 prescrive che ‘ Il regolamento organico relativo alla disciplina giuridica ed economica del personale impiegato e salariato dell’ERAS, da adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, dovrà essere informato, fatta eccezione per il direttore generale , ai principi dell’impiego statale, distinguendo le carriere in
base alla natura ed all’importanza dei compiti ed ai requisiti occorrenti per disimpegnarli. Nel regolamento dovranno essere stabilite norme transitorie per disciplinare l’inquadramento in ruolo a sviluppo di carriera pari a quello statale mediante concorsi tra il personale già in servizio presso il suddetto Ente al 31 dicembre 1964 in base ai titoli di studio, alle funzioni esercitate, all’anzianità di servizio e di grado nonché all’attività svolta ed al merito, facendo salvo il trattamento economico vigente alla data di entrata in vigore della presente legge’.
Il precedente art. 22 stabilisce che ‘ Tutte le deliberazioni del Consiglio d’amministrazione e del Comitato esecutivo, ad eccezione di quelle che impegnano il bilancio annuale dell’Ente per somme inferiori a lire 10 milioni, sono trasmesse in copia, entro 5 giorni, all’Assessore regionale per l’agricoltura e le foreste.
Le deliberazioni diventano esecutive se nel termine di 20 giorni dalla ricezione non vengono respinte dall’Assessore’.
L’art. 31, commi da 1 a 4, della legge Regione Sicilia n. 6 del 1997 dispone che ‘1. Con effetto dall’entrata in vigore della presente legge il trattamento giuridico ed economico del personale degli enti, aziende ed istituti sottoposti a vigilanza e tutela dell’Amministrazione regionale e le cui spese di funzionamento sono a carico del bilancio regionale o che, comunque, beneficiano di trasferimenti a qualunque titolo a carico del bilancio regionale, con esclusione dei trasferimenti in conto capitale, non può essere superiore a quello stabilito per i dipendenti regionali, secondo le tabelle di equiparazione adottate dai rispettivi organi di amministrazione, vistate dai componenti gli organi di revisione ed approvate dal Presidente della Regione, su deliberazione della Giunta regionale.
L’eventuale differenza tra il maturato economico in godimento al 31 dicembre 1996 del suddetto personale e il trattamento economico spettante alla medesima data al personale regionale viene mantenuta quale assegno ad personam, riassorbibile con i futuri miglioramenti economici.
Gli eventuali maggiori oneri derivanti da contrattazioni di settore non possono gravare sul contributo regionale che deve esporre analiticamente la quota destinata al costo del personale.
L’applicabilità di contratti di settore e/o integrativi è subordinata al reperimento da parte degli enti di nuove e maggiori entrate non a carico del bilancio della Regione’.
Dalle disposizioni sopra individuate si evincono alcuni principi.
Innanzitutto, l’art. 28, comma 1, della legge Regione Sicilia n. 21 del 1965 non impone un’equiparazione dei dipendenti ESA a quelli statali, settore Ministeri, in quanto il regolamento organico adottato dall’ESA dovrà essere più semplicemente conforme ai principi generali dell’impiego statale, distinguendo le carriere in base alla natura ed all’importanza dei compiti ed ai requisiti occorrenti per disimpegnarli.
Ne deriva che, rispettati tali principi, il regolamento godrà di un certo margine di autonomia nel regolare la carriera e l’inquadramento in ruolo del personale in esame, senza che da questo derivi di per sé l’applicazione della contrattazione collettiva del comparto Ministeri.
L’esecutività di detto regolamento sarà subordinata, comunque, al non rigetto dell’Assessore competente (art. 22).
Vi è, certo, un collegamento con il regime previsto per i dipendenti pubblici statali che, però, non è automatic amente e integralmente recepito dall’ente in tutte le sue componenti, dipendendo, peraltro, da interventi dell’Assessore e dell’ESA.
Ciò non toglie, in ogni caso, che la mancata approvazione del regolamento interno e l’omessa adozione di ulteriori provvedimenti di recepimento non possano impedire il sorgere del diritto dei ricorrenti, i quali devono ricevere la retribuzione loro spettante in base alla contrattazione collettiva applicabile, operando il principio generale espresso da ll’art. 45 d.lgs. n. 165 del 2001 .
Infatti, la subordinazione dell’esecutività del regolamento interno o di ulteriori delibere comportanti maggiori oneri (come quelli derivanti dall’adozione delle tabelle di equiparazione ex art. 31 della legge Regione Sicilia n. 6 del 1997) all’approvazione della Assessore competente non preclude il maturare del diritto alla retribuzione del dipendente, il quale trova fondamento esclusivo nella contrattazione collettiva.
Al contrario, una volta individuato l’esatto comparto di riferimento, l’accordo collettivo che disciplina i rapporti di lavoro con le Amministrazioni che vi rientrano troverà spazio, anche con i successivi rinnovi, fin dal momento della sua efficacia, salvo che, per qualche ragione, non cambi la contrattazione rilevante.
Pertanto, la motivazione della decisione impugnata deve essere corretta ex art. 384, u.c., c.p.c. , nella parte in cui fa dipendere l’ integrale applicabilità della contrattazione collettiva rilevante dalle dinamiche concernenti l’approvazione del regolamento o dei provvedimenti menzionati.
A questo esito ermeneutico non può conseguire l’accoglimento del motivo.
Infatti, i dipendenti hanno diritto all’applicazione del contratto collettivo che si riferisce alla loro P.A. di riferimento.
La giurisprudenza della Corte costituzionale è chiara nell’affermare (sentenze n. 146, n. 138 e n. 10 del 2019) che la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici – ivi inclusi i profili del trattamento economico (inteso nel suo complesso, senza alcuna limitazione a quello fondamentale) e della relativa classificazione (sentenza n. 213 del 2012) – rientra nella materia «ordinamento civile», che spetta in via esclusiva al legislatore nazionale. Invero, a seguito della sua privatizzazione, tale rapporto è disciplinato dalle disposizioni del codice civile e dalla contrattazione collettiva, come espressamente previsto dall’art. 2 t.u. pubblico impiego. Compete, dunque, unicamente al legislatore statale anche la disciplina del trattamento giuridico ed economico dei dipendenti regionali ( ex multis , sentenze n. 175 e n. 160 del 2017, n. 257 del 2016), ai sensi dell’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001. Anche per questo personale, quindi, il rapporto di impiego è regolato dalla legge dello Stato e, in virtù del rinvio da questa operato, dalla contrattazione collettiva (così, ancora, le sentenze n. 146 e n. 138 del 2019): l’art. 2, comma 3, d.lgs. n. 165 del 2001, stabilisce, infatti, che «’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusiv amente mediante contratti collettivi» e l’art. 45, comma 1, dello stesso testo unico ribadisce che «l trattamento economico fondamentale ed accessorio è definito dai contratti collettivi». Inoltre, proprio a seguito della privatizzazione del pubblico impiego, «i principi fissati dalla legge statale in materia ‘costituiscono tipici limiti
di diritto privato, fondati sull’esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati e, come tali, si impongono anche alle Regioni a statuto speciale ‘» (sentenza n. 154 del 2019; nello stesso senso, sentenze n. 232 e n. 81 del 2019, n. 234 del 2017, n. 225 e n. 77 del 2013). Non osta a tale conclusione «la circostanza che, ai sensi dell’art. 14, lettera q), dello statuto della Regione Siciliana, a quest’ultima spetta la competenza legislativa esclusiva in materia di stato giuridico ed economico del proprio personale. Tale potestà di regolazione in materia incontra, infatti, ai sensi di quanto previsto dallo stesso statuto regionale siciliano, i limiti derivanti dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica» (così, sentenza n. 172 del 2018). In proposito, nella sentenza da ultimo citata (così come nella precedente sentenza n. 189 del 2007), la Corte costituzionale ha ritenuto confermando l’autoqualificazione contenuta nell’art. 1, comma 3, d.lgs. n. 165 del 2001 (che richiama i principi desumibili dall’art. 2 della legge n. 421 del 1992, recante «Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale», e dall’art. 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, recante «Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa», e successive modificazioni e integrazioni) – che per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e di Bolzano i principi desumibili dal t.u. pubblico impiego costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica. Come tali, essi si impongono al rispetto del legislatore della Regione autonoma (in tal senso, sentenze n. 93 del 2019, n. 201 e n. 178 del 2018), a prescindere dalle ragioni che hanno spinto quest’ultimo a violare il principio di riserva alla contrattazione collettiva della definizione del trattamento economico del proprio personale e del conseguente re-inquadramento.
Ne deriva, da questa giurisprudenza, che il legislatore siciliano non può prescindere, nell’esercizio dei suoi poteri di intervento legislativo, dai principi di fondo che regolano il pubblico impiego contrattualizzato, fra cui quello per il
quale ai dipendenti di ogni P.A. deve essere applicato il contratto collettivo di riferimento del comparto al quale questa appartiene.
Risulta problematica, quindi, la pretesa equiparazione tra dipendenti ESA e ministeriali, essendo palese come alcuna omogeneità fra le posizioni e le mansioni di queste due categorie di lavoratori vi sia (Cass., Sez. L, n. 33004 del 28 novembre 2023; Cass., Sez. L, n. 27368 del 22 ottobre 2024, entrambe non massimate).
Da questo punto di vista, significativa è la previsione del l’art. 31, comma 1, della legge Regione Sicilia n. 6 del 1997, per la quale ‘Con effetto dall’entrata in vigore della presente legge il trattamento giuridico ed economico del personale degli enti, aziende ed istituti sottoposti a vigilanza e tutela dell’Am ministrazione regionale e le cui spese di funzionamento sono a carico del bilancio regionale o che, comunque, beneficiano di trasferimenti a qualunque titolo a carico del bilancio regionale, con esclusione dei trasferimenti in conto capitale, non può essere superiore a quello stabilito per i dipendenti regionali, secondo le tabelle di equiparazione adottate dai rispettivi organi di amministrazione, vistate dai componenti gli organi di revisione ed approvate dal Presidente della Regione, su deliberazione della Giunta regionale’.
È evidente quindi, che la stessa normativa regionale richiama il trattamento economico non del comparto Ministeri, ma, eventualmente, di quello funzioni locali.
In conclusione, la legislazione regionale, pur avendo dei margini di intervento, non può essere interpretata nel senso di consentirle di impedire il maturare del diritto alla retribuzione del dipendente dell’ESA, il quale trova fondamento esclusivo nella contrattazione collettiva.
Nell’individuare la contrattazione collettiva applicabile, il giudice deve tenere conto che il trattamento giuridico ed economico del dipendente ESA non può superare quello dei dipendenti regionali, regolato, soprattutto, dalla contrattazione regionale.
In questo senso è orientata anche la giurisprudenza amministrativa, come si evince dalla sentenza del CGA Regione siciliana n. 402 del 12 luglio 2018.
Pertanto, la pretesa retributiva dei lavoratori, in quanto fondata sull’applicabilità della contrattazione collettiva Comparto Ministeri, non può trovare accoglimento , atteso che l’ art. 28, comma 1, della legge Regione Sicilia n. 21 del 1965, pur imponendo, correttamente, che il regolamento organico relativo alla disciplina giuridica ed economica del personale impiegato e salariato dell’ERAS sia informato ai principi dell’impiego statale, non implica anche la sottoposizione del relativo rapporto di lavoro alla contrattazione da ultimo menzionata.
Non a caso, come rilevato dalla sentenza impugnata, nella specie, le tabelle di equiparazione ex art. 31 della legge Regione Sicilia n. 6 del 1997 predisposte dall’ESA non avevano ricevuto il parere favorevole del competente Assessorato regionale in quanto ‘gli importi di stipendio tabellare regionale riportati’ non corrispondevano ‘ad alcun contratto collettivo regionale che, per il quadriennio cons iderato’ risultava ‘non approvato né pubblicato’.
2) Il ricorso è rigettato, in applicazione del seguente principio di diritto:
‘I dipendenti dell’ESA, ente pubblico strumentale della Regione Sicilia, hanno diritto a percepire il trattamento economico stabilito dalla contrattazione collettiva applicabile vigente, senza che il relativo pagamento possa essere precluso dalla mancata approvazione, da parte della competente autorità regionale, del regolamento organico relativo alla disciplina giuridica ed economica del personale impiegato e salariato o delle tabelle di equiparazione ex art. 31 della legge Regione Sicilia n. 6 del 1997. Tale trattamento, peraltro, non può essere superiore, ai sensi del citato art. 31, a quello stabilito per i dipendenti regionali secondo le tabelle di equiparazione adottate dai rispettivi organi di amministrazione, vistate dai componenti gli organi di revisione ed approvate dal Presidente della Regione, su deliberazione della Giunta regionale e non può essere determinato applicando la contrattazione collettiva del Comparto Ministeri ‘ .
Nessuna statuizione deve esservi sulle spese di lite, non avendo l’ESA svolto difese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
rigetta il ricorso;
-ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 20