Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20070 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20070 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21903-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e dieso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 80/2022 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 09/03/2022 R.G.N. 56/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa:
Con ricorso depositato innanzi Tribunale di Perugia in funzione di giudice del lavoro NOME COGNOME conveniva in
Oggetto
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 21903/2022
Ud. 22/05/2025 CC
giudizio l’INPS ed esponeva di essere stata dipendente della regione Umbria dal 1 giugno 1975 al 30 giugno 1994, di essere successivamente transitata alle dipendenze della Provincia di Perugia e di aver prestato servizio presso questo ente fino al 1999 quando era passata nuovamente alle dipendenze della Regione Umbria sino alla data di definitiva cessazione dal servizio, avvenuta in data 31 dicembre 2015. La ricorrente deduceva di aver ottenuto nel 1994 la liquidazione della indennità premio di servizio, ai sensi della legge n. 152 del 1968, dall’INPDAP e deduceva di avere diritto alla riliquidazione di un solo trattamento di fine servizio, parametrato a tutti gli anni di servizio utili, e cioè 41 anni e 6 mesi dal 1 giugno 1975 al 31 dicembre 2015 e in questo senso chiedeva la condanna dell’INPS. L’INPS si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda sostenendo che la liquidazione del trattamento di fine servizio doveva ritenersi definitiva. Il Tribunale di Perugia con la sentenza n. 71/2021 accoglieva la domanda, accertava il diritto della COGNOME a ottenere la riliquidazione unitaria del TFS per tutti gli anni di servizio e condannava l’INPS al pagamento della somma di euro 57.421,33 per il medesimo titolo.
Avverso detta sentenza ha proposta appello l’INPS. COGNOME NOME si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto dell’impugnazione. Con la sentenza n. 80/2022 depositata il 09/03/2022 la Corte di Appello di Perugia, sezione lavoro, ha respinto il gravame.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione l’INPS articolando due motivi. NOME COGNOME si è costituita con comparsa e mandato chiedendo il rigetto dell’impugnazione .
La parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis. 1 c.p.c.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 22 maggio 2025.
Ragioni della decisione:
In via preliminare occorre rilevare la tardività della costituzione NOME COGNOME con comparsa e mandato depositati in data 13/01/2023.
Con il primo motivo di ricorso la difesa dell’INPS deduce , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’articolo 22, comma 10, del d.l. 31 agosto 1987, n. 359. assumendo la definitività del provvedimento di liquidazione. Secondo la parte ricorrente la sentenza impugnata avrebbe errato nel non considerare, ai sensi della disposizione invocata, definitiva e intangibile la liquidazione del trattamento di premio servizio chiesta e ottenuta al momento della cessazione del primo rapporto di lavoro con la Regione, come liquidata all’epoca dall ‘INADEL .
2.1. In proposito la parte ricorrente invoca il disposto dell’art. 22, comma 10, del d.l. 31/08/1987, n. 359 che recita: «10. In deroga a quanto stabilito in materia di indennità premio di servizio dalla legge 8 marzo 1968, n. 152, per il personale iscritto da almeno un anno all’INADEL, al momento della risoluzione del rapporto, comunque motivata, e indipendentemente dal conseguimento del diritto alla pensione, spetta all’interessato o ai superstiti l’indennità di fine servizio in relazione agli anni maturati».
2.2. Il motivo non vale a cogliere la ratio della decisione della Corte di Appello che risiede nel riconoscere che la ricorrente ha mantenuto un unico rapporto di lavoro alle dipendenze prima della Regione poi della Provincia poi di nuovo della Regione ma senza che mutassero mansioni, posizione e accantonamento ai fini del trattamento di fine servizio. La Corte
d’Appello per questa ragione esclude che fosse cessato il rapporto nel 1994 e che assumesse definitività il provvedimento di liquidazione del medesimo anno.
2.3. Questo accertamento, in fatto, della sentenza impugnata non è stato impugnato dalla parte ricorrente e rimane giudicato che quello della ricorrente sia stato un unico rapporto di lavoro senza soluzione di continuità e che i mutamenti del datore di lavoro siano derivati da distacchi di personale disposti per via legislativa.
2.4. Il motivo di ricorso, per questa via, appare inidoneo a contestare il fondamento in fatto sul quale si fonda la sentenza di merito e cioè l’unicità del rapporto di lavoro.
2.5. Rileva, altresì, il Collegio che ad uguale conclusione si perviene in ragione del disposto dell’art. 31, d.lgs. 30/03/2001, n. 165 che prevede: «fatte salve le disposizioni speciali, nel caso di trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze ditali soggetti si applicano l’articolo 2112 del codice civile e si osservano le procedure di informazione e di consultazione di cui all’articolo 47, commi da 1 a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428».
2.6. Nemmeno le pronunce di questa Corte citate da parte ricorrente, autorizzano diverse conclusioni atteso che le decisioni Cass. 24184/2024, Cass. 5895/2020; Cass. 282/2021; Cass. 9140/2024, tutte seguite a Cass. S.U. 24280/2014 affermano la frazionabilità del rapporto di lavoro ai fini della liquidazione del trattamento di fine servizio ma sempre sul presupposto della intervenuta cessazione del rapporto di lavoro; il trattamento non è frazionabile se non ci sia stata cessazione
del rapporto di lavoro alle dipendenze di un ente e ricostituzione di nuovo rapporto di lavoro alle dipendenze di altro ente.
Con il secondo motivo di ricorso l’INPS deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. violazione e falsa applicazione degli articoli 2948 c.c. n. 5, e 19 del r.d. 2 novembre 1933, n. 2418 assumendo l’intervenuta p rescrizione del diritto della lavoratrice al ricalcolo del trattamento. Secondo la parte ricorrente la sentenza impugnata avrebbe errato nel respingere l’eccezione di prescrizione sollevata dall’INPS in primo grado e riproposta in appello e tanto perché nel 2018 la ricorrente avrebbe chiesto la riliquidazione del trattamento di fine servizio dopo oltre venti anni dalla liquidazione già domandata e accettata nel 1994. Secondo la ricorrente doveva applicarsi il principio di diritto secondo il quale il termine di prescrizione della indennità di premio servizio è quinquennale e decorre dal collocamento a riposo.
3.1. Il motivo è infondato . Nella vicenda all’origine della controversia nel 1994 non vi era stato alcun collocamento a riposo e la Corte di Appello ha, in senso contrario, accertato la prosecuzione del rapporto di lavoro.
3.2. La Corte di Appello, esattamente ad avviso del Collegio, ha applicato il principio espresso da Cass. 23/06/2020, n. 12366 secondo il quale solo al momento della cessazione del rapporto di lavoro, con l’erogazione del trattamento di fine rapporto e la percezione di una somma eventualmente inferiore a quella dovuta, si realizza il fatto dannoso subito dal lavoratore in conseguenza del pregresso comportamento illecito del datore di lavoro, con la conseguenza che il giudice avente giurisdizione in tale momento conosce dell’intero arco temporale della pretesa (nel medesimo senso: Cass. ss. u. 30/06/2008, n. 17774).
3.3. La decisione impugnata non merita, allora, censure nella parte in cui ha definito il termine di decorrenza della prescrizione e il secondo motivo di ricorso va respinto.
Il ricorso deve, allora, essere integralmente rigettato.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità in ragione della tardività della costituzione della parte vincitrice.
P.Q.M.
rigetta il ricorso, nulla sulle spese del giudizio di legittimità;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione