Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24184 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 24184 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 9453-2019 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che lo rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4772/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 08/01/2019 R.G.N. 2387/2013; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/07/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO
Oggetto
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE PUBBLICI
R.G.N. 9453/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 05/07/2024
CC
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che, con sentenza dell’8 gennaio 2019, la Corte d’ Appello di Roma, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Roma, peraltro limitata alla riduzione dell’importo dovuto a seguito dell’espletata CTU contabile, accoglieva la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE , avente ad oggetto l’accertamento del diritto dell’istante alla riliquidazione del trattamento corrisposto alla cessazione del rapporto di lavoro, così che questo non risultasse frazionato in relazione all’essersi art icolato il rapporto intercorso alle dipendenze del Comune di Roma, in qualità di legale interno, in un primo periodo, dal 1975 all’1.7.2000, allorché l’COGNOME veniva collocato a riposo su domanda ed un secondo periodo, dall’1.3.2001, quando veniva riammesso in servizio, alla cessazione del rapporto intervenuta in data 15.12.2006, come aveva ritenuto l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, poi confluito nell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, provvedendo alla liquidazione del trattamento di fine servizio distintamente con riguardo a ciascun periodo, ferma restando l ‘esclusione dell’arco temporale di inattività dall’1.7.2000 all’1.3.2001;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, in conformità all’orientamento accolto da questa Corte con riguardo all’interpretazione dell’art. 2, l. n. 152/1968, il rapporto di lavoro, intercorso sempre con il medesimo soggetto e tale da non aver implicato la risoluzione del rapporto previdenziale originario, non frazionabile e così anche il trattamento di fine servizio da computarsi, pertanto, sulla base della totalità degli anni di iscrizione al regime previdenziale, questi individuati con riguardo alla definitiva cessazione del lavoro;
che per la cassazione di tale decisione ricorre l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, l’COGNOME;
CONSIDERATO
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che , con l’unico motivo, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, l. n. 152/1968, 2, commi 5, 6, 7, 8 e 9, l. n. 335/1995 e 1, comma 9, d.P.C.M. 20.12.1999, l’Istituto ricorrente lamenta la non conformità a diritto della pronunzia della Corte territoriale, assumendo essere conforme alle norme invocate il riconoscimento di trattamenti differenziati in ordine ai distinti periodi di lavoro intercorsi t ra l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ed il Comune di Roma non configurandosi l’affermata infrazionabilità;
che il motivo si rivela infondato appunto in considerazione dell’orientamento accolto da questa Corte con la decisione resa a sezioni unite n. 24280/2014, e ribadito in successivi pronunciamenti in termini (Cass. Sez. L, n. 5895/2020; n. 282/2021; n. 9140/2024), secondo cui nel regime dell’indennità premio di servizio il rapporto non è frazionabile salvo che il rapporto originario sia cessato e ne venga costituito uno nuovo con altro Ente, evenienza nella specie esclusa a motivo del riconosciuto diritto alla riammissione in servizio con salvezza dell’anzianità maturata ed insuscettibile in sé di incidere in senso modificativo sul trattamento di fine servizio;
che, pertanto, la diversa tesi della frazionabilità (richiamata dal ricorrente) che era stata sostenuta per il caso di specie in alcune decisioni precedenti a quella delle Sezioni Unite suindicata è stata del tutto superata anche perché incompatibile con il nuovo quadro normativo derivante dalla riforma delle pensioni (legge del 335 del 1995) nel quale i molteplici trattamenti di fine servizio dei dipendenti pubblici contrattualizzati sono stati ‘armonizzati’ e assoggetta ti tutti alla disciplina privatistica dettata dall’art. 2120 cod. civ., venendo così meno la tesi dalla natura previdenziale e non prevalentemente retribuiva dell’indennità di fine servizio, tesi che costituiva il presupposto della frazionabilità pure nel caso di un rapporto di lavoro unitario, seppure modificato, quale ricorre nella specie (e che è
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diverso dalla fattispecie esaminata da Cass. n. 9494/2022 riguardante due rapporti di lavoro fra i quali non vi era alcuna unitarietà o continuità);
che il ricorso va, dunque, rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 7.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, n ell’adunanza camerale del 5 luglio 2024.