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Trasformazione contratto part-time: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato che un contratto di lavoro part-time può essere trasformato in un contratto a tempo pieno sulla base dei comportamenti concreti delle parti (fatti concludenti). Se un lavoratore presta costantemente un orario di lavoro pari a quello full-time, il rapporto si considera trasformato, anche se il datore di lavoro ha sempre pagato le maggiorazioni per il lavoro supplementare. La realtà effettiva del rapporto di lavoro prevale sull’accordo formale iniziale.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Trasformazione contratto part-time: quando la realtà supera l’accordo scritto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4350 del 2024, torna su un tema cruciale del diritto del lavoro: la trasformazione contratto part-time in un rapporto a tempo pieno. La decisione ribadisce un principio fondamentale: la modalità effettiva con cui si svolge il lavoro può prevalere su quanto stabilito nel contratto iniziale. Questo accade quando la prestazione lavorativa, di fatto, assume costantemente le caratteristiche del tempo pieno, modificando la natura stessa del rapporto per “fatti concludenti”.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un lavoratore assunto con contratto a tempo parziale da una società di gestione aeroportuale. Nonostante l’accordo iniziale prevedesse un orario ridotto, il dipendente si è trovato a svolgere in modo continuativo e prolungato lavoro supplementare e straordinario, raggiungendo di fatto un orario di lavoro equivalente a quello di un collega a tempo pieno. Di fronte a questa situazione, il lavoratore ha richiesto in tribunale il riconoscimento della trasformazione del suo contratto in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato. La Corte d’Appello gli ha dato ragione, spingendo la società a ricorrere in Cassazione.

La Posizione della Società e la difesa sulla trasformazione contratto part-time

Il datore di lavoro ha sostenuto che la trasformazione non potesse essere riconosciuta. La sua tesi si basava principalmente su un punto: aver sempre retribuito il lavoro supplementare e straordinario con le maggiorazioni previste dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Secondo l’azienda, questo comportamento dimostrava l’assenza della cosiddetta animus novandi, ossia la volontà di modificare l’accordo originario. In pratica, l’azienda riteneva che pagare correttamente le ore extra fosse la prova che si trattasse di esigenze occasionali e non della volontà di instaurare un nuovo rapporto a tempo pieno.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso della società, confermando la decisione della Corte d’Appello e consolidando un orientamento giurisprudenziale ormai stabile. I giudici hanno chiarito che, nel diritto del lavoro, vige il principio di effettività. Questo significa che la realtà concreta del rapporto di lavoro prevale sulla sua qualificazione formale.

La Cassazione ha stabilito che una prestazione lavorativa che si svolge costantemente secondo le modalità tipiche del tempo pieno, a causa della richiesta continua del datore di lavoro, determina una trasformazione del rapporto per facta concludentia. Non è necessario un accordo scritto o una modifica formale del contratto. Il comportamento delle parti – la richiesta sistematica di ore aggiuntive da un lato e la loro esecuzione dall’altro – è sufficiente a dimostrare la loro volontà comune, anche se implicita, di modificare un elemento essenziale del contratto: l’orario di lavoro.

Inoltre, la Corte ha specificato che il pagamento delle maggiorazioni per il lavoro supplementare non è un elemento decisivo per escludere la trasformazione. Sebbene sia un dovere del datore di lavoro retribuire correttamente ogni ora lavorata, questo non basta a negare che la natura del rapporto sia, nei fatti, cambiata. L’indagine del giudice di merito deve concentrarsi sulla costanza e sistematicità della prestazione a tempo pieno, che, se accertata, è indice di una novazione del contratto.

Conclusioni

La sentenza n. 4350/2024 rafforza la tutela dei lavoratori part-time e invia un messaggio chiaro ai datori di lavoro. Non è possibile utilizzare formalmente un contratto part-time per poi, nella pratica, richiedere una prestazione lavorativa continuativa tipica del full-time, pensando che il solo pagamento delle ore extra sia sufficiente a mantenere in vita l’accordo originario. La trasformazione del contratto part-time in full-time per fatti concludenti è una possibilità concreta, basata sulla prevalenza della sostanza sulla forma. Per i lavoratori, ciò significa che i loro diritti devono essere commisurati all’effettiva consistenza del loro impegno lavorativo, indipendentemente dalla denominazione formale del contratto.

Un contratto part-time può diventare full-time senza un accordo scritto?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la trasformazione può avvenire “per fatti concludenti”, ovvero quando il comportamento costante delle parti, come la richiesta e lo svolgimento continuo di un orario di lavoro a tempo pieno, dimostra una volontà comune di modificare l’accordo originale.

Il pagamento delle maggiorazioni per il lavoro supplementare impedisce la trasformazione del contratto in full-time?
No. La Corte ha chiarito che il corretto pagamento delle ore supplementari e straordinarie è un obbligo del datore di lavoro, ma non esclude di per sé la trasformazione. Il fattore decisivo è la sistematicità e la continuità della prestazione a tempo pieno, che può manifestare una volontà novativa del rapporto.

Qual è il principio legale fondamentale applicato dalla Corte in questo caso?
Il principio chiave è quello di “effettività”. Questo principio stabilisce che, nel rapporto di lavoro, la realtà concreta e le modalità effettive di svolgimento della prestazione prevalgono sulla qualificazione formale data dalle parti nel contratto scritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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