Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14294 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14294 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34536/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, INDIRIZZO;
-ricorrente-
contro
CONTE NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale come da pec Registri Giustizia;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 321 /2019 della Corte d’Appello di Torino depositata in data 15.05.2019, N.R.G. NUMERO_DOCUMENTO.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18.04.2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO COGNOME.
OGGETTO: PUBBLICO IMPIEGO
RILEVATO CHE
La Corte di Appello di Torino ha rigettato l’appello avverso la sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, che in accoglimento delle domande proposte da NOME COGNOME (assistente amministrativo alle dipendenze dell’RAGIONE_SOCIALE), aveva dichiarato l’illegittimità del trasferimento disposto nei suoi confronti dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dalla RAGIONE_SOCIALE, sita in RAGIONE_SOCIALE, all’ufficio CUP del consultorio di Saint Pierre.
La Corte territoriale ha condiviso le statuizioni del primo giudice in ordine alla mancanza del consenso della COGNOME alla sua adibizione presso l’ufficio di Saint Pierre ed ha ritenuto applicabile l’accordo aziendale del 8.2.2010 sulla mobilità e su i trasferimenti.
In forza delle disposizioni contenute nel suddetto accordo, ha qualificato come trasferimento l’assegnazione della NOME all’ufficio CUP del consultorio di Saint Pierre ed ha rilevato che l’RAGIONE_SOCIALE non aveva effettuato alcuna comparazione al fine di dare una corretta applicazione dell’ordine di priorità imposto dal medesimo accordo.
Ha inoltre evidenziato che nel ricorso introduttivo la COGNOME aveva dedotto di possedere un’anzianità superiore quanto meno a quella della collega NOME COGNOME e che l’RAGIONE_SOCIALE nella memoria di costituzione relativa al giudizio di primo grado su tale punto non aveva preso posizione.
5 . Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE, prospettando due motivi di ricorso, illustrati da memoria.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, il ricorso denuncia nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 n. 4 cod. proc. civ. e 111, comma 6, Cost., con conseguente violazione del diritto alla difesa di cui all’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., per totale omissione o apparenza della motivazione in ordine all’individuazione nel caso di specie di un trasferimento in senso tecnico, in luogo di una mera assegnazione ad un diverso ufficio per assicurare la continuità del servizio.
Lamenta l’omessa motivazione o l’apparenza della motivazione della sentenza impugnata sulla qualificazione dell’assegnazione della COGNOME all’ufficio CUP del consultorio di Saint Pierre e addebita alla Corte territoriale di non avere palesato il ragionamento sotteso al proprio convincimento; critica la sentenza impugnata per avere negato il diritto alla prova e per avere violato il principio dispositivo.
Deduce che la Corte territoriale ha omesso qualsivoglia argomentazione sull’ottemperanza dell’RAGIONE_SOCIALE ai presupposti che costituiscono espressione del generale principio di trasparenza e
buon andamento della PA, senza considerare che l’RAGIONE_SOCIALE è sempre tenuta a garantire il servizio pubblico sanitario rivolto alla propria utenza attraverso una responsabile riorganizzazione.
Evidenzia che l’RAGIONE_SOCIALE aveva preso atto della necessità di una riorganizzazione urgente degli Uffici, a seguito del trasferimento del dipendente COGNOME, e che si era attenuta alle disposizioni contenute nel d. lgs. n. 165/2001 (secondo cui si ha un trasferimento solo se il dipendente viene spostato oltre i 50 chilometri), nonché ai dettami dei contratti di RAGIONE_SOCIALE.
Sostiene che la COGNOME non era stata ‘trasferita’ in senso tecnico (essendo a tal fine necessario un apprezzabile spostamento topografico, che non ricorre nel caso di specie), ma era stata individuata, per ragioni di urgenza e continuità, quale dipendente idonea ad un mero spostamento da un ufficio ad altro ricompreso nell’ambito della stessa struttura complessa riconducibile all’RAGIONE_SOCIALE, segnatamente ‘RAGIONE_SOCIALE‘; si duole della mancata considerazione di tali circostanze da parte della Corte territoriale, che avrebbe dovuto porre a fondamento della decisione fatti non contestati.
Con il secondo motivo, il ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione della normativa contrattuale accordo dell’8 febbraio 2010 e conseguentemente del d.lgs. n. 165/2001, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ.; subordinatamente nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 n. 4 cod. proc. civ. e 111, comma 6, Cost., con conseguente violazione del diritto alla difesa di cui all’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., per totale omissione o apparenza della motivazione sull’individuazione dell’accordo del 8 febbraio 2010 come normativa contrattuale applicabile.
Lamenta che la Corte territoriale ha direttamente analizzato le disposizioni dell’accordo aziendale, omettendo la motivazione relativa all’applicazione dell’accordo in luogo del d. lgs. n. 165/2001.
Evidenzia che ai sensi dell’art. 1 punto 3 dell’Accordo, l’impiego del dipendente all’interno del RAGIONE_SOCIALE socio sanitario di appartenenza, ferma restando la sua sede di assegnazione, non rientra nelle fattispecie della mobilità e del trasferimento.
Richiama la giurisprudenza di merito e amministrativa, secondo cui lo spostamento del dipendente pubblico da un ufficio ad un altro, senza apprezzabili problemi di distanze e mezzi, non costituisce trasferimento ai sensi dell’art. 2103 cod. civ., e secondo cui il trasferimento di un dipendente da un servizio ad altro all’interno dello stesso ufficio rientra negli ordinari poteri organizzatori della Pubblica Amministrazione.
Sostiene che non occorre la motivazione del trasferimento d’ufficio di un pubblico dipendente qualora il trasferimento venga disposto a distanza inferiore a 50 chilometri; richiama l’art. 30 del d. lgs. n. 165/2001, secondo cui i dipendenti possono essere trasferiti nell’ambito della stessa amministrazione.
I motivi, da trattarsi congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili sotto diversi profili.
Nel caso di specie la motivazione non può ritenersi omessa né apparente, avendo la Corte territoriale ritenuto applicabile l’accordo aziendale del 8.2.2010 sulla mobilità e sui trasferimenti
in quanto era stato siglato dall’RAGIONE_SOCIALE appellante, che si era vincolata a ; ha inoltre evidenziato che il sudde tto accordo, la mobilità concerne l’utilizzazione, sia temporanea che definitiva, del personale assunto a tempo indeterminato in una sede ubicata a più di dieci chilometri da quella della sede di servizio, mentre il trasferimento riguarda l’utilizzazione d el personale al di fuori del caso di cui al comma 1, riferito alla mobilità.
Considerato che la località di Saint Pierre dista meno di 9 chilometri da RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto che nel caso di specie si è trattato di un trasferimento ed ha rilevato che non era stato rispettato l’art. 7, comma 8, del medesimo accordo, secondo cui in caso di trasferimento d’ufficio per una copertura di posto vacante si provvede alla copertura dando priorità al personale con contratto di RAGIONE_SOCIALE atipico, poi al dipendente con minore anzianità di servizio nella qualifica (anzianità calcolata dalla data di assunzione a tempo indeterminato presso il SSN) e in caso di parità di servizio al dipendente più giovane.
La Corte territoriale ha dunque esplicitato sia le ragioni per le quali ha ritenuto applicabile l’accordo aziendale dell’8.2.2010, sia le ragioni per le quali ha ritenuto che tale accordo è stato violato, e le relative statuizioni non sono state censurate.
Ciò premesso, deve rammentarsi che l’interpretazione di ogni atto di autonomia negoziale è riservata all’esclusiva competenza del giudice di merito (Cass. n. 17067/2007; Cass. n. 11756/2006), con un’operazione che si sostanzia in un accertamento di fatto (Cass. n. 9070/2013; Cass. n. 12360/2014), con tutti i limiti che ne derivano quanto all’estensione del sindacato di legittimità su ogni quaestio facti (Cass. n. 8069/2023; Cass. n. 17347/2021; Cass. n. 27991/2021; Cass. n. 551/2022; Cass. n. 13709/2022; Cass. n. 14024/2022 e Cass. n. 30513/2022).
Si è infatti precisato che nel giudizio di cassazione le valutazioni del giudice di merito in ordine all’interpretazione degli atti negoziali soggiacciono ad un sindacato limitato, secondo un risalente insegnamento, alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo della sussistenza di una motivazione che non incorra in vizi radicali sindacabili innanzi a questa Corte (v. tra le tante Cass. n. 8069/2023 cit. e Cass. n. 10745/2022).
Nel caso di specie la ricorrente non ha censurato la violazione dei canoni interpretativi, ma ha proposto una diversa lettura dell’accordo dell’8 febbraio 2010, sollecitando così un giudizio di merito precluso in questa sede.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater , del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi ed in € 4.000,00 per competenze professionali, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 18 aprile 2024.