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Trasferimento dirigente scolastico: quando è legittimo?

Un’ordinanza del Tribunale del Lavoro analizza il caso di una preside che ha impugnato il suo trasferimento. Il giudice ha respinto il ricorso, stabilendo che il trasferimento del dirigente scolastico era legittimo in quanto motivato dalla necessità di ripristinare un clima lavorativo sereno e garantire il buon andamento della scuola, un interesse pubblico prevalente sulla posizione individuale.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Trasferimento Dirigente Scolastico: quando il clima d’istituto giustifica la decisione

Il trasferimento di un dirigente scolastico è una questione delicata che bilancia le aspirazioni professionali del singolo con l’esigenza di garantire il buon funzionamento delle istituzioni scolastiche. Un’ordinanza del Tribunale di Trieste, Sezione Lavoro, offre un’analisi approfondita su quando la mancata conferma di un incarico e il conseguente trasferimento possano essere considerati legittimi, anche in deroga alle normative standard sulla mobilità, se motivati da un clima organizzativo compromesso. Questo caso mette in luce il primato dell’interesse pubblico al benessere della comunità scolastica.

I Fatti del Caso: la mancata conferma di una preside

Una dirigente scolastica, prossima alla pensione, impugnava il provvedimento con cui l’Amministrazione, al termine del suo incarico triennale, non solo non la confermava presso l’istituto che dirigeva, ma la destinava a un’altra sede. La ricorrente sosteneva che tale decisione violasse diverse norme, tra cui quelle sulla rotazione degli incarichi, che prevedono specifiche condizioni temporali e limiti legati all’età pensionabile. Lamentava inoltre la totale assenza di motivazione a supporto del trasferimento e le difficoltà logistiche e personali, legate anche a condizioni di salute, che la nuova sede le avrebbe comportato.

La Difesa dell’Amministrazione e le ragioni del trasferimento del dirigente scolastico

L’Amministrazione scolastica si è difesa sostenendo che la decisione di non confermare la dirigente era tutt’altro che arbitraria. Era, al contrario, il risultato di un’approfondita attività ispettiva che aveva fatto emergere un “clima organizzativo gravemente compromesso” all’interno dell’istituto. Le testimonianze raccolte da docenti, personale ATA, studenti e genitori dipingevano un quadro di forti criticità relazionali, gestione autoritaria, scarsa trasparenza e un elevato turnover del personale, con conseguenti ricadute negative sull’efficienza del servizio scolastico e sulla continuità didattica.

L’Amministrazione ha quindi invocato una specifica clausola normativa che le consente di derogare ai limiti temporali sulla mobilità in presenza di “esigenze di servizio e di buon andamento dell’Amministrazione”, ritenendo che il ripristino di un ambiente di lavoro sereno e funzionale costituisse un interesse pubblico prevalente.

Le Motivazioni della Decisione

Il Giudice del Lavoro ha rigettato il ricorso, revocando la tutela cautelare inizialmente concessa alla dirigente. Il Tribunale ha ritenuto che la decisione dell’Amministrazione fosse legittima e sufficientemente motivata, sebbene la motivazione fosse contenuta nei verbali ispettivi e non comunicata esplicitamente nel primo atto.

Il cuore della motivazione risiede nel bilanciamento degli interessi in gioco. Da un lato, l’interesse della dirigente alla conferma dell’incarico; dall’altro, l’interesse pubblico a tutelare il buon andamento dell’istituto scolastico. Il giudice ha stabilito che le numerose e convergenti testimonianze su un clima lavorativo disfunzionale e lesivo del benessere della comunità scolastica costituivano una solida base per l’esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione.

Il trasferimento, in questo contesto, non è stato qualificato come una sanzione disciplinare mascherata, ma come un atto di gestione organizzativa finalizzato a risolvere una situazione pregiudizievole per l’intera scuola. Inoltre, il giudice ha chiarito che il dirigente non possiede un diritto soggettivo assoluto alla conferma in una specifica sede, ma un interesse legittimo di diritto privato. La violazione di tale interesse, se provata, può dare diritto a un risarcimento del danno, ma non a ottenere coattivamente l’assegnazione dell’incarico desiderato.

Le Conclusioni

L’ordinanza del Tribunale di Trieste ribadisce un principio fondamentale nel diritto del lavoro pubblico: il potere gestionale dell’amministrazione, se esercitato nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, può portare a decisioni come il trasferimento di un dirigente scolastico per tutelare un interesse collettivo superiore. La presenza di un ambiente di lavoro tossico, provata da elementi concreti, è una valida ragione per intervenire, anche a costo di sacrificare la posizione individuale del dirigente. La decisione sottolinea che la tutela del benessere di studenti e personale e l’efficienza del servizio pubblico sono obiettivi primari che l’ordinamento è tenuto a proteggere.

È legittimo il trasferimento di un dirigente scolastico se l’amministrazione non rispetta le regole sulla rotazione degli incarichi?
Sì, può essere legittimo. L’ordinanza chiarisce che l’amministrazione può derogare alle regole standard sulla rotazione se sussistono ‘esigenze di servizio e di buon andamento’, come un clima organizzativo gravemente compromesso che pregiudica l’efficienza del servizio scolastico.

La mancanza di una motivazione esplicita immediata rende nullo il provvedimento di trasferimento del dirigente scolastico?
No. Inizialmente il giudice aveva concesso una tutela cautelare proprio per l’assenza di motivazione. Tuttavia, nel corso del giudizio, l’amministrazione ha prodotto i verbali della commissione che dimostravano come la decisione fosse fondata su un’ispezione approfondita e su prove concrete di un clima lavorativo problematico. La motivazione, sebbene non comunicata subito, esisteva ed era fondata.

Un dirigente trasferito per motivi organizzativi può chiedere al giudice di essere reintegrato nel precedente incarico?
No. Secondo l’ordinanza, il dirigente non ha un diritto soggettivo pieno all’attribuzione di un incarico specifico, ma un ‘interesse legittimo di diritto privato’. Se tale interesse viene leso ingiustamente, il dirigente può chiedere il risarcimento dei danni, ma non può pretendere dal giudice un intervento che lo reintegri forzatamente nella posizione non confermata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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