Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3284 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 3284 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 17779-2020 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO presso lo studio legale RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 09/01/2024
CC
RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 715/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/02/2020 R.G.N. 2886/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/01/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, confermando -seppur con diversa motivazione – la pronuncia del Tribunale di Civitavecchia, respingeva le domande proposte da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per l’accertamento della illegittimità del licenziamento collettivo intimato il 31.3.2014 da RAGIONE_SOCIALE (gestore del punto ristoro ‘RAGIONE_SOCIALE‘, sito all’interno dell’aeroporto di Fiumicino) e del diritto al passaggio diretto alle dipendenze della società RAGIONE_SOCIALE (assegnataria, in subconcessione, del suddetto punto ristoro da parte di RAGIONE_SOCIALE nel gennaio 2014), nonché per l’accertamento della nullità dell’Accordo 6.2.2014 intervenuto presso la Regione Lazio e dell’applicazione del CCNL Assaeroporti 8.7.2010.
La Corte distrettuale, con ampia ed approfondita motivazione, ricostruiti i fatti concernenti il subentro di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nella gestione del punto ristoro nonché tutte le fasi della trattativa intrattenuta con le organizzazioni sindacali e
con la Regione Lazio nell’ambito della procedura ex lege n. 223 del 1991 nonché premessa l’applicabilità del rito c.d. Fornero a tutte le domande avanzate dai lavoratori (nei confronti sia di RAGIONE_SOCIALE sia di RAGIONE_SOCIALE), ha accertato l’insussistenza di un diritto al passaggio diretto dei lavoratori alle dipendenze della società subentrata nell’appalto posto che: 1) il bando di gara di RAGIONE_SOCIALE non prevedeva alcun obbligo in tal senso a carico della società aggiudicataria; 2) nessun elemento era stato dedotto e provato -ex art. 2112 c.c. – in merito ad un passaggio di beni strumentali e/o di personale dal loro datore di lavoro (RAGIONE_SOCIALE alla nuova sub-concessionaria (RAGIONE_SOCIALE), essendo stata, anzi, provata una evidente discontinuità tra l’attività svolta dall a RAGIONE_SOCIALE (vendita di pizza al trancio e di alimenti e bevande da asporto) e quella successivamente affidata alla RAGIONE_SOCIALE (esercizio di ‘RAGIONE_SOCIALE‘, vendita di prodotti di qualità con forte caratterizzazione nazionale e/o regionale) né risultando la sussistenza di un gruppo di lavoratori organizzato con modalità operative rimaste invariate presso la nuova sub-concessionaria tale da costituire un fattore preponderante rispetto ai beni offerti e agli strumenti necessari a garantire il servizio al pubblico; 3) il CCNL Turismo applicato da RAGIONE_SOCIALE (deduzione non contestata dai lavoratori) non riconosce, in occasione dei cambi di gestione, il diritto dei dipendenti addetti all’appalto al passaggio diretto presso la gestione subentrante (art. 332), pur prevedendo -in caso di mutamenti nell’organizzazione e nelle modalità del servizio, nelle tecnologie produttive e nelle clausole contenute nei capitolati di appalto -la possibilità di assunzioni ex novo anche a diverse condizioni contrattuali (art. 336), possibilità, del tutto conforme al CCNL, che la RAGIONE_SOCIALE aveva offerto ai lavoratori con l’ipotesi di accordo 19.2.2014 (bocciata
dall’assemblea dei lavoratori ma accettata, singolarmente, da tutti i dipendenti addetti al punto ristoro in oggetto, con esclusione dei tre lavoratori in causa); 4) pur non essendo tenuta, la RAGIONE_SOCIALE, ad applicare il CCNL Assaeroporti, in ogni caso, ai lavoratori COGNOME e COGNOME si applicava (in base al contratto di assunzione presso la RAGIONE_SOCIALE) la ‘RAGIONE_SOCIALE Gestori’ di detto CCNL (e non la ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ reclamata dai lavoratori stessi) e, comunque, nulla era stato dedotto con riguardo alla ‘qu ota di traffico o di attività acquisita dal soggetto subentrante’ a cui la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (che rinviava al Protocollo d’Intesa del 16.4.1999 adottato ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 18 del 1999) ricollegava il trasferimento di parte (e non di tutto) il personale in occasione di un cambio di gestione; 5) l’operazione era regolata dal diritto privato, non potendosi legittimamente invocare (come anche rilevato dal Consiglio di Stato, sentenza n. 2639 del 2015 emessa in controversia instaurata da altra società concorrente) l’applicazione del codice degli appalti. La Corte territoriale concludeva, pertanto, che l’accordo stipulato presso la Regione Lazio il 6.2.2014 a conclusione della procedura ex lege n. 223 del 1991 (ove, in sintesi, si prevedeva la messa in c.i.g. sino al 31.3.2014, l’obbligo della società aggiudicataria di assunzione a tempo indeterminato, il licenziamento dei lavoratori che non accettavano il nuovo contratto di lavoro) era valido ed efficace, alla luce della disciplina di fonte normativa e negoziale, né era stato provato un comportamento fraudolento delle società (le quali, anzi, avevano cercato di individuare possibili soluzioni per eliminare o almeno ridurre l’impatto negativo della crisi conseguita al cambio di gestione del punto di ristoro) o la sussistenza di vizi formali (quali la
mancata erogazione del trattamento di c.i.g.) del suddetto accordo.
Avverso la detta sentenza i lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Le società RAGIONE_SOCIALE (successore a titolo particolare della RAGIONE_SOCIALE) e RAGIONE_SOCIALE resistono con distinti controricorsi. Tutte le parti hanno depositato memoria.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 cod.civ., della direttiva comunitaria 2001/23/Ce anche con riferimento alla violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale ripetutamente affermato dalle sentenze della Corte di giustizia UE, nonché violazione dell’art. 2697 c.c., per avere, la Corte distrettuale, trascurato il diritto riconosciuto dall’art. 2112 c.c. e dalla direttiva europea – alla conservazione del posto di lavoro alle medesime caratteristiche, dovendosi intendere per trasferimento di azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato; in applicazione di tali principi, nella fattispecie in esame, adottando le norme di comune esperienza di cui all’art. 115 c.p.c., non vi è dubbio che vi sia stato un mutamento nella titolarità di un’azienda che è rimasta identica
nella sua essenzialità, come risulta dalla narrativa dei fatti, non contestati dalle due società, non avendo considerato, la sentenza impugnata, tutti quei fattori e quelle circostanze che dimostravano l’identità dell’azienda trasferita.
Con il secondo motivo, ex art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ., i ricorrenti denunciano l’ omesso esame di un fatto decisivo concernente la discontinuità tra l’attività svolta dalla RAGIONE_SOCIALE e quella successivamente affidata alla RAGIONE_SOCIALE, profilo contestato energicamente e tempestivamente dai lavoratori i quali hanno prodotto in giudizio gli scontrini di cassa dai quali risultava che nell’anno 2016 l’offerta al pubblico da parte di RAGIONE_SOCIALE era esclusivamente di prodotti di caffetteria, cioè di prodotti identici a quelli precedentemente offerti da RAGIONE_SOCIALE); inoltre, è desumibile dalla comune esperienza e, dunque, costituente prova ai sensi dell’art. 115 c.p.c., che un’offerta di ‘wine bar’ (ossia una degustazione e una vendita di prodotti alimentari e vitivinicoli particolari di rilevanza nazionale e regionale) è impossibile in un luogo ove transitano solamente passeggeri in partenza, che notoriamente hanno ‘poco tempo’.
Con il terzo motivo i ricorrenti deducono, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., inapplicabilità della contrattazione collettiva e assoggettamento alla disciplina generale di cui all’art. 2112 c.c. e alla normativa comunitaria, essendo irrilevante che la RAGIONE_SOCIALE non abbia accettato il contraddittorio sulle clausole sociali del CCNL RAGIONE_SOCIALE, discendendo, il diritto al passaggio diretto, dall’applicazione della normativa nazionale e comunitaria.
Con il quarto motivo i ricorrenti deducono, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., assorbimento della questione relativa alla pretesa liceità del licenziamento
collettivo sostenuta dalla sentenza impugnata dal momento che, dall’accoglimento del primo e secondo motivo , discende la illegittimità del licenziamento intimato dalla RAGIONE_SOCIALE (il motivo si compendia nella sola rubrica).
I motivi, che possono essere trattati congiuntamente vista la stretta connessione, sono inammissibili.
Pur dovendo -preliminarmente – rilevare che la sentenza impugnata ha verificato la legittimità del licenziamento collettivo della RAGIONE_SOCIALE e, corrispondentemente, la correttezza del subentro della società RAGIONE_SOCIALE a seguito di specifiche domande dei lavoratori che richiamavano, oltre che la disciplina di fonte legale (legge n. 223 del 1991, art. 2112 c.c.), anche quella di fonte negoziale (sia il CCNL Turismo sia il CCNL Assaeroporti), va sottolineato che tutte le censure del ricorso si traducono in critiche ed obiezioni avverso la valutazione (ampia ed approfondita) delle risultanze istruttorie quale operata dal giudice del merito nell’esercizio del potere di libero e prudente apprezzamento delle prove a lui demandato dall’art. 116 cod. proc. civ. e si risolvono altresì nella prospettazione del risultato interpretativo degli elementi probatori acquisiti, ritenuto dagli stessi ricorrenti corretto ed aderente alle suddette risultanze, con involgimento, così, di un sindacato nel merito della causa non consentito in sede di ‘legittimità (cfr. ex plurimis , Cass. n.22283 del 2014, Cass. n. 21424 del 2015).
Invero, le censure formulate come violazione o falsa applicazione di legge o come omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio mirano, in realtà, alla rivalutazione dei fatti e del compendio probatorio operata dal giudice di merito non consentita in sede di legittimità, in quanto il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un
terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 27686 del 2018; Cass., Sez. U, n. 7931 del 2013; Cass. n. 14233 del 2015; Cass. n. 26860 del 2014).
8. In conformità con la disciplina dettata a livello nazionale (art. 2112 c.c.) e comunitario (direttiva CE 2001/23/CE), nonché con la consolidata interpretazione fornita sia da questa Corte sia dalla Corte di giustizia UE (cfr. Cass. n. 11247 del 2016; Cass. n. 19034 del 2017; Cass. n. 28593 del 2018; con riguardo alla giurisprudenza comunitaria, cfr. sentenze Corte di Giustizia, 20 gennaio 2011, C-463/09; 6 marzo 2014, C458/12; 13 giugno 2019, C-664-17), la Corte territoriale ha verificato se vi sia stata una entità economica organizzata in maniera stabile la quale, in occasione del trasferimento, abbia conservato la sua identità al fine di perseguire uno specifico obiettivo e abbia consentito l’esercizio di una attività economica finalizzata al perseguimento di detto obbiettivo e, all’esito di una valutazione complessiva di una pluralità di elementi (tra loro in rapporto di interdipendenza in relazione al tipo di impresa, consistenti nell’eventuale trasferimento di elementi materiali o immateriali e del loro valore, nell’avvenuta riassunzione in fatto della maggior parte del personale da parte della nuova impresa, dell’eventuale trasferimento della clientela, nonché del grado di analogia tra le attività esercitate
prima o dopo la cessione), ha ritenuto di escludere il fenomeno della successione di azienda, in ciò differenziandosi dalla cessione del contratto ex art. 1406 cod. civ. che attiene alla vicenda circolatoria del solo contratto, comportando la sola sostituzione di uno dei soggetti contraenti e necessitando, per la sua efficacia, del consenso del lavoratore ceduto.
Da ultimo, va richiamata Cass. n. 8922 del 2019 che ha precisato come, in caso di successione di un imprenditore ad un altro in un appalto di servizi, non esiste un diritto dei lavoratori licenziati dall’appaltatore cessato al trasferimento automatico a ll’impresa subentrante, ma occorre accertare in concreto che vi sia stato un trasferimento di azienda, ai sensi dell’art. 2112 cod.civ., mediante il passaggio di beni di non trascurabile entità, nella loro funzione unitaria e strumentale all’attività di impresa, o almeno del ‘know how’ o di altri caratteri idonei a conferire autonomia operativa ad un gruppo di dipendenti, altrimenti costandovi il disposto dell’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 276 del 2003, non in contrasto, sul punto, con la giurisprudenza euro unitaria che consente, ma non impone, di estendere l’ambito di protezione dei lavoratori di cui alla direttiva n. 2001/23/CE ad ipotesi ulteriori rispetto a quella del trasferimento di azienda (cfr. altresì Cass. n. 7364 del 2021).
I motivi di ricorso, pertanto, non lamentano che la sentenza impugnata abbia errato nella ricognizione degli elementi legali identificativi del trasferimento del ramo d’azienda (errando nell’ascrizione di significato alla disposizione normativa astratta) né denunciano un errore di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., sub specie di errore di sussunzione commesso dai giudici del merito (v. in proposito Cass. SS.UU. n. 5 del 2001 e, più di recente,
Cass. n. 13747 del 2018), né denunciano l’omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ. nel testo successivo alla modifica di cui all’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83 (convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134) che presuppone un “fatto storico” (inteso nella sua accezione storico-fenomenica, principale, ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato, o secondario, cioè dedotto in funzione probatoria) trascurato dalla Corte territoriale che se valutato avrebbe determinato un diverso esito della lite, bensì, detti motivi, involgono apprezzamenti di merito in ordine alla sussistenza di una identità del ramo di azienda nella fattispecie concreta, valutazioni in quanto tali sottratte al sindacato di questa Corte. 11. La dedotta violazione dell’art. 115 c.p.c. non è ravvisabile nella mera circostanza che il giudice di merito abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, ma soltanto nel caso in cui il giudice abbia giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (Cass., Sez. U, n. 11892/2016, Cass. Sez.U. n. 20867 del 2020);
12. La violazione dell’art. 2697 c.c. è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018, Cass. n. 18092 del 2020),
mentre nella specie i ricorrenti lamentano la errata valutazione di mezzi istruttori.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013), se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite del presente giudizio di legittimità che liquida, a favore di ciascuna società controricorrente, in euro 200,00 per esborsi e in euro 6.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, de ll’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nell’Adunanza camerale del 9 gennaio 2024.